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Come vedere che Dio ti sceglie anche se ti senti un disastro?

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Dean Drobot | Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 25/01/22

Le cose smettono di incastrarsi quando non mi sento amato, scelto, inviato da nessuno, quando non ho una missione concreta da realizzare, ma all'improvviso la scelta cambia tutto

La scelta è un dono. Dio sceglie. Gesù sa di essere scelto, chiamato, inviato. Questa consapevolezza Lo fa sentire amato da Dio.

La scelta è sempre espressione d’amore. So di essere chiamato, scelto, voluto, e tutto intorno a me cambia. La vita ha un senso.

Le cose smettono di incastrarsi quando non mi sento amato, scelto, inviato da nessuno, quando non ho una missione concreta da realizzare.

All’improvviso, però, la scelta cambia tutto. Diceva San Giovanni Paolo II:

“L’uomo è chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza terrena, poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio. L’altezza di questa vocazione soprannaturale rivela la grandezza e la preziosità della vita umana anche nella sua fase temporale. La vita nel tempo, infatti, è condizione basilare, momento iniziale e parte integrante dell’intero e unitario processo dell’esistenza umana. Un processo che, inaspettatamente e immeritatamente, viene illuminato dalla promessa e rinnovato dal dono della vita divina, che raggiungerà il suo pieno compimento nell’eternità (cf. 1 Gv 3, 1-2). Nello stesso tempo, proprio questa chiamata soprannaturale sottolinea la relatività della vita terrena dell’uomo e della donna. Essa, in verità, non è realtà «ultima», ma «penultima»; è comunque realtà sacra che ci viene affidata perché la custodiamo con senso di responsabilità e la portiamo a perfezione nell’amore e nel dono di noi stessi a Dio e ai fratelli”.

(Evangelium Vitae, n. 2)

Ora

Assumo la temporaneità dei miei giorni e la ripercussione eterna delle mie azioni. Quello che scelgo finisce per cambiare la realtà in una direzione o nell’altra.

Rendo realtà quello che sogno o getto alle ortiche ciò che desidero. E così si gioca la vita tra un oggi e un domani.

Tra un desiderio che pretende di diventare realtà e una vita limitata nella quale mi muovo.

Ed è così che passano i giorni. Mi sfuggono tra le dita.

Dio ha scelto Gesù, e questo ha molto a che vedere con me

Gesù legge le parole di Isaia e le fa proprie. Dice quella che sembrerebbe un’eresia, che in Lui si compie la profezia:

“’Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore’. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.

Gesù è stato unto dallo Spirito Santo nel Giordano. Lì ha sperimentato l’amore di Dio. Il potere di Dio è su di Lui. È pieno della sua presenza, del suo fuoco.

Mi commuovono queste parole. Gesù unisce la sua vita alla profezia di Isaia. È stato unto, scelto, inviato, chiamato a portare la luce di Dio a molti cuori.

E la missione di Gesù diventa motivo di speranza anche per i miei passi.

Evangelizzare i poveri. Proclamare la libertà ai prigionieri. Restituire la vista ai ciechi. E annunciare l’anno di grazia come un anno di perdono.

Questo modo di guardare le cose mi dà gioia. Gesù è chiamato ad essere luce, libertà e misericordia.

È chiamato a portare la buona novella ai poveri e ai disprezzati, a chi non è amato. È chiamato per essere segno di speranza per chi ha perso ogni speranza.

Dio mi sceglie ora per come sono

Dio mi sceglie nel tempo. Sa che non sono eterno qui sulla Terra e che i miei passi sono pochi, incostanti e fragili. E in loro aspetta che il Suo regno diventi realtà.

Cerca solo che prevalgano la vita, la speranza, la gioia, la luce. Sono scelto da Lui per essere testimone della Sua luce, della Sua libertà, della Sua presenza.

Questa scelta è al di sopra dei miei doni e delle mie capacità. Supera tutti i miei talenti. Per questo mi rallegro nella mia piccolezza, come ricorda padre Josef Kentenich:

“Rallegrarsi nella piccolezza. Sapersi accettati e utilizzati da Dio a causa della propria piccolezza. Nella nostra vita ci sono tre momenti in cui in genere non possiamo rallegrarci. Si tratta in primo luogo di un’infinità di impressioni che non abbiamo elaborato, in secondo luogo del sentimento o della consapevolezza del fatto che siamo soli. L’uomo vorrebbe avere qualcuno a cui appartenere, che lo ami e ne possa aver bisogno. E poi il terzo problema: si tratta della propria debolezza, delle proprie mancanze, dei propri peccati, delle nostre limitazioni”.

J. Kentenich, Lunes por la tarde, Tomo 2: Caminar con Dios a lo largo del día.

Sono scelto da Dio nella mia solitudine, nella mia povertà, nei miei errori, nelle mie emozioni non elaborate.

Dio torna a chiamarmi

Lui torna a chiamarmi, torna a posare lo sguardo su di me, torna a prendermi la mano per camminare al mio fianco, viene a dirmi che vale la pena di vivere con Lui perché la mia vita brilli, i miei occhi si aprano e la mia luce si manifesti.

Pone il Suo sguardo su di me perché io sono il primo ad avere bisogno della Sua luce e della Sua libertà.

Ho bisogno di vedere al di là dei miei passi, di liberarmi da tanti legami e schiavitù. Ho bisogno di riempirmi della Sua vita e della Sua speranza per dare speranza a chi non ce l’ha.

Voglio volare più in alto e arrivare più lontano con la forza dello sguardo che si posa su di me.

Egli mi riempie del Suo spirito e mi invia a dare luce a molti. A liberare gli schiavi. A dare speranza a chi è triste e perduto.

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