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Drusilla Foer e la voce della donna che ci manca

DRUSILLA FOER

Drusilla Foer | youtube

Annalisa Teggi - pubblicato il 04/02/22

Se Drusilla fosse stata l'atto di coraggio di Gianluca Gori di mandare all'aria certe maschere appiccicate male sul volto di Sanremo, l'avrei applaudita forte.

Come spetta alle dive, oggi i titoloni dei giornali sono applausi per lei: Drusilla Foer.

Drusilla Foer è stata invitata a presentare la terza serata del Festival di Sanremo perché è un personaggio che rende merito al talento attoriale di Gianluca Gori (l’uomo dietro la maschera della signora)? Chiaramente no, in gioco ci sono ammiccamenti ben più prosaici e tristi, obliterazioni di biglietti andata-e-ritorno per stare sul treno di un pensiero pseudo-culturale fluido, aperto, inclusivo.

Drusilla Foer è l’ennesimo spot alla sessualità che non deve più essere inscatolata nei generi femminile e maschile? A modesto parere di chi scrive no.

Sanremo e la confusione di genere che c’è

Pare perfino scontato dire che quello che va in scena sul palco di Sanremo paga pegno al pensiero dominante, e perciò – come ha fatto notare il direttore dell’Osservatore romano – è tutt’altro che trasgressivo. Anzi Sanremo è un alunno diligente che fa bene i compiti.

Sangiovanni si veste di rosa e ha lo smalto. Perché è ora di piantarla con lo stereotipo maschile del macho. Francesca Michielin rifiuta i fiori e li dà al violinista maschio. Lo stesso fa la cantante Hu. Guai a ridurre la donna a oggetto di atti di gentilezza.

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La versione dei fatti di Mahmood è la sintesi perfetta di come si tenta di istigare a leggere la realtà. Il cantante è autore della canzone che porta sul palco con Blanco, Brividi e anche autore del testo della canzone di Noemi, Ti amo non lo so dire. La combinazione degli elementi mi ha portato a un’impressione che resta tale, impressione. Non dico che sia voluto, calcolato, ecco. Ma lo dico. Mahmood porta sul palco un duetto di uomini che si cantano l’un l’altro un amore – bellissimo, acchiappone, perfetto – da brividi. E scrive per Noemi una canzone in cui la voce femminile canta con un’allegria robusta il fatto che non sa dire ti amo. Gli uomini si amano profondamente tra loro, le donne si guadagnano la medaglia di saper vivere senza amore.

Anche qui niente di nuovo, non è forse il ritornello che permea testi e sottotesti di infiniti prodotti mediatici? E per non farci mancare nulla, sentivamo il bisogno che fosse specificato che la bellissima canzone d’amore di Elisa può essere pensata anche come gesto di gratitudine per un animale domestico.

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Drusilla Foer: devo fare la valletta?

Quel che andava detto sulle donne, lo ha detto un uomo. Gianluca Gori vestendo i panni dell’elegante Drusilla Foer è stato un po’ come il bambino nella favola del re nudo. Alla fine, sul palco, le attrici chiamate a stare al fianco di Amadeus devono fare le vallette. Hanno un ruolo di presenza marginale, e questo è un bel pachiderma fluo nella cornice di uno spettacolo che si sforza così tanto di mandare messaggi positivi sulla diversità, sulla parità di genere, un contro-moralismo di umanesimo contemporaneo molto slavato.

Lo ha notato Maria Corbi, su Repubblica a proposito di Lorena Cesarini. La giovane attrice che ha affiancato Amadeus nella seconda serata è stata chiamata a mandare un messaggio contro il razzismo. Il suo monologo sul colore della pelle e i pregiudizi è stato il compitino copiato bene da un libro scritto almeno due secoli fa. Personalmente mi ha fatto tenerezza vederla esposta con la sua timidezza a vestire un ruolo che doveva esserci. E quel suo continuare a ringraziare di essere stata scelta, mi ha ferita. E non poteva sfuggire ad altre orecchie femminili.

“Tu mi hai scelta e mi commuovo”, Lorena Cesarini, giovane attrice, con poche parole spiega il problema femminile italiano, messo in scena da Amadeus sul palco di Sanremo. Visibilità e potere si raggiungono solo se un uomo ti coopta, decide che devi esserci, solitamente perché gli fai comodo.

Maria Corbi su Repubblica

Entrando in scena sul palco dell’Ariston, Drusilla Foer ha nominato quasi subito la parola impresentabile: valletta. Il copione prevedeva che lei si presentasse pensando di fare la cantante, e invece la doccia fredda …

Devo fare la valletta?

Non meno di questa rottura ci si aspetta dall’ironia vera, che pronunci la verità ad alta voce. Se Drusilla fosse stata l’atto di coraggio di Gianluca Gori di mandare all’aria certe maschere appiccicate male sul volto di Sanremo, l’avrei applaudita forte.

Unicità, più che un monologo un inchino a voce bassa

Le polemiche sulla presenza di Drusilla Foer all’Ariston fanno parte del pacchetto. Si sapeva che ci sarebbe stato il coro dei “perché ci deve essere un travestito al posto di una donna?”. Era già pronta la risposta: “Drusilla Foer è un personaggio femminile interpretato da un attore uomo di nome Gianluca Gori che ha una carriera artistica che va oltre questa interpretazione”.

Tutto questo gioco di specchi confonde le acque torbide in cui bazzichiamo. Quando il benamato Robin Williams vestì i panni di Mrs Doubtfire nessuno fiutò aria di ideologia Lgbtq+, lo stesso dicasi per la Tootsie di Dustin Hoffman e per i comici che nel corso degli anni hanno interpretato ruoli femminili. Tutti abbiamo riso piacevolmente con la signora Coriandoli. Ma oggigiorno l’aria si è fatta pesante nella stanza. Il passo cadenzato della marcia arcobaleno è un assedio opprimente che getta un velo oscuro di confusione su ogni voce, fatto, ipotesi.

Gianluca Gori, l’attore che interpreta Drusilla Foer

Drusilla Foer nelle sue esibizioni pubbliche non ha fatto mancare i suoi inchini al mondo Lgbtq+. Mi chiedo se Gianluca Gori avrebbe potuto essere così libero di poter fare diversamente. Forse sì. Coraggiosamente sì. Perché un attore può interpretare un ruolo femminile senza che questo implichi un messaggio di fluidità o confusione sessuale, anzi. E molti tra gli sketch comici di Drusilla Foer sono proprio questo: un’incursione nel femminile che ogni donna applaude. Scommetto che ha messo un vestito verde con gli orecchini smeraldo, vero Ornella? Che banalità. Questa è una delle mie battute preferite di Drusilla nei suoi esilaranti scambi al telefono con la trasandata e plebea Ornella.

Sul palco di Sanremo avrei desiderato questa Drusilla, capace di dare voce a quelle parentesi femminili che non si possono più applaudire, ma in cui tutte ci riconosciamo. La civetteria elegante, la cattiveria acida verso le amiche, la vanità, i sorrisi finti, le battute sagaci. Cose apparentemente superficiali, che però toccano certi nervi scoperti della donna.

Ma ci sono tasse da pagare, evidentemente. E persino quella donna libera che è Drusilla Foer non è stata libera e anziché farci ridere con il sarcasmo fantastico che rovescia addosso alla povera Ornella, ci ha rifilato un monologo sull’unicità. Parola bellissima, ottima anche per smarcarsi dall’abusato concetto di diversità. Come dire, faccio l’occhiolino senza che mi si veda troppo. Questa volta non è l’eleganza della nobildonna, ma ignavia molto popolare.

Sono una persona molto fortunata a essere qui, ma date un senso alla mia presenza su questo palco e tentiamo insieme l’atto più rivoluzionario che c’è, l’ascolto di se stessi, delle nostre unicità, per essere certi che le nostre convinzioni non siano solo delle convenzioni, facciamo scorrere i pensieri in libertà, senza pregiudizio, senza vergogna, liberiamoci dalla prigionia dell’immobilità.

Sarebbe stato bello se la maestria di un attore uomo ci avesse fatto ridere interpretando una donna fuori dal politically correct del femminismo imperante. Abbiamo ascoltato un copione già sentito, sempre tratto dal solito tristo libro di testo dell’umanesimo contemporaneo.

La maschera che serve per dire la verità

Della vita privata di Gianluca Gori si sa poco e niente. Della vita del suo personaggio Drusilla Foer si sa tutto. Questo è l’aspetto che potrebbe essere davvero illuminante, insieme al fatto che l’attore Gori interpreti una donna.

Possiamo senz’altro nuotare nel pantano basso del “ma ci fa o ci è?”, possiamo stare a chiederci quali siano le tendenze sessuali di Gianluca Gori e tirarlo per la giacchetta da una parte se è gay o dall’altra se è etero o dall’altra se è pansessuale e così via.

Mi defilo da questo sentiero e spendo due parole sull’esercizio fruttuoso che può essere parlare da un punto di vista lontano da sé. La nostra voce spesso è solo un altoparlante autoreferenziale, una serra in cui facciamo crescere bene le piante che ci stanno a cuore, autocommiserazione, orgoglio, giustificazioni, eccetera. Metterci nella posizione scomoda di esprimerci con una voce aliena – o maschera – è la fatica di cercare qualche verità davvero autentica e scabra su di noi.

Datemi una maschera e vi dirò la verità.

Oscar Wilde

Dovremmo guardarci come un tu alieno per fare piazza pulita di tanta zavorra che ci incatena alle nostre presunzioni – questo intendeva Oscar Wilde. Penso al ventriloquo che trova dentro di sé una voce che fa parlare un personaggio tendenzialmente in disaccordo con chi lo muove. Trovare un alleato in un antipatico, ecco.

Attorno a noi c’è il brulicare di un tentativo opposto: anche gli altri devono avere la mia voce. Sui social, forse, non ci aspettiamo che la nostra voce sia gratificata e amplificata dai like altrui?

Maschera, dunque, non è per forza sinonimo di finzione. Significa fare un passo fuori da sé, mettersi in una situazione scomoda e parlare da lì. In questo senso preferisco Drusilla Foer, un uomo che recita il ruolo di una donna, a Roberto Saviano perennemente impegnato ad applaudire se stesso con la propria solita voce.

Non so cosa accada quando Gianluca Gori si prepara e diventa Drusilla Foer. Non so neppure se questo personaggio stia prevaricando sulla sua persona. So che la mossa da cui tutto parte non è di per sé sbagliata, ma anzi feconda di possibilità.

Se Drusilla Foer è la voce scomoda con cui Gianluca Gori guarda sé e il mondo, le do il benvenuto. La mia impressione è questa, ascoltando certe sue performance. Non abbiamo bisogno di una macchietta che si limiti a soffiare fuoco sulla confusione sessuale. Abbiamo davvero bisogno che maschile e femminile collidano per mostrarsi ciascuno per il fuoco artificiale che è.

E se pensiamo a cosa potrebbe succedere se noi mogli domattina ci svegliassimo nel corpo dei nostri mariti (come accade nella trama di certi film), ci è immediatamente chiaro che metterci nei panni dell’altro-più-altro-che-c’è non è affatto travestitismo, ma ironia allo stato incandescente – quella che ribalta e riassesta la vista su di noi.

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