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Francesco alle famiglie: Dio dà sempre luce per affrontare un dolore nel rapporto con i figli

POPE AUDIENCE

Antoine Mekary | ALETEIA

Vatican News - pubblicato il 26/01/22

All'udienza generale il Papa sviluppa la sua catechesi attorno alla costanza di San Giuseppe nell’ascoltare Dio e invita i genitori fare altrettanto in modo particolare quando insorgono problematiche con la propria prole: "Il Signore non permette mai un problema senza darci anche l’aiuto necessario per affrontarlo”

I quattro sogni di Giuseppe rivelano che Dio parla nell’interiorità di ogni uomo, che la preghiera offre sempre delle soluzioni al credente. Lo evidenzia il Papa che, all’udienza generale, richiamando l’esempio del padre putativo di Gesù, ricorda i tanti genitori di oggi di fronte alle difficoltà e ai problemi dei loro figli, esortandoli a chiedere aiuto proprio a colui che affidandosi a Dio, seppe superare varie avversità. Nella sua nona catechesi dedicata alla figura di San Giuseppe, presentato questa volta come uomo che “sogna”, Francesco spiega che se nella Bibbia e nelle culture antiche “i sogni erano considerati un mezzo attraverso cui Dio si rivelava”, c’è da considerare pure che “il sogno simboleggia la vita spirituale di ciascuno di noi, quello spazio interiore – prosegue il Papa – che ognuno è chiamato a coltivare e a custodire, dove Dio si manifesta”. Tuttavia, avverte Francesco, dentro di noi ci sono “le voci delle nostre paure, delle esperienze passate, delle speranze” e “la voce del maligno che vuole ingannarci e confonderci”. E fra tutte queste voci è importante riuscire a riconoscere quella di Dio. Lo ha fatto Giuseppe, fa notare il Papa, che ha saputo coltivare il silenzio necessario per ascoltare Dio e “prendere le giuste decisioni davanti alla Parola” che il Signore gli rivolgeva interiormente.

Nelle situazioni difficili la preghiera illumina

Francesco passa in esame le diverse situazioni che Giuseppe dovette affrontare. Anzitutto quando seppe della gravidanza di Maria. Fu un sogno a svelargli che il nascituro era stato generato dallo Spirito Santo, sicché non ripudiò la sua promessa sposa.

“Molte volte la vita ci mette davanti a situazioni che non comprendiamo e sembrano senza soluzione. Pregare, in quei momenti. Questo significa lasciare che il Signore ci indichi la cosa giusta da fare. Infatti, molto spesso è la preghiera che fa nascere in noi l’intuizione della via d’uscita, come risolvere quella situazione. Cari fratelli e sorelle, il Signore non permette mai un problema senza darci anche l’aiuto necessario per affrontarlo”.

Di fronte ai pericoli la preghiera può far nascere coraggio

Quando poi, appena nato Gesù, in sogno fu avvisato di fuggire in Egitto perché Erode voleva far uccidere il bambino, Giuseppe obbedì senza esitazione, racconta il Papa, evidenziando la prontezza dell’uomo che ancora una volta si lasciò guidare dalla voce di Dio.

Nella vita tutti noi facciamo esperienza di pericoli che minacciano la nostra esistenza o quella di chi amiamo. In queste situazioni, pregare vuol dire ascoltare la voce che può far nascere in noi lo stesso coraggio di Giuseppe, per affrontare le difficoltà senza soccombere.

La preghiera una guida nella paura

Infine Francesco narra che Giuseppe attese da Dio un segno per lasciare l’Egitto e tornare in patria, e lo ebbe sempre nel sonno. Gli fu indicato di potersi rimettere in cammino ma ebbe paura di rientrare nella Giudea, dove regnava il figlio di Erode; così un nuovo sogno lo condusse in Galilea, dove con Maria e Gesù si stabilì a Nazaret. Il Pontefice prende spunto da quanto vissuto da Giuseppe per far notare che pure “la paura fa parte della vita e anch’essa ha bisogno della nostra preghiera”, ma avverte:

“Dio non ci promette che non avremo mai paura, ma che, con il suo aiuto, essa non sarà il criterio delle nostre decisioni. Giuseppe prova la paura, ma Dio lo guida anche attraverso di essa. La potenza della preghiera fa entrare la luce nelle situazioni di buio”.

Il coraggio dei genitori che affrontano malattie e problemi dei figli

Il pensiero del Papa va quindi alle tante persone “schiacciate dal peso della vita”, che “non riescono più né a sperare né a pregare”, da qui l’invocazione a San Giuseppe perché possano “aprirsi al dialogo con Dio, per ritrovare luce, forza e aiuto”. E non dimentica, il Pontefice, quei genitori che affrontano le malattie dei figli e quelli che “vedono orientamenti sessuali diversi nei figli”, da accompagnare e non condannare.

“Genitori che vedono i figli che se ne vanno per una malattia e anche – è più triste, lo leggiamo tutti i giorni sui giornali – ragazzi che fanno delle ragazzate e finiscono in incidente con la macchina. I genitori che vedono i figli che non vanno avanti nella scuola e non sanno come … Tanti problemi dei genitori. Pensiamoci: come aiutarli. E a questi genitori dico: non spaventatevi. Sì, c’è dolore. Tanto. Ma pensate al Signore, pensate come ha risolto i problemi Giuseppe e chiedete a Giuseppe che vi aiuti. Mai condannare un figlio”.

E richiama alla memoria, Francesco, quando a Buenos Aires, passando in autobus davanti al carcere, osservava quanti erano in coda per incontrare i loro parenti carcerati.

“E c’erano le mamme, lì. E mi faceva tanta tenerezza questa mamma davanti al problema si un figlio che ha sbagliato, è carcerato, non lo lascia solo, dà la faccia e lo accompagna. Questo coraggio; coraggio di papà e di mamma che accompagnano i figli sempre, sempre. Chiediamo che il Signore a tutti i papà e alle mamme dia questo coraggio come lo ha dato a Giuseppe”.

Unire preghiera e amore per il prossimo

Nel terminare la sua catechesi Francesco offre, poi, un ulteriore insegnamento sulla preghiera, che mai deve essere “un gesto astratto o intimistico”, come vogliono farla quei movimenti spiritualisti più gnostici che cristiani”. Quella non è preghiera, afferma il Papa; la preghiera, invece è “sempre indissolubilmente legata alla carità”.

“Solo quando uniamo alla preghiera l’amore, l’amore per i figli per il caso che ho detto adesso o l’amore per il prossimo riusciamo a comprendere i messaggi del Signore. Giuseppe pregava, lavorava e amava – tre cose belle per i genitori: pregare, lavorare e amare – e per questo ha ricevuto sempre il necessario per affrontare le prove della vita. Affidiamoci a lui e alla sua intercessione”.

San Giuseppe, tu sei l’uomo che sogna,

insegnaci a recuperare la vita spirituale

come il luogo interiore in cui Dio si manifesta e ci salva.

Togli da noi il pensiero mai che pregare sia inutile;

aiuta ognuno di noi a corrispondere a ciò che il Signore ci indica.

Che i nostri ragionamenti siano irradiati dalla luce dello Spirito,

il nostro cuore incoraggiato dalla Sua forza

e le nostre paure salvate dalla Sua misericordia. Amen”.

Al temine dei saluti nelle varie lingue, Francesco, con parole confidenziali, avverte i fedeli di non potersi spostare tra loro per salutare, come suo solito, per un’infiammazione a un legamento del ginocchio destro, e scherza: “È una cosa passeggera. Dicono che questo solo viene ai vecchi, e non so perché è arrivato a me.”

L’originale su Vatican News

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