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Come Dio ha ripescato Martine mentre stava per suicidarsi 

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Martine L.

Raphaëlle Coquebert - pubblicato il 22/02/22

Un’infanzia da rottamare, un’adolescenza caotica, un matrimonio infragilito dall’incapacità di avere figli: a 42 anni Martine L. ha sofferto abbastanza da decidere di mettere un punto alla vita. È stato allora che Cristo le si è dato a conoscere e l’ha portata per un cammino di perdono.

Nata un anno dopo mio fratello, sono stata immediatamente respinta da mia madre, che aveva problemi con le bambine. Mi ha fatto subire numerose sevizie, fisiche e verbali. Mi ripeteva che ero una m***a da spurgare in una fogna. Avevo finito per crederci, e questo mi aveva portata a un fallimento dietro l’altro. 

È senza collera che Martine L., poliziotta in pensione, racconta la sua dolorosa infanzia tra un padre camionista sempre assente e una madre malevola che l’alcool faceva deviare sempre più verso la violenza. 

A 16 anni la giovane era costretta a fare le pulizie fino a dieci ore al giorno per portare sussidî alla madre. All’alba della maggiore età, però, una disputa più terribile di quelle a cui era abituata la portò alla ribellione. Per rappresaglia, si trovò defenestrata e, una volta per strada, scivolò nell’alcool, nella droga, nella promiscuità sessuale. 

Eppure – prosegue – nel più profondo di me avevo il desiderio di venirne fuori. Benché Dio fosse allora totalmente assente dalla mia vita, credo oggi che il mio battesimo, ricevuto quando avevo due anni per pura tradizione, mi avesse conferito una forza interiore. 

Lo Stato le aveva affittato un alloggio, e Martine alternava lavoretti e studio per corrispondenza. Così riuscì, a 24 anni, a entrare nella Polizia. Le si offrì una vita più stabile, che la incoraggiò a credere che la felicità fosse possibile: incontrò un gendarme, i due si sposarono e lei cercò di seppellire nel profondo il suo triste passato. 

Salvata in extremis 

Con la prospettiva della maternità, però, le sue ferite si risvegliarono: come diventare madre quando si è state brutalmente respinte dalla propria? Quattro aborti dopo (due procurati e due spontanei), Martine divorziò e si ritrovò un’altra volta per strada, stavolta a 42 anni. 

La mia vita era una litania di sofferenze, ero spezzata da dentò… Ho pensato che solo la morte avrebbe potuto darmi il riposo dell’anima. 

Il giorno in cui decise di passare all’atto, aveva però dimenticato a casa l’arma di servizio. Questione di giorni, pensò lei, che restava ben determinata a farla finita. 

Quale forza misteriosa portò quella che all’epoca era atea al 100% ad aprire la porta di una chiesa? Si ritrovò nel bel mezzo di una messa, e una Presenza benevola venne a contrastare il suo progetto: 

Le parole del prete mi hanno colpita dritta al cuore, mi sono sciolta in lacrime… 

Toccata dalla sua tristezza, una parrocchiana le si avvicinò per proporle il suo aiuto. 

Cominciò allora per la quarantenne un lungo percorso di riconciliazione con sé stessa: confessione, catecumenato biennale, confermazione, altri due anni di cammino in seno a una Fraternità camilliana in sinergia con la Commuanuté des Béatitudes. E per guarire in profondità anche una sessione di “agapeterapia”

Ho rivisitato la mia storia sotto lo sguardo del Signore, in un clima di benevolenza totale. Sono stata sconvolta fin nel profondo delle viscere, ma commossa dal potere della preghiera fraterna. Fino al giorno in cui la mia accompagnatrice mi ha esortata a perdonare mia madre… Ero pacificata praticamente con tutti i capitoli della mia vita… a parte quello: traboccavo di odio per la donna che mi aveva causato tanto male. 

Un perdono venuto dall’Alto 

Stritolata dalla collera, Martine invocò il Cielo a testimone: 

In risposta ho sentito una voce dirmi nel mio foro interno: «Ti voglio in piedi! Scegli il cammino della vita, perdona tua madre. Se rifiuti questo perdono, avrai scelto i sentieri mortiferi che hanno riempito la tua vita fin dall’infanzia». 

Colpita, sono entrata in cappella e ho supplicato il Signore di mettere nel mio cuore quel perdono che mi sentivo totalmente incapace di pronunciare. Istantaneamente, mi è stata accordata quella grazia, e al contempo un torrente di pace si riversava in tutto il mio essere. 

A seguito di questo episodio decisivo, Martine ha scritto una lettera alla madre, morta due decenni prima, e si è recata sulla sua tomba per deporvela: 

Il perdono a colei che era stata la mia aguzzina è stato per me l’inizio di una nuova vita. E quando la sofferenza di non aver potuto fondare una famiglia si fa lancinante rimetto questa croce tra le mani di Cristo. Egli mi aiuta a portarla, perché ormai Egli è tutto per me. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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