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La cosa peggiore? quando non riesci più nemmeno a chiedere aiuto

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By fran_kie | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 10/02/22

Nel Vangelo di oggi Gesù pronuncia “Effatà” cioè “Apriti” su tutte le nostre chiusure e isolamenti

Vangelo dell’11 febbraio 2022

Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

(Marco 7,31-37)

Uno dei sintomi del male della nostra vita è proprio l’isolamento. Soprattutto l’isolamento dalla realtà e dagli altri. Ci si rinchiude dentro la nostra testa, i nostri ragionamenti, le nostre autopsie celebrali e si confonde la realtà con ciò che invece è solo dentro la nostra testa. 

La cosa peggiore, poi, è quando non riusciamo nemmeno più a chiedere aiuto, a farci aiutare per venir fuori da questo isolamento. Il Vangelo di oggi parla esattamente di questo.

La storia di questo sordomuto non è semplicemente la guarigione fisica di un uomo, ma bensì il segno racchiuso proprio in esso. Gesù riapre i sensi. Riapre, cioè, le vie di comunicazione con la realtà. Ci fa tornare con i piedi per terra. Ridà valore alle cose che esistono e non alle nostre elucubrazioni mentali che sono la prima benzina delle nostre depressioni. 

Oggi Gesù pronuncia “Effata” cioè “Apriti” su tutte le nostre chiusure e isolamenti. E lo fa con una fisicità estrema:

E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!».

Dita, saliva, lingua, toccare, sono cose di una concretezza estrema. È il contatto concreto della vita l’occasione che molto spesso il Signore ci dà per guarire. Non i ragionamenti ma il lasciarsi “toccare” concretamente nelle cose,è lì che troviamo anche guarigione.

Non basta riordinare le idee a volte abbiamo bisogno dell’incontro/scontro con la concretezza della realtà.

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