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“Belfast”, un’ode toccante alla famiglia e una scrollata di spalle alla fede

Belfast

Focus Features

Matthew Becklo - pubblicato il 11/01/22

“The Troubles”, un conflitto durato decenni tra i repubblicani cattolici e i lealisti protestanti nell'Irlanda del Nord iniziato alla fine degli anni Sessanta, è al centro del nuovo film di Kenneth Branagh

Quando ho visitato Belfast da studente universitario nella primavera del 2007, sono stati i murales a colpirmi – un vivace collage di immagini cariche di significato politico che riempivano un muro sormontato dal filo spinato. C’erano immagini di George W. Bush, della Palestina e della “Segregazione per i Prigionieri di Guerra irlandesi” nella prigione di Maghaberry. 

Questo epicentro de The Troubles, un conflitto durato decenni tra i repubblicani cattolici e i lealisti protestanti nell’Irlanda del Nord iniziato alla fine degli anni Sessanta, è al centro del nuovo film di Kenneth Branagh, Belfast – un mondo che l’attore e regista conosce in prima persona.

Basato sulla giovinezza dello stesso Branagh, il film racconta la storia di un bambino di 9 anni, Buddy, che vive con la sua famiglia protestante: la madre “Ma”, il padre “Pa” (spesso al lavoro in Inghilterra), il fratello maggiore e i nonni. Le riprese in bianco e nero sottolineano il senso del passato, quando ci voleva un intero villaggio per crescere un bambino. E in questo villaggio, cattolici e protestanti si danno una mano a vicenda. “Nella nostra strada non c’è il ‘nostro lato’ e il ‘loro lato’”, sottolinea a un certo punto Pa. “Non c’era comunque”.

Questa comunità unita viene scombussolata quando un gruppo di rivoltosi protestanti arriva ad attaccare le case cattoliche. Quasi di notte, viene allestita una barricata alla fine della strada, tra i residenti aumentano le tensioni e Belfast sembra sempre più una zona di guerra. Man mano che la famiglia viene coinvolta in modi diversi in questo disordine, affronta un dilemma: aggrapparsi al luogo che chiamano casa o seguire Pa in Inghilterra per iniziare una nuova vita?

Branagh intesse una splendida storia in questo caos, rifacendosi molto alla musica di Van Morrison, originario di Belfast. Buddy, che si preoccupa di compiti, cinema e soprattutto delle cotte a scuola, è costretto a trovare un senso in un mondo che sembra ormai fuori controllo. Fa riferimento ai consigli dei nonni, ma è l’amore dei genitori, interpretati da Jamie Dornan e Caitriona Balfe, a farlo andare avanti. Marito e moglie affrontano grandi difficoltà con la fedeltà e il sostegno reciproci – cosa che si vede di rado nei film. E la scena di Pa che fa una serenata alla moglie con Everlasting Love a un funerale irlandese – mentre Buddy, l’incarnazione del loro amore, li guarda sorridendo – è una sottolineatura indimenticabile che vale già da sola il prezzo del biglietto.

Se si concentra in modo splendido su tutto quello che riguarda la famiglia, Belfast non affronta abbastanza un tema che meritava più attenzione: la fede. Forse non sorprende in una storia in cui le due fazioni antagoniste sono identificate con le tradizioni cristiane, ma il conflitto nell’Irlanda del Nord ha avuto ben poco a che fare con la religione, riguardando più che altro l’identità politica e nazionale. Le sottili differenze tra queste tradizioni religiose, le profonde similitudini tra loro e i modi in cui la violenza da entrambe le parti è stata una controtestimonianza della loro fede comune in Cristo – tutto questo era un materiale molto ricco di cui Branagh non ha approfittato.

La religione viene affrontata principalmente in tre scene. In primo luogo, Buddy chiede a Ma del cattolicesimo. “Paddy Cavanaugh mi ha detto che finché i cattolici continuano a confessare tutto quello che hanno fatto di male a un sacerdote possono fare ciò che vogliono e Dio li perdonerà sempre”. Ma risponde: “Non so come funzioni. Si fanno buttare addosso molta acqua, e poi sono a posto. Penso che sia questo”. In seguito Pa lamenta: “La religione è sanguinosa. Il problema è questo”. Perché, allora manda in chiesa i suoi? “Perché se non lo facessi tuo nonno mi ammazzerebbe”.

In seguito Pa definisce il cattolicesimo “una religione della paura”, e si passa a un predicatore protestante che offre la sua dose di paura: un sermone infuocato su due strade divergenti, una che porta alla perdizione e una che conduce alla salvezza (seguito subito dalla raccolta di offerte). Il sermone colpisce profondamente Buddy, soprattutto perché lo confonde. Apparentemente è stato basato soprattutto su un ricordo personale di Branagh. Al Late Show with Stephen Colbert, indica che la religione è stata una delle prime cose in cui ha cercato rifugio: “Temo che non vada bene per me. Non ha funzionato. Hanno letteralmente instillato la paura di Dio in me, e improvvisamente mi hanno detto che c’erano due strade che avrei trovato una volta lasciato questo mondo… Sono rimasto così ossessionato da quel fatto che mi ha paralizzato”.

Verso la fine del film, infine, Buddy confessa la sua cotta per una ragazza cattolica a Pa, che offre quella che è la vera morale di Belfast: “Quella ragazzina può essere induista praticante, battista del sud o anticristo vegetariano, ma se è gentile e carina e vi rispettate, lei e i suoi sono i benvenuti in casa nostra in qualsiasi giorno della settimana”. Anche questa è una nota autobiografica.

In un’intervista al New York Times, Branagh ha affermato: “Anche c’era un certo fascino per quello che faceva la religione cattolica – questa storia della Confessione sembrava pratica –, mio padre è sempre stato chiaro con me sul fatto che se la gente è onesta, dignitosa e vera non importava da dove venisse o cosa fosse e facesse”.

Belfast non approfondisce la religione, e la vede soprattutto come qualcosa che incute paura, che serve a far soldi, basata su rituali di convenienza e in conflitto con le altre religioni. La profondità e il mistero, e il suo significato per tanti Irlandesi, da San Patrizio a C.S. Lewis (lui stesso nato e cresciuto a Belfast), sono del tutto bypassati. Si è invece condotti verso la banalità moderna: tutto ciò che conta davvero è essere una brava persona. Un messaggio di gentilezza è ottimo, soprattutto considerando il tema del film, ma sminuire il credo lo fa diventare un autogoal. Come ha scritto una volta Fulton Sheen, “si è detto che non fa differenza quello in cui si crede; dipende tutto da come si agisce. Questa non ha senso a livello psicologico, perché un uomo agisce sulla base delle sue convinzioni”. Il vescovo Barron ha sostenuto lo stesso, sottolineando che se si vuole essere una brava persona quello in cui si crede conta eccome. La visione morale del film è quindi carente, mancando della profondità delle cose dello spirito.

Belfast è innegabilmente un film valido, ma se avesse affrontato la religione con più serietà avrebbe potuto essere un capolavoro.

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