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Hussein, profugo siriano di 10 anni, legge in mezzo alla spazzatura

Rodrigues-Mghames-Hussein-Instagram

© Rodigues Mghames via Instagram

Annalisa Teggi - pubblicato il 16/02/22

Scattata da un architetto libanese colpito da ciò che aveva davanti agli occhi, la foto è diventata virale e ha innescato la solidarietà: al giovane ragazzo saranno interamente pagate le spese di istruzione.

Una foto diventata virale ha permesso a un ragazzino di 10 anni di sperare in un futuro migliore. Hussein, profugo siriano che vive in Libano insieme alla sua famiglia, è stato immortalato mentre leggeva un libro seduto su un cassonetto della spazzatura. Lo scatto è stato premiato a Xposure, il festival internazionale di fotografia degli Emirati Arabi Uniti, ma soprattutto è stato annunciato durante la premiazione che verrà pagato a Hussein l’intero ciclo di istruzione, grazie anche all’organizzazione umanitaria The BigHeart Foundation.

Hussein, a leggere su un cassonetto

Se l’è trovato davanti. Nessun set e nessun filtro per ottenere lo scatto perfetto, solo l’imprevedibile realtà. Rodrigues Mghames è stato premiato per una foto che ha fatto presto il giro del mondo, ma di mestiere è architetto. Durante una giornata qualunque il libanese Mghames ha visto davanti ai suoi occhi una scena potente e ha fatto quello che facciamo tutti: ha preso il cellulare e scattato.

Quella che si è fissata è un’immagine che, come si suol dire, vale più di mille parole. Un giovane ragazzino tutto concentrato a leggere, sul bordo di un grande cassonetto d’immondizia.

Hussein, che è scappato con la sua famiglia dalla Siria al Libano, ha dovuto lasciare la scuola e raccoglie spazzatura, rottami e plastica dall’immondizia per aiutare la sua famiglia. Trovando un libro tra i rifiuti, il ragazzo si è immerso nella lettura come per scappare dalla dura realtà che lo circonda.

Questa foto potente, catturata nell’attimo cruciale dall’architetto Rodrigues Mghames, ha cambiato per sempre la vita del ragazzo. Una volta condivisa sui social, è diventata virale in poche ore ed è stata oggetto di discussione durante il festival Arabo e internazionale dedicato alla fotografia, perché racconta la sete di conoscenza che esiste a dispetto delle circostanze.

Da Khaleej Times
https://www.instagram.com/p/CZ1zp-PJvDe/

Esposti

Ci sono due versi bellissimi del poeta irlandese Patrick Kavanagh:

Stare a guardare è abbastanza
quando è questione di amore.

Un tempo una delle parole della fotografia era esposizione: la pellicola si esponeva alla luce e ne rimaneva impressionata. Oggi non siamo più impressionati (poco ci si imprime dentro) dai mille scatti che facciamo. La fotografia è diventata la nostra ennesima appendice autocelebrativa quotidiana da postare.

Quello che è accaduto a Rodrigues Mghames è invece l’incontro che la fotografia riesce a generare quando c’è esposizione, quando guardare è atto d’amore, anche inconsapevole. Amore a cosa poi? A uno sguardo che si vorrebbe innanzitutto su di sé.

Il giovane Hussein era esposto allo sguardo di chi passava e un occhio si è fermato a fissarlo. Concentrato sulla lettura in un posto malmesso e puzzolente, aveva qualcosa da dire. Lo cantano De André e Rihanna, il cantautore e l’idolo pop, è l’ipotesi che dal letame nascono i fiori, e che abbiamo trovato l’amore in posti disperati. L’idea che in mezzo allo scarto c’è da salvare qualcosa è trasversale nei ranghi e nelle sensibilità, direi innata nel nostro DNA umano.

Non so se Rodrigues Mghames abbia pensato la stessa cosa, ma prima ancora che una foto di testimonianza e di attualità storica, il suo scatto è potente perché desta la coscienza di ciascuno. E non solo sul serissimo e drammatico problema dei profughi.

Hussein vive su di sé il dramma di essere considerato alla stregua di uno scarto, in fuga da un paese e ai margini nel paese che lo ospita. Ma il suo sguardo attento e catturato dalla lettura di chissà quale testo buttato tra i rifiuti è proprio la risposta che frantuma la disperazione degli scarti. Dio ha su ogni essere vivente lo sguardo concentrato e innamorato che Hussein ha per il libro che tiene in mano. Se un occhio si è fermato a fissare questa scena è, essenzialmente anche se senza piena consapevolezza, perché è figlio somigliante di suo Padre. (Proprio nelle giornate piene di inciampi e di tentativi che riduco a rifiuto, sento acuto il bisogno di avere su di me l’occhio innamorato di Dio, interessato a leggere ogni istante la mia storia).

Leggere per non fuggire dalla realtà

Il prestigioso concorso Xposure sponsorizzerà l’educazione del ragazzo rifugiato che è apparso nella fotografia “Reading Child”. In collaborazione con The Big Heart Foundation, l’istruzione di Hussein sarà sponsorizzata fino al completamento.

Da Avvenire

Siamo felici che Hussein possa completare gli studi, grazie a questa imprevista occasione. Vorrei chiedergli: ma cosa stavi leggendo? Non va escluso, ma è poco probabile che quel cassonetto contenesse un libro coinvolgente e adatto a un bambino di 10 anni. Chissà che specie di lettura lo ha coinvolto al punto di sembrare sereno e a suo agio in mezzo ai rifiuti.

Ammetto che come madre ho subito pensato al lato moralistico della cosa. Cioè: sventolare la foto davanti ai miei figli e fare loro la classica sfuriata “Se prendessi un libro in mano anziché stare incollato al cellulare!”. Non è affatto questo il punto. E non lo è neppure l’altro possibile pensiero: leggere ti aiuta a evadere dalla realtà.

BOY, REFUGEE, GARBAGE

Certo, qualsiasi cosa scritta e disegnata sul quel libro raccattato nel cassonetto avrà offerto a Hussein una distrazione benedetta dalla sua quotidianità così poco facile. Ma se l’immagine che lo ritrae parla di sete di conoscenza – come si legge nella motivazione con cui è stata premiata la foto – parla anche dell’opposto di una fuga dalla realtà. Parlando di Charles Dickens, e di tutti i grandi scrittori, Chesterton disse:

C’è un grande uomo che fa sentire ogni uomo piccolo. Ma il vero grande uomo è colui che fa sentire tutti grandi.

Quello che ci cattura in un buon libro non sono tanto gli spunti di evasione, ma quelli di immedesimazione. Se la storia di Hussein può essere raccontata nelle aule delle nostre scuole – e ne varrebbe la pena – non è per sponsorizzare l’idea che la lettura ci faccia volar via sulle ali della fantasia. Talvolta lo fa, e va benissimo. Ma c’è una scommessa è più interessante: ogni uomo (o bambino) è una storia che merita di essere raccontata, perché c’è. E anche perché custodisce un destino eterno che supera le contraddizioni terrene, le violenze e le miserie.

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