Tutti scrivono di Ratzinger arcivescovo di Monaco, in queste ore, e la (rinnovata) passione per l’argomento ricorda quella di certi giuristi romani per le XII tavole: «Tutti vogliono scriverne – sorrideva sornione un vecchio professore di romanistica – proprio perché non ce n’è giunto il testo».
La libido di scrivere del già noto e dell’ancora ignoto
Si parla dunque perlopiù di cose note a tutti (in larga misura proprio grazie a Benedetto XVI) oppure a tutti ignote, e se ci si rivolge esclusivamente a chi ha materiale sotto mano, ci si deve arrendere all’assenza di prove oggettivamente inconfutabili: Ulrich Wastl, Marion Westpfahl e Martin Pusch avevano mandato, da parte dell’attuale arcivescovo di München, il cardinale Reinhard Marx, di indagare su casi di abusi in diocesi tra il 1945 e il 2019. Ne sono risultate mille e più pagine di rapporto, consegnate ufficialmente solo ieri, 20 gennaio 2022. È giunta rapida, nel pomeriggio, la dichiarazione del segretario particolare del Papa Emerito, l’arcivescovo Georg Gänswein:
Questi sono dunque giorni di studio e di riflessione, da parte degli ecclesiastici più direttamente coinvolti per le loro responsabilità, attuali e/o remote, al punto che la Diocesi stessa di München-Freising ha annunciato che commenterà il rapporto in una conferenza stampa il 27 del mese, ossia a una settimana dalla notifica. Fino ad allora imperversa e imperverserà il circo mediatico, che canterà con i più disparati arrangiamenti (e fatte salve poche eccezioni) una sola stessa canzone, ossia la carica a Ratzinger – sono state troppe quelle che lui, da parte sua, ha cantato in controcanto rispetto al belato globale.
Se “la notizia” delle prime pagine è “Ratzinger fu omertoso”, si deve tener presente:
È chiaro che queste cose non si valutano “a peso” né secondo altre unità di misura fisiche, ma davanti all’indisponibilità dei contenuti non ci resta che valutare i contenitori: tale valutazione porta già in sé considerazioni non trascurabili, perché induce a osservare che le ruggenti titolazioni su “l’omertà di Ratzinger” sono sostenute meno dai fatti che da orientamenti politici preconcetti.
I quattro casi di Ratzinger… e il quinto
Venendo però un istante ai casi di pedofilia ed efebofilia contestati durante il quinquennio dell’episcopato ratzingeriano a München-Freising, la sorpresa (si fa per dire) è che neanche qui sembra trovarsi qualcosa di nuovo. Lo ha opportunamente segnalato, e non su una testata cattolica bensì sul Corriere dalla Sera di oggi (con un pezzo online già da ieri sera), Gian Guido Vecchi:
Benché già noto da 12 anni, quello di Peter Hullermann è stato presentato come “il caso X” tra i
Nel suo memoir difensivo (82 pagine) Benedetto XVI ha ricordato:
Dato il tenore dei nessi logici nelle inferenze, è comprensibile che Benedetto XVI, pur restando nel suo consueto aplomb accademico, abbia accusato i legali di essersi abbandonati alla «valutazione soggettiva, se non addirittura [a]lla propaganda e pura speculazione».
Il tafazzismo come sintomo del malessere ecclesiale
Non sarebbe poi questa la prima volta che dello studio Westpfahl Spilker Wastl ci si è trovati a lamentare i pregiudizî metodologici: a quel medesimo studio era stata infatti affidata un’analoga indagine per la diocesi di Köln, salvo che il mandato era poi stato revocato per volontà dell’arcivescovo, il cardinale Rainer Maria Woelki (anche per via di “fughe di notizie” sui giornali). È vero che Woelki si è così esposto ad essere narrato e dipinto come il censore chiuso al rinnovamento (ed è così stato colpito perché membro importante della minoranza conservatrice nell’episcopato tedesco), ma è altrettanto vero che il più “aperturista” omologo bavarese, il card. Marx, ha declinato l’invito alla conferenza stampa di presentazione del rapporto da lui stesso commissionato (e che lo rimprovera, fra l’altro, per un paio di casi mal gestiti negli ultimi anni).
Questo è un tema certamente non centrale, rispetto alla materia del contendere, ma pure fondamentale per la più ampia comprensione della crisi ecclesiastica in Germania:
Non si tratta di cercare analisi compiacenti:
Ancor prima che nell’analisi di questa o quella collaborazione, il dato inquietante sta proprio nella confusione che su queste (pure non controverse) considerazioni sembrerebbe regnare in certi episcopati. È comprensibile che la troppo protratta indolenza riguardo a tanti orrendi crimini venga come rigurgitata in conati di ansia di espiazione… ma non si dovrà cercare nella (neanche troppo dissimulata) Schadenfreude di certi partner un indizio propiziatorio di collaborazioni utili. Chissà se in tedesco c’è una parola per dire “tafazzismo”…
Giustizia per Ratzinger
In molti, mossi da comprensibile affetto per Benedetto XVI, stanno in queste ore illustrando linee di apologia per il Papa Emerito: pur comprendendo e condividendo quello stato d’animo, noi qui vorremmo astenerci da questo esercizio. Anche sul Corriere, del resto, sono stati significativamente compendiati i meriti specifici del pontefice bavarese in questa lacrimosa materia:
Quando i legali di cui sopra registrano agli atti “la versione di Ratzinger”, e la marchiano col secco bollino “non credibile”, hanno l’impressione di tenere il coltello dalla parte del manico, mentre è vero il contrario: non è “la sua parola contro la loro”, né “la sua parola contro i fatti” (se i fatti sono quella lacunosa congerie di illazioni che hanno esposto). Loro sono tre professionisti in carriera che redigono un lavoro dal potenziale politico esplosivo (e da profitti economici competenti); lui è un anziano bianco monaco che sa di poter esser convocato da un momento all’altro all’unico Giudizio veramente decisivo per chiunque. Chi sarà più interessato a confessare la nuda verità?