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Il Papa: la gioia offerta da Gesù non è mai annacquata, ma piena e disinteressata

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Antoine Mekary | ALETEIA

Vatican News - pubblicato il 17/01/22

Dio vuole per noi il meglio, ci vuole felici: così Francesco commenta all'Angelus il brano sulle nozze di Cana, precisando che il segno di cui si racconta "non è una guarigione straordinaria o un prodigio", ma un "gesto che viene incontro a un bisogno semplice e concreto di gente comune". L'invito del Pontefice è a riconoscere i segni di tenerezza nella nostra vita

E’ uno dei brani biblici più noti quello proposto dalla Liturgia di oggi sull’episodio delle nozze di Cana, in cui Gesù trasforma l’acqua in vino per la gioia degli sposi. “Questo fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”: così si conclude il racconto dell’evangelista Giovanni. E Francesco dedica proprio a questo segno l’Angelus domenicale.

La potenza del ‘segno’

Il Papa fa notare che l’evangelista “non parla di miracolo, cioè di un fatto potente e straordinario che genera meraviglia”. Si parla di segno, che suscita la fede dei discepoli. Da qui l’invito del Pontefice ad approfodire le caratteristiche del “segno” secondo il Vangelo:

È un indizio che rivela l’amore di Dio, che non richiama cioè l’attenzione sulla potenza del gesto, ma sull’amore che lo ha provocato. Ci insegna qualcosa dell’amore di Dio, che è sempre vicino, tenero e compassionevole. Il primo segno avviene mentre due sposi sono in difficoltà nel giorno più importante della loro vita. Nel bel mezzo della festa manca un elemento essenziale, il vino, e la gioia rischia di spegnersi tra le critiche e l’insoddisfazione degli invitati. Figuriamoci come può andare avanti una festa di nozze solo con l’acqua! È terribile, una brutta figura faranno gli sposi!

Dio agisce con vicinanza e discrezione

E’ la Madonna la prima ad accorgersi della mancanza del vino, e ciò che contraddistingue il modo in cui lo segnala a Gesù è la sua discrezione, che rispecchia lo stile di Dio.

E Lui interviene senza clamore, senza quasi darlo a vedere. Tutto si svolge nel riserbo, “dietro le quinte”: Gesù dice ai servi di riempire le anfore d’acqua, che diventa vino. Così agisce Dio, con vicinanza e discrezione. I discepoli di Gesù colgono questo: vedono che grazie a Lui la festa di nozze è diventata ancora più bella. E vedono anche il modo di agire di Gesù, questo suo servire nel nascondimento – così è Gesù: ci aiuta, ci serve nel nascondimento, in quel momento – tanto che i complimenti per il vino buono vanno poi allo sposo. Nessuno se ne accorge, soltanto i servitori. Così comincia a svilupparsi in loro il germe della fede, cioè credono che in Gesù è presente Dio, l’amore di Dio.

Un gesto che viene incontro a un bisogno semplice e concreto

Ciò che accade alle nozze di Cana “non è una guarigione straordinaria o un prodigio nel tempio di Gerusalemme – precisa il Papa – ma un gesto che viene incontro a un bisogno semplice e concreto di gente comune”. Il Papa parla di “gesto domestico”, una sorta – dice – di miracolo ‘in punta di piedi’, discreto, silenzioso.

Egli è pronto ad aiutarci, a risollevarci. E allora, se siamo attenti a questi “segni”, veniamo conquistati dal suo amore e diventiamo suoi discepoli.

La gioia che lascia Gesù è piena e disinteressata

Francesco si sofferma, inoltre, su un altro tratto distintivo del segno di Cana, che rivela ancora una volta il modo sorprendente e singolare in cui agisce Gesù. Mentre, infatti, in genere il vino che si dava alla fine della festa era quello “meno buono, quello annacquato”, Gesù fa in modo “che la festa si concluda con il vino migliore”, osserva Francesco. E aggiunge: “anche oggi si fa così, la gente a quel punto non distingue tanto bene se è un vino buono o è un vino un po’ annacquato”.

Simbolicamente questo ci dice che Dio vuole per noi il meglio, ci vuole felici. Non si pone limiti e non ci chiede interessi. Nel segno di Gesù non c’è spazio per secondi fini, per pretese verso gli sposi. No, la gioia che Gesù lascia nel cuore è piena e disinteressata. Non è mai annacquata!

Cerchiamo i segni di tenerezza nella nostra vita

Il Papa conclude proponendo un esercizio, che – dice – ci può fare molto bene. Suggerisce di frugare tra i ricordi alla ricerca dei segni che il Signore ha compiuto nella “mia” vita, per mostrarci che ci ama; per esempio “quel momento difficile in cui Dio mi ha fatto sperimentare il suo amore…”. E poi c’è l’invito a porsi delle domande:

Con quali segni, discreti e premurosi, mi ha fatto sentire la sua tenerezza? Quando io ho sentito più vicino il Signore, quando ho sentito la sua tenerezza, la sua compassione? Ognuno di noi nella sua storia ha di questi momenti. Andiamo a cercare quei segni, facciamo memoria. Come ho scoperto la sua vicinanza e mi è rimasta nel cuore una grande gioia? Facciamo rivivere i momenti in cui abbiamo sperimentato la sua presenza e l’intercessione di Maria. Lei, la Madre, che come a Cana è sempre attenta, ci aiuti a fare tesoro dei segni di Dio nella nostra vita.

Il pensiero agli alluvionati in Brasile e alla Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani

Dopo la preghiera mariana, il papa ha espresso la sua vicinanza alle persone colpite da forti piogge in Brasile durante la settimana. Ha pregato per le vittime, quanti hanno preso la casa e ha sostenuto chi si adopera per gli aiuti. 

Francesco ha inoltre ricordato che dal 18 al 25 gennaio si svolgerà la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. “Siamo in cammino, pellegrini, verso la piena unità”, ha detto, invitando in questo tempo ad offrire le nostre fatiche e sofferenze per l’unità dei cristiani.

L’originale su Vatican News

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