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Come si cura il piede piatto?

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Ospedale Bambino Gesù - pubblicato il 02/02/22

Il piede piatto in età pediatrica in genere non dà sintomi di rilievo. Intorno ai 6-7 anni il bambino può iniziare ad accusare affaticamento e dolore alle gambe mentre cammina o durante lo svolgimento dell’attività sportiva.

di Francesco Costici

Il piede piatto

Il piede piatto “idiopatico” (vale a dire da cause ancora sconosciute) è un piede caratterizzato da un abbassamento della volta plantare nella parte interna.

Nella prima infanzia, il cosiddetto “piattismo” è ritenuto una condizione normale, sia per la presenza di abbondante tessuto adiposo (cioè il tessuto grasso) nella pianta del piede, sia per l’aumentata mobilità delle articolazioni tipica del bambino piccolo (la cosiddetta “lassità legamentosa”) .

Con la crescita, il piede si modifica grazie al riassorbimento del tessuto adiposo, al rinforzo della muscolatura della pianta del piede e alla riduzione della lassità legamentosa.

In genere è dopo i quattro anni che il piede inizia a mostrare la volta plantare.

Come si manifesta?

Il piede piatto in età pediatrica in genere non dà sintomi di rilievo. Il bambino con piede piatto cammina prevalentemente in pronazione (cioè sul bordo interno del piede). Intorno ai 6-7 anni il bambino può iniziare ad accusare affaticamento e dolore alle gambe mentre cammina o durante lo svolgimento dell’attività sportiva.

Come si fa la diagnosi?

La diagnosi di piede piatto si basa sull’osservazione clinica e sulla podoscopia. Il podoscopio è uno strumento che permette di inquadrare molto bene la forma del piede sotto carico (cioè con il bambino in piedi), mostrando l’impronta della pianta attraverso uno specchio illuminato.

Può essere eseguita anche una radiografia sotto carico, che permette di valutare eventuali alterazioni della struttura del piede.

Come si cura?

Il piede piatto dopo i quattro anni viene trattato in maniera conservativa. Il trattamento conservativo comprende la chinesiterapia (cioè ginnastica rieducativa) e l’uso di ortesi (ovvero i plantari), anche se questi metodi sono comunque oggetto di opinioni contrastanti da parte della comunità scientifica. Può comunque essere utile fornire un supporto al piede attraverso un plantare, e cercare di rinforzarne la muscolatura che fa arcuare normalmente il piede attraverso esercizi specifici, come camminare sulle punte e fare attività sportiva.

L’intervento chirurgico è indicato soltanto nei cosiddetti piedi piatti flessibili non naturali (con dolore o aggravamento progressivo) e nei piedi piatti rigidi sintomatici.

La chirurgia si esegue solo nei casi in cui non si abbia una evoluzione favorevole entro gli 8-14 anni e quando persiste una pronazione patologica (curvatura del piede all’interno). Questi casi selezionati, a prognosi sfavorevole, costituiscono non più del 5% di tutti i quadri clinici di piattismo osservabili in età evolutiva.

L’intervento

L’intervento chirurgico del piede piatto idiopatico in età evolutiva è l’artrorisi (limitazione parziale del movimento articolare) della sotto-astragalica, cioè dello spazio compreso tra astragalo e calcagno, due ossa del piede. Viene praticata tra gli 8 e i 14 anni di età.

Si tratta di un intervento mininvasivo, e si esegue applicando nello spazio compreso tra astragalo e calcagno delle viti correttive, che possono essere di materiale metallico (titanio o acciaio) oppure di materiale riassorbibile (acido poli-L-lattico).

Le viti non riassorbibili in genere si rimuovono a fine crescita, quelle riassorbibili hanno il vantaggio di non dover essere rimosse ma comportano un maggior rischio di recidiva della deformità.

I tempi di recupero

I tempi di recupero dopo l’intervento sono rapidi: non si applicano apparecchi gessati, nella prima settimana dopo l’operazione il bambino non può poggiare il peso sul piede e inizia ad eseguire esercizi attivi di mobilizzazione del piede, dopo una settimana dall’intervento può di nuovo poggiare il piede con l’ausilio di bastoni canadesi (stampelle), che verranno abbandonati dopo circa due settimane.

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