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L’incredibile scambio di cellule tra mamma e feto alla base dell’istinto materno

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Natalia Deriabina|Shutterstock

BenEssere - pubblicato il 28/01/22

Più gli studi procedono, più a fondo si comprende la meraviglia del rapporto che si crea da subito tra madre e concepito. Una sorta di donazione e scambio di cellule che trasforma la mamma per anni e incide anche sulle successive gravidanze.

Mi ha molto affascinato l’articolo sull’udito del bambino che già in utero può sentire la voce di chi lo porta in grembo e impara a riconoscerla! Bellissimo pensare che “lingua materna” indichi anche questo ascolto invisibile. E che l’affetto per la voce della madre nasca e cresca già prima della nascita! Ci sono altri aspetti che indicano un rapporto prima impensato tra il bambino e la mamma?

Grazie di cuore per i suoi bellissimi approfondimenti

Lucia S. (Vicenza)

Della Professoressa Alessandra Grazziottin, direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia medica San Raffaele Resnati (www.alessandragraziottin.it)

Grazie a lei, gentile signora! In effetti gli approfondimenti sul mondo ancora misterioso della vita del bimbo in utero hanno destato molto interesse!
Grazie a metodi di indagine raffi nati e non invasivi, si stanno scoprendo realtà
affascinanti.

Mi fa quindi piacere condividere gli studi in corso nel mondo sul dialogo tra il bambino e la mamma, che sto approfondendo con il dottor Mario Valerio Tartagni.

Le ragioni del corpo

Fino a pochi anni fa si pensava che l’utero fosse un’incubatrice (quasi) perfetta, sterile e isolata. Si riteneva che placenta e cordone ombelicale servissero per portare al piccino tutte le sostanze nutritive che gli servivano per crescere e per eliminare i rifiuti.

Per la verità negli anni ’70-’80 si erano viste alcune cellule fetali, globuli rossi, nel sangue della mamma, ma si era ritenuto fossero eventi limitati, il cui significato non era chiaro.
Oggi sappiamo che interi plotoni di cellule staminali embrionali entrano nel sangue materno già dalla 4a-5a settimana di gravidanza (contando dal primo giorno dell’ultima mestruazione), quando a volte la donna non sa nemmeno di essere incinta e pensa a un semplice “ritardo” mestruale.
Alla 11a-12a settimana, queste cellule possono essere individuate nel sangue della mamma. Con un semplice prelievo di sangue alla donna è allora possibile la diagnosi prenatale su cellule embrionali.

Le Papcs

Questo è noto. La novità è che esistono cellule, le cosiddette “cellule progenitrici associate alla gravidanza” (Pregnancy associated progenitor cells, Papcs) che dal feto migrano in tutto il corpo della mamma.

E vanno a insediarsi nel suo cervello, nel cuore, fegato, reni, polmoni e perfino il midollo spinale.

Di fatto, giorno dopo giorno, in efficace silenzio, ne colonizzano tutti i principali organi.

Dal piccolo alla mamma?

La migrazione di cellule fetali dagli embrioni alle mamme, è presente in tutti i mammiferi. Quando un fenomeno è molto conservato nella scala evolutiva, significa che svolge funzioni essenziali alla sopravvivenza, in questo caso dei piccoli. Ecco le funzioni finora scoperte:

Azioni biologiche

Le Papcs migliorano la tolleranza immunitaria della mamma verso il piccino. Il feto ha il
Dna, ossia il codice genetico, per il 50 per cento materno e per il 50 per cento paterno (il papà ha la metà delle azioni genetiche del concepimento).

Anche le Papcs hanno ovviamente questo patrimonio di geni.

La prima funzione di queste cellule è aumentare la capacità della donna di tollerare il piccolo senza attaccarlo, come invece succede in alcune gravidanze patologiche.

Di fatto, la maggiore tolleranza immunologica serve per accogliere meglio il bimbo, per il 50 per cento estraneo all’assetto genetico della mamma (di fatto il feto è un vero “allotrapianto”, un trapianto geneticamente diverso).

Per questo si è ritenuto che la prima funzione delle Papcs sia proprio quella di migliorare il delicato equilibrio immunitario che la gravidanza richiede. Ora sono stati scoperti nuovi significati della migrazione delle Papcs, davvero rivoluzionari.

Azioni affettive

Le Papcs inducono la mamma ad amare di più il piccolo. In effetti, la tolleranza immunitaria è necessaria alla vita durante la gravidanza, ma non è sufficiente.

Dopo la nascita, le mamme devono prendersi cura dei piccoli di mammiferi, allattarli, riconoscere i pericoli, proteggerli dai predatori, affinché sopravvivano.

Il viaggio più interessante è proprio quello delle Papcs che migrano nel cervello della mamma: proprio nel lobo limbico, il dipartimento degli affetti e dell’amore.

Lì vanno ad attivare nella gestante un più forte sentimento di attaccamento ai piccoli, che sarà utile e farli sopravvivere dopo la nascita.

Lì le Papcs si differenziano in cellule nervose e stabiliscono nuove connessioni con i neuroni della mamma, soprattutto in due regioni chiamate amigdala e ippocampo, che sono il cuore pulsante della memoria e della regolazione delle emozioni.

Lo studio con Risonanza magnetica del cervello di donne alla prima gravidanza ha mostrato una grandissima attività di ristrutturazione, proprio nell’amigdala e dell’ippocampo.

C’è perdita di sostanza grigia e aumento della sostanza bianca. Vengono cioè distrutti neuroni in eccesso, ridondanti (“apoptosi”, morte cellulare programmata): una perdita finalizzata a ottimizzare la funzione delle rimanenti cellule nervose che vengono connesse in modo più efficace e utile.

Proprio nelle aree che sottendono la capacità di una persona di intendere le emozioni e i pensieri degli altri: la base biologica dell’empatia.

Capacità che è alla base del sentimento empatico per eccellenza: l’amore protettivo della mamma verso il bambino.
Meraviglioso, vero?

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