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Abusi nella Chiesa cattolica: non sono a causa del celibato

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Anneka | Shutterstock

Inma Alvarez - Begoña Ruiz Pereda - pubblicato il 19/01/22

C'è chi crede che gli abusi sessuali sui minori nella Chiesa siano collegati al fatto che i sacerdoti non si sposano. Cosa dicono i dati reali? Parla un'esperta

Parlare di abusi sessuali sui minori è doloroso ma necessario. Perché si verificano? Come prevenirli? Come aiutare le vittime?

Ci siamo avvalsi dell’aiuto di Begoña Ruiz Pereda, autrice di Protección de menores. Guía para formadores (Ed. Nueva Eva), in una serie di articoli pubblicati da Aleteia sulla questione in cui si affronta la comprensione di quello che rappresenta l’abuso dal punto di vista dell’abusato e che speriamo possano aiutare i nostri lettori.

Quando queste situazioni si verificano nella Chiesa, soprattutto perpetrate da membri del clero, lo scandalo è enorme, come il dolore per i credenti. Nella ricerca di spiegazioni su come sia potuto succedere qualcosa del genere, molti tirano in ballo il celibato, sostenendo che la “repressione” sessuale porterebbe a “sfoghi” contro la natura. I fatti corroborano questa spiegazione?

“Prima di iniziare a rispondere alle domande, vorrei precisare quale sia la competenza personale in base alla quale mi permetto di esprimere impressioni e opinioni. Non ho a disposizione più dati percentuali sugli abusi sessuali nella Chiesa di quanti ne possa conoscere qualsiasi persona interessata. Se rispondo a determinate domande è perché lavoro da più di 20 anni offrendo corsi di educazione affettivo-sessuale – sulla base dell’antropologia e dell’insegnamento cattolico – nell’ambito della charter school [scuola privata con particolari condizioni di autonomia, n.d.t.] e in diocesi sia spagnole che latinoamericane. Nella mia esperienza professionale ho conosciuto e accompagnato molte persone vittime di abusi, e ho anche avuto l’opportunità di conoscere vari casi di sacerdoti di cui ho saputo che erano risultati provati coinvolgimento e responsabilità in casi di abusi”.

Ecco l’intervista che abbiamo realizzato.

È vero che il celibato sacerdotale è la causa degli abusi sessuali nella Chiesa?

Non credo, in questo caso ci sarebbe un rapporto diretto ed esclusivo tra abusi e celibato. Sappiamo tutti che gli abusi sessuali vengono perpetrati anche, e in misura non inferiore, da parte di persone che non hanno abbracciato il celibato come opzione di vita.

Quello che sciocca è che qualcuno che ha deciso liberamente di rinunciare alla dimensione genitale dell’amore non solo non rispetti i suoi voti, ma arrivi a usare l’inganno e la simulazione per ottenere un’intimità sessuale in cui non c’è vero consenso. Comprendo che la sorpresa e lo scandalo di fronte a persone consacrate a Dio che agiscono in questo modo sia maggiore, ma nessuno studio dimostra che il celibato sia un fattore di rischio. Sottolineare una cosa del genere non ha alcun fondamento basato su dati oggettivi.

Gli abusi terminerebbero se si abolisse il celibato?

Credo di aver risposto nella domanda precedente. Evidentemente no. Gli abusi sessuali nella storia umana non iniziano con il celibato. Comprendo che provochi sorpresa visto che si presuppone che se si rinuncia liberamente a qualcosa di positivo non si acconsenta facilmente a vivere questa dimensione in modo meschino. È come dire: “Rinuncio in modo pubblico e libero ad avere delle proprietà” e si scopre che non solo si hanno, ma che sono state anche rubate. È normale che qualcuno dica “Forse sarebbe bene avere uno stipendio…” Capisco la domanda, ma la soluzione non consiste nell’eliminare il celibato, perché non è la causa del problema. 

Ci sono più abusi nel contesto ecclesiale che in altri? Detto in altri termini, la Chiesa è un “luogo pericoloso” per i bambini?

Qualsiasi studio serio che si consulti finisce per concludere che non ci sono prove di una maggiore incidenza degli abusi sessuali nella Chiesa rispetto ad altri contesti istituzionali che si relazionano con i minori.

Dicono anche che gli abusi sono stati perpetrati nel corso degli anni, ma soprattutto in epoche passate, quando l’influenza della Chiesa era maggiore, la coscienza sociale inferiore e non si era iniziato a denunciare i casi.

Credo che oggi la Chiesa sia uno spazio sociale più sicuro di altri, perché il fatto che siano stati pubblicati e si continuino a denunciare fatti di questo tipo ha permesso di stabilire nuovi protocolli, di diventare consapevoli del pericolo, di essere più sensibili e vigili.

Perché nella Chiesa alcuni casi di abuso sono stati gestiti tanto male, perfino occultati?

In questo caso c’è molto da dire. Più che di un’intervista servirebbe un trattato. Ci sono molti motivi per cui inizialmente la risposta della gerarchia è stata di negazione e copertura… sarebbe troppo lungo.

In primo luogo bisognerebbe dire che c’è stata reticenza a credere alle persone che denunciavano gli abusi. Nella maggior parte dei casi, avevano abbandonato istituzioni e pratica religiosa e accusavano, in genere, altre che rimanevano dentro occupando posizioni di prestigio e potere.

Un’altra ragione è la paura dello scandalo. Pensare che nascondendo i fatti si proteggesse il buon nome della Chiesa-istituzione e che questo fosse un dovere sacro, perché è ovvio che il discredito in cui è caduta la Chiesa ostacola la sua missione, che è annunciare al mondo il Vangelo.

Un’altra causa è il giudizio errato circa ciò che sia l’abuso sessuale. Molte persone hanno pensato, e ancora oggi c’è chi si ostina a crederlo, che la persona che abusa abbia un problema con il sesto e il nono comandamento, come se fosse un peccato di purezza. Si confessa e ricomincia.

Non si è capito che abusare sessualmente di un minore è un crimine, per cui la soluzione non è reprimenda e Confessione, come se la persona fosse padrona di sé e bastasse il proposito di emendare per cambiare.

E attenzione, perché la complessità della questione si basa sul fatto che un abusatore può essere una persona apparentemente socievole, funzionale, e sicuramente può non essere un malato mentale clinico…, e tuttavia c’è qualcosa di molto importante e molto profondo che non funziona. Ci sono dinamiche sessuali che non domina, e tuttavia la scorciatoia più semplice può essere negare e condurre una doppia vita.

Perché nella Chiesa sono state gestite male queste situazioni? Ci sono altre ragioni… come il fatto che non ci sono vocazioni e si vuole continuare a mantenere strutture adatte al passato, chi deve discernere i nuovi candidati a volte non vede…

Altre ragioni… una persona che vuole condurre una vita spirituale deve aprire la coscienza a qualcuno che lo accompagna. In qualche modo è un mettere a nudo l’anima, e visto che siamo un’unità – corpo e anima -, qualsiasi situazione di intimità ci rende vulnerabili. Se si è una figura paterna e si suppone che la propria missione sia accogliere la vulnerabilità di chi viene per cercare misericordia e si hanno invece gravi problemi personali a gestire la propria vulnerabilità…  

Ancora… ci sono spazi ecclesiali in cui si è insistito sul fatto che la coscienza va aperta completamente a un superiore mentre con i pari bisogna tacere, altrimenti si starebbe mormorando. Il risultato è stato l’isolamento. Se la persona su cui si riversa la propria coscienza abusa a qualsiasi livello si è perduti… e questo si è verificato spesso. Gli abusi sono iniziati in età precoce, e quando i minori sono cresciuti queste strutture hanno prevalso perché erano basate su una visione della vita spirituale che godeva di un prestigio indiscusso… Potrei proseguire, ma dovrei scrivere un trattato.

Cosa crede che debba cambiare nella Chiesa?

Ti ringrazio molto per questa domanda, perché mi sembra fondamentale. Vediamo se riesco a rispondere in modo adeguato. Ci sono cose che sono già cambiate. Si ascoltano di più le vittime, i protocolli avviano un meccanismo che permette di proteggerle meglio…

C’è tuttavia qualcosa che non cambia, ed è la reticenza a comprendere ed educare la dimensione affettiva e sessuale della persona. Questo mi sembra grave in generale… ad esempio, che non si approfitti della catechesi per la Comunione per offrire una visione profonda della sessualità che serva a prevenire gli approcci inadeguati.

La preparazione al sacerdozio o alla vita consacrata non può limitarsi a offrire brevi rassegne di quello che implica il fatto di abbracciare il celibato. Partendo da lì, la sessualità viene trattata come una sfera da controllare… se si hanno problemi docce fredde, sport, preghiera, Confessione e mooooolta forza di volontà. Camicia di forza, perché non si perda il controllo.

Una vita ordinata e ascetica e il ricorso alla vita interiore e ai sacramenti mi sembrano una cosa di base, conveniente e necessaria ma non sufficiente… e mi rimetto ai fatti. Quante persone con vita di preghiera, sacramenti e ascesi finiscono per vivere la doppia vita dell’abusatore? Ce ne sono. Non ho dati, ma ce ne sono.

La sfera affettivo-sessuale va conosciuta in profondità, la vernice sottile non funziona, e molte volte passa per lo scoprire le ferite emotive dell’infanzia e la loro presenza e le loro implicazioni nella vita adulta. C’è un grande compito da svolgere in questo senso.

Come credi che si possa aiutare dalla Chiesa in modo più affettivo le vittime di abusi?

La gerarchia dovrà continuare ad assumere le responsabilità quando dovrà farlo, e a riparare nel modo necessario. Tutti possiamo avvicinarci e scoprire la realtà che vive una vittima, anche se non ne conosciamo nessuna nella nostra cerchia ristretta. Se si ha l’opportunità di conoscerne una, la mia proposta è “Ascoltala, guardala negli occhi, accogli, cerca di comprendere e di accompagnare…” Sono convinta che la prevenzione migliore sia parlare d’amore e sessualità fin dalla tenera età.

Facciamo un esempio per spiegare. Ora che siamo in epoca di pandemia, sappiamo che il coronavirus – all’inizio, quando non c’erano vaccini – era un virus che nel 95% dei casi si presentava come malattia asintomatica o lieve, ma nel 5% dei casi provocava complicazioni che potevano richiedere un ricovero, e di quel 5% alcuni finivano in terapia intensiva o addirittura morivano.

Credo che la dimensione affettivo-sessuale sia una sfera che continuiamo a non capire e a non vivere adeguatamente, e questa malattia colpisce quasi tutti; c’è però una piccola percentuale in cui la questione si complica al punto che può portare a commettere un crimine.

Credo che dobbiamo vaccinarci tutti. Il problema è nel fatto che ci sono più “no vax” al momento di capire l’importanza di un’adeguata educazione affettivo-sessuale di quelli che lo sono sul coronavirus…

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