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La coppia e il falso mito degli opposti che si attraggono

COPPIA

Jacob Lund|Shutterstock

Paola Belletti - pubblicato il 26/01/22

E' più vero che ci si cerca nella affinità, che non spinti da diversità estreme. Le coppie si fondano di più su una iniziale somiglianza, persino estetica, che non sul fascino della distanza esotica.

Poli opposti che si attraggono e due metà della stessa mela che si trovano?

Stiamo parlando di coppie e di quale forza tesa tra i due soggetti che le compongono sia il segreto della loro riuscita, durata e felicità.

Il comune sentire, tradotto da queste due forme proverbiali, oscilla tra l’immagine di una intensa polarità, che spiega il precipitarsi dell’uno verso l’altra, e la rassicurante, a volte clandestina somiglianza nella quale ci si riconosce e ci si accasa volentieri.

Siamo più simili o più diversi?

Cosa sostiene davvero le coppie? ed è giusta l’ipotesi di partenza secondo cui dovrebbe esserci una scelta cruciale compiuta all’origine che segnerebbe il destino di tutta la relazione? Certo che sì, nel senso che senza quella decisione, quel prendersi iniziale non ci sarebbe nessuna storia successiva: ma è l’innesco dell’incendio che decide della durata di questo fuoco?

Troppe domande, torniamo a quella centrale: opposti che si attraggono o simili che si riconoscono?

Se partiamo dalla comune esperienza possiamo trovare argomenti e aneddoti a sostegno sia dell’una sia dell’altra chiave di lettura.

Simili

La scienza ci viene in soccorso: esiste uno studio condotto da Pi Pin Tea-makron e Michal Kosinski, della Università di Stanford uscito sulla rivista multidisciplinare Scientific Report, secondo cui proprio la somiglianza tra due persone è fattore di attrazione.

E non sono solo affinità elettive o (barbosa ma assai necessaria) comunanza di valori: trattasi di vera e propria somiglianza estetica. Addirittura genetica.

L’indagine è stata condotta usando le immagini dei visi di 517 coppie, scattate all’inizio del matrimonio e da 20 a 69 anni dopo. Le foto sono state analizzate con un algoritmo facciale e pure da un campione di oltre 150 volontari, chiamati a tentare di associare le figure dei coniugi.

Il Messaggero

Non ci si rende somiglianti con la vita comune, le abitudini che si allineano, l’imitazione della mimica, l’accordo sugli stessi toni vocali, l’esposizione alle stesse fonti di inquinamento ambientale. Ci si sceglie simili in partenza; vediamo cosa è emerso dallo studio:

L’obiettivo iniziale era verificare la «convergenza nell’aspetto fisico degli sposi», riscontrata nel 1987 da Robert Zajonc dell’Università del Michigan e spiegata come un’acquisizione nel tempo, frutto di condivisione di momenti, situazioni, emozioni, abitudini. Riprendendo le modalità di ricerca di Zajonc, che aveva confrontato foto di dodici coppie appena sposate e poi delle stesse dopo venticinque anni per vedere gli eventuali mutamenti, il team di Stanford ha deciso di fare comparazioni in un campione decisamente più ampio di partner.

E a sorpresa, gli esiti degli anni Ottanta non sono stati confermati. Anzi. Stando al nuovo studio, «mentre i volti dei coniugi erano simili all’inizio del matrimonio, non convergevano nel tempo». Le somiglianze facciali, dunque, non si manifestano negli anni, ma, probabilmente, sono alla base dell’attrazione tra due soggetti. Non esito della relazione perciò, ma suo motore. Non mutamento dovuto al rapporto prolungato, ma quasi un istinto.

Il Messaggero

Opposti

Eppure non si contano i romanzi, i manuali, le gag comiche, i TikTok, i video su Facebook che mettono in scena la danza degli opposti.

Lui è calmo e rilassato, lei ansiosa e sempre proiettata verso il futuro, foriero di possibili catastrofi.

Lei va a correre e fa degli squat anche mentre stira, lui riduce al minimo il movimento corporeo trovando la posa migliore per impugnare il telecomando e cambiare canale, se ne ha voglia.

Lui adora cucinare, lei brucia anche un uovo sodo. Lei è maniaca dell’ordine e lui inciampa nelle sue stesse scarpe lasciate in agguato in soggiorno. Lei si dimentica le chiavi, la borsa, i documenti; lui ha delle liste per ogni occasione, stile “Furio” di Carlo Verdone.

Vero, verissimo per carità, ognuno di noi ha di questi esempi un repertorio personale e familiare sufficiente a farne una saga con relativa trasposizione cinematografica.

E dunque come se ne esce? Anche per questa riflessione che potrebbe restare amena e leggera ci può venire in soccorso la rivelazione.

Alla fine, per essere originali, il segreto è sempre quello di tornare all’origine. E all’origine Dio

Maschio e femmina ci creò

Nei racconti della Genesi siamo presentati così alla creazione, anzi a noi stessi poiché solo la creatura umana è consapevole di sé e del creato. Ci scopriamo, meraviglia a noi stessi, dotati di sensi, intelligenza, libertà. E soli. Solo nell’altro, simile a noi, ci ritroviamo. E in lui, in lei riconosciamo la stessa solitudine originale che come un cordone ombelicale ci nutre direttamente di Dio. Solo in Lui, sia la donna che l’uomo, consistono e si riconoscono. Solo in Lui hanno il modello. Ma solo guardandosi in volto l’un l’altra si possono incamminare per il ritorno, ora che la natura decaduta é in via di guarigione a causa della faccenda della redenzione.

“Gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”

Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò… Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa” (Gen 2, 21-23). Eva esce da Adamo, ma lui dorme. È Dio che crea la donna. La solitudine dell’uomo non può trovare una risposta adeguata in qualcosa che egli crea a partire da sé. Solo Colui che li crea maschio e femmina (cfr. Gen 1,27) può colmare la solitudine originaria. La donna pertanto è realmente un aiuto adeguato perché è la creatura più alta di tutto quanto già esista

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