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Quando sei (di nuovo) incinta e ti chiedono: lo avete voluto o è capitato?

Baby,Girl.

Miti74 | Shutterstock

Silvia Lucchetti - pubblicato il 11/01/22

Come "sopravvivere" alle domande imbarazzanti riguardo una nuova gravidanza senza prenderle troppo sul serio e conservando la gioia nel cuore per la vita in arrivo

La prima gravidanza fu un vero successo con gli altri. Io e mio marito avevamo patito più di quattro anni, e finalmente questa grazia speciale ci era stata concessa. Tutti ci facevamo i complimenti, esprimevano i migliori auguri, accoglievano con grande commozione quella che per noi era la notizia più sensazionale e mirabolante che potessimo ricevere.

Le reazioni di fronte alla prima gravidanza

Non solo, come forse è scontato, familiari e amici, ma anche parrocchiani, vicini di casa, conoscenti, sconosciuti. Il nostro duo diventerà un trio, intonavo tutta felice parafrasando il brano che Timon canta a Pumba ne Il Re Leone.

Secondo figlio: “hai fatto la coppia”

Poco dopo che la nostra bambina spense la prima candelina, scoprimmo di aspettare il secondo figlio. Devo dire che andò bene anche con Cristiano. Tutti felici per noi, soprattutto quando confidavamo il sesso. Ogni volta che specificavo: “è maschio”, giù sorrisi e sguardi compiaciuti.

La risposta che più spesso mi veniva data era: “che bello, hai fatto la coppia, così stai a posto, ti sei tolta il pensiero. Hai finito”. E una mia amica puntualmente aggiungeva divertita: “sì, la coppia di canarini”. Che risate. Chissà come mai nella nostra società attuale si è imposto il modello del figlio unico, o al massimo della coppia di cana… ehm… bambini volevo dire.

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Quando cerchi una gravidanza che non arriva

Apro una parentesi. I quattro anni di infertilità mi avevano temprato parecchio in molti sensi. Avevo imparato ad accettare e a sorridere delle uscite più o meno infelici degli altri senza prenderle male, ma anzi cercando di coglierne il lato goffo, buffo, limitato, proprio per non diventare acida né aggressiva, e mantenere uno sguardo benevolo finanche divertito.

“Ma allora non ti sei sposata perché sei incinta!”, “quando vogliamo riempire questa pancia vuota?”, “ancora niente?”.

In certi momenti di sofferenza frasi del genere, o ancora più innocue di così, mi sembravano pugnalate. Fino a che non ho imparato a rispondere chiedendo a chiunque di pregare per noi, per il nostro desiderio di diventare genitori. Chiusa parentesi.

La terza gravidanza e il timore del giudizio degli altri

Cristiano doveva compiere un anno che rimasi incinta la terza volta. “Aridanghete”, sospirerà qualche romano leggendo. Non so bene per quale motivo, ma insieme alla gioia strabordante che provai da subito – le gambe del cuore mi tremavano per l’emozione – sentii nell’intimo un sentimento di ansia per ciò che avrebbero pensato/detto gli altri.

E per gli altri intendo tutti, tutto il mondo che ci orbita intorno. E non mi era mai successo prima. “Che diranno?” chiedevo a mio marito. “Il terzo di seguito, sono tutti piccoli. Trefigliattaccati”.

Trefigliattaccati

Solo a scriverlo mi pare come quando a scuola fai il dettato e la maestra dice: “non andate a capo, tutto attaccato”. Non eravamo ancora andati a capo neanche noi. Mai tolto il fasciatoio, mai riposto il passeggino, mai smesso di compare pannolini, di disinfettare ciucci. E via scorrendo. Mio marito mi rispondeva e rassicurava: “e cosa devono dire? è una notizia bellissima!”. Aveva ragione, era proprio così.

Ma nella mia testa questa preoccupazione che cercavo di nascondere anche a me stessa c’era, a tratti pesava di più, a tratti meno, e mi impediva di provare fino in fondo la gioia senza paragoni della maternità. Finito il primo trimestre cominciamo a dare la notizia. Nella maggior parte dei casi reazioni positive, le nostre famiglie di origine davvero felici, ma anche i parenti, gli amici.

“Ma non ce la fai con due, come farai con tre?”

Mia nonna paterna reagì inizialmente così: “ma non ce la fai con due, come farai con tre?”. Ci restai un po’ male lì per lì, lo ammetto, poi però compresi la sua preoccupazione. Subito dopo si scusò molta dispiaciuta, mi mostrò tutta la sua contentezza e nel mio cuore sparì quell’ombra di rammarico.

“Ma lo avete voluto o è capitato?”

Ricordo il giorno in cui una persona mi disse tutta seria: “ancora? un altro figlio?”, e poi: “ma lo avete voluto o è capitato?”. Ta taaan! La frase fatidica era stata pronunciata. Io che di solito non ho mai la risposta pronta, mi arriva tipo tre giorni dopo davanti allo specchio, risposi di getto che lo avevamo voluto ed era arrivato.

Si ha la concezione sciocca di credere di poter ottenere immediatamente ciò che si desidera, di creare la vita da soli e all'”istante”: vogliamo un figlio, lo facciamo. Ma non funziona così. Noi siamo chiamati a co-operare con il Creatore nel dare la vita. Spesso lo dimentichiamo.

Le battute quando sei di nuovo incinta

Comunque dopo: “l’avete voluto o è capitato” arrivò anche da parte di altri: “tre è il numero perfetto, stai a posto”. E poi ancora: “hai intenzione di fermarti o volete fare la squadra?” ed altre battute simili.

Ora ci sorrido, quei mesi un pochino mi agitavo, cercavo sempre lo sguardo di mio marito sperando rispondesse lui al mio posto. Ma il problema era il mio, non certo dei miei interlocutori.

Come sono “sopravvissuta”

Lo sapete come mi scrollai di dosso il peso del giudizio altrui? ricordandomi la santa giaculatoria che ci aveva insegnato don Fabio Rosini: “e sticavoli!”. E poi rileggendo alcune parole del Santo Padre che avevo trovato proprio su Aleteia qualche anno fa. Eccole, le condivo con voi:

Ad ogni donna in gravidanza desidero chiedere con affetto:

Abbi cura della tua gioia, che nulla ti tolga la gioia interiore della maternità.

Quel bambino merita la tua gioia. Non permettere che le paure, le preoccupazioni, i commenti altrui o i problemi spengano la felicità di essere strumento di Dio per portare al mondo una nuova vita.

Occupati di quello che c’è da fare o preparare, ma senza ossessionarti, e loda come Maria: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,46-48).

Vivi con sereno entusiasmo in mezzo ai tuoi disagi, e prega il Signore che custodisca la tua gioia perché tu possa trasmetterla al tuo bambino.

Dall’esortazione apostolica Amoris Laetitia (punto 171)

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