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Oster sul Rapporto Monaco: «Ratzinger non ha mentito, ecco le prove»

PAPIEŻ BENEDYKT XVI

Ki Price / eyevine/EAST NEWS

Breviarium - pubblicato il 31/01/22

Proponiamo una traduzione del testo prodotto dal salesiano fatto vescovo della diocesi natale di Joseph Ratzinger. Un giudizio critico e giusto.

Lui c’era, e la cosa era già pubblicamente nota

È per me molto interessante seguire come il dibattito seguito alla presentazione dell’indagine sull’operato pastorale dell’arcidiocesi di München-Freising si concentri sul Papa Emerito Benedetto XVI. Quando, nel 2014, sono diventato Vescovo di Passau, sono diventato contemporaneamente pure “Vescovo di casa di Benedetto”: è nato fra noi, e con Altötting si attesta nella nostra diocesi il luogo a cui egli ha sempre fatto riferimento come al suo “focolare spirituale”. A Marktl c’è la sua casa natale, dove molte persone particolarmente e in prima persona impegnate conservano il suo ricordo.

E adesso arriva questa storia, che i media hanno tanto ingigantito parlando della presunta menzogna di un uomo 94enne. Sono andato a ricontrollare nella sterminata biografia di Peter Seewald “Benedikt XVI – Ein Leben”, del 2020, e sono rimasto sorpreso: a pagina 938 (cf. immagine di copertina((Chiaramente mons. Oster parla dell’edizione tedesca, ovvero dell’originale [N.d.T.].)).) le precise e accurate ricerche dell’autore avevano già rivelato che l’arcivescovo Joseph Ratzinger era presente alla seduta decisiva del 1980, quando si trattava di stabilire se l’abusatore H. potesse trasferirsi dalla diocesi di Essen a quella di München. E l’Arcivescovo acconsentí acché H. potesse sottoporsi a una terapia a München. Le ricerche di Seewald avevano già rivelato la presenza e il contributo di Ratzinger. Ciò significa però che il coinvolgimento di Benedetto in questa vicenda fatale è stato documentato pubblicamente già da molto tempo, ossia da prima che il Dr. Ulrich Wastl presentasse all’opinione pubblica questa partecipazione come una novità. Allo stesso modo era noto che in questa seduta non si trattava dell’immissione di H. nella cura d’anime, bensí soltanto del suo soggiorno a München per la terapia.

A proposito degli errori nel sistema

Nelle 82 pagine di Memoria autografa allegate alla Perizia WSW, che portano la sottoscrizione di Benedetto e che hanno piú il carattere di un’apologia giuridica che il livello linguistico e di spirito/Spirito abituale in un testo ratzingeriano, leggiamo invece che proprio alla suddetta seduta egli non era presente. Un errore fatale, col quale la Cancelleria WSW ha potuto chiudere Benedetto nell’angolo di una circostanza per tutti decisiva riguardo alla sua pretesa non-veridicità.

La correzione che, a breve giro di posta, Benedetto ha emanato a tal riguardo, col riferimento a una “dimenticanza” nel corso della «lavorazione redazionale», rende chiaro che il 94enne Papa Emerito si è affidato a collaboratori che su un punto decisivo hanno commesso un errore capitale. Dal mio punto di vista, l’intenzione evidente di questa impostazione era quella di far apparire – con tutti i possibili mezzi giuridici e contro ogni possibile accusa – il Papa Emerito (e il suo ufficio) il piú irreprensibile possibile. Purtroppo però un simile tentativo oggi può funzionare poco o nulla – specialmente dopo le nostre acquisizioni in materia di abusi: troppi erano e anche tutti noi siamo parte di un sistema – e ai suoi tempi anche l’arcivescovo Ratzinger lo era.

In questo sistema per molto tempo non c’è stato quasi alcun interesse, di fatto, per il destino concreto delle persone interessate dagli abusi, né quasi alcuna conoscenza delle loro storie. Ciò vale fra l’altro non solo per gli Ordinariati locali a guida episcopale, ma anche per le comunità religiosa (e io stesso vengo da una di quelle), che sono organizzate in strutture molto diverse da quelle delle diocesi.

Le omissioni e la volontà di fare chiarezza

Gli altri tre casi riguardo ai quali la perizia WSW ha ritenuto Joseph Ratzinger colpevole di un’azione scorretta mostrano infatti, secondo la mia valutazione, un atteggiamento una volta abituale, con questi casi e con le persone coinvolte, laddove “abituale” non significa che oggi lo si possa ritenere buono. Il cardinal Marx ha detto, nella sua dichiarazione pubblica dopo la pubblicazione del Rapporto WSW, di non poter riconoscere che Benedetto volesse insabbiare. Neanche io ci riesco. Ovviamente però [il Ratzinger del 1980, N.d.R.] non è ancora attento alle conseguenze che certe mancanze ebbero per le vittime. Per questo attendo con impazienza che Benedetto torni nuovamente sul Rapporto WSW, perché Joseph Ratzinger ha visto con largo anticipo che tutti noi avevamo e abbiamo un enorme bisogno di imparare circa le persone coinvolte nella nostra Chiesa. Anzi, è stato uno dei primi ad aver riconosciuto tutto ciò a Roma – e da Cardinale apicale in Curia ha aiutato molti a vederlo meglio – tramite misure concrete ed efficaci, nonché tramite molti incontri e dialoghi con le persone coinvolte e tramite una severa condanna dei colpevoli (si ricordi la lettera pastorale alla Chiesa in Irlanda, del 2010, che qui linkiamo). E tutto questo contro non flebili opposizioni in Vaticano. Una volta di queste ho notato che Benedetto ha parlato piú spesso di “sopravvissuti” che di “vittime” o di “persone coinvolte” – perché egli sapeva quanto un abuso possa risultare letteralmente devastante e annichilente nella vita di un essere umano.

Lo scandalo e l’impressione personale

Ora, lo scandalo montato sulla presunta “menzogna” è stato mediaticamente fatto precipitare addosso al 94enne per gettare discredito su tutto l’operato della sua vita. A tal proposito vorrei dire questo: sono molto grato di aver potuto incontrare personalmente Benedetto, in questi ultimi anni, da quando sono vescovo, dopo che per tanti anni avevo letto – sempre con grandi gioia e profitto – i suoi scritti teologici e spirituali. È un uomo magnanimo e dalla fede fanciullesca. Un uomo di grandi profondità e chiarezza spirituali, ricco di humour e di capacità di vero ascolto. Per questo lo amo molto e lo venero come essere umano, come teologo e come uomo di Chiesa. A questo punto vorrei chiedere: se voi e io vogliamo intimamente bene a una persona e vediamo che è accaduto un errore circa il quale quella persona ha una responsabilità (a che punto essa si spinga resta da vedere, lo dicevamo sopra), lo esporremmo perciò alla gogna, come sta facendo gran parte dell’opinione pubblica dentro e fuori dalla Chiesa, arrivando perfino alla (a mio parere oltraggiosa) richiesta di rinunciare alle cittadinanze onorarie? Quali motivi sorreggono un simile accanimento contro un uomo arrivato a questo punto della sua vicenda terrena? Non sarà che Benedetto dà fastidio? Se sí, perché? Non sarà che si vuole investire la Chiesa intera investendo uno dei suoi piú eminenti protagonisti? Non sarà che all’interno della Chiesa si vuole screditare con Benedetto una certa immagine di Chiesa, una sua concezione, perché si vuole una Chiesa completamente diversa da quella che egli rappresenta? E si rende davvero giustizia alla persona, all’uomo, pronunciando contro la sua vita un giudizio morale cosí frettoloso nella scia di un’opinione pubblica aizzata e di una visione morale dominante? Oppure è solo l’ennesimo esempio dell’inarrestabile sceneggiata di indignazioni mediatiche a puntate, buono per oggi e domani… e poi dopodomani ce ne sarà un altro?

Ad ogni modo io vorrei dire, per quanto mi riguarda, che vedo l’errore (o gli errori), vedo il vegliardo e vedo la sua condotta (anche nella lotta intraecclesiale agli abusi sessuali), e in tutto questo la mia valutazione personale, oggettivamente fondata, permane immutata. Personalmente gli voglio bene anche in questa temperie: gli incontri con lui mi sono carissimi anche ora e col senno di poi. Ai miei occhi egli è ancora, anche per la Chiesa di Passau, uno dei suoi piú grandi figli – e tale resterà.

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A pagina 938 di “Benedikt XVI. Ein Leben”, pubblicato nel 2020, si vede che già Peter Seewald aveva messo nero su bianco, a partire dai documenti dell’arcidiocesi, quello che lo studio legale WSW ha recentemente pubblicato.

Il testo è stato pubblicato ieri, 30 gennaio 2022, sul sito personale dell’arcivescovo salesiano

[traduzione dal tedesco a cura di Giovanni Marcotullio]

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