C'è solo una foto e una storia ricostruita a posteriori per frammenti. La foto è chiara: una donna riversa a terra su un cumulo di neve e completamente congelata, morta.
Si trova al confine tra Iran e Turchia, è l'epilogo tragico del viaggio di una madre per lasciare un filo di speranza ai suoi figli. Cosa è accaduto?
Il sacrificio di una madre
La vittima non ha nome, agli occhi del mondo intero resta «una madre afghana». All'inizio del nuovo anno è finito per lei il viaggio disperato di fuga dall'Afghanistan, ma non per i suoi due figli di circa 7 anni. I tre sono stati colti di sorpresa da una tempesta di neve mentre si spostavano a piedi ed erano arrivati al confine tra Iran e Turchia.
Per salvare i figli la donna ha dato loro le proprie calze per proteggere le mani dei piccoli che erano senza guanti. Si è messa ai piedi due sacchetti di plastica e di fatto ha proseguito il cammino a piedi scalzi.
Non è sopravvissuta, i figli invece hanno proseguito il cammino e sono stati soccorsi presso il villaggio turco di Özalp, nella provincia orientale di Van. Di lei ci resta l'istantanea diffusa da Demokrat TV, che sta facendo il giro del mondo.
Dopo settimane di silenzio sulla vicenda, il 22 gennaio un giornalista curdo iraniano riferisce alla redazione di Avvenire che i bambini sarebbero stati affidati al nonno, sfollato in Iran.
Di qua e di là dal confine
In questa storia tremenda c'è persino margine per qualcosa di inconcepibile, il gelo ancora più rigido di una politica disumana. Il cadavere della madre è rimasto in territorio iraniano, i bambini si sono rifugiati in un paese turco. Tanto è bastato per innescare l'opposto di un processo virtuoso. Anziché fare a gara per soccorrere, Iran e Turchia hanno usato il confine che ha separato questa famiglia per rimpallarsi le responsabilità e lavarsene rispettivamente le mani. Come se curarsi del destino di due bambini possa alterare inesorabilmente gli equilibri internazionali.
E, alla luce di ciò, la frattura inesorabile tra una madre e i suoi figli pesa ancora di più.
La rotta che dall'Afghanistan passa per l'Iran, arriva in Turchia e ha come ultimo sperato traguardo l'Europa è la via disperata scelta da chi fugge dai Talebani.
E' un viaggio da Oriente verso Occidente, agli antipodi del cammino di desiderio e conoscenza che i Magi intrapresero e che domani ricorderemo festeggiando l'Epifania. Forse la fuga disperata di questa madre e dei suoi figli ha più a che fare con il ritorno a casa dei Magi. Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese - dice il Vangelo. I mille volti di Erode ci costringono a traiettorie altre - addirittura alienanti - per custodire chi si ama.
Dare le calze ai figli
Mentre scrivo mi stupisco che oggi sia arrivata una brezza calda, qui dove abito. Ieri era gelido, oggi inaspettatamente la temperatura si è alzata. Come posso immedesimarmi in una madre morta di freddo?
Ancora più stridente è pensare che molte mamme in tutte il mondo stanno riempiendo le calze da dare ai propri figli per festeggiare la Befana. E quella madre senza nome assiderata sul confine iraniano ha dato le sue calze ai bambini. Dietro ogni dono - anche fatto meccanicamente, per tanto per seguire la tradizione - c'è sempre l'ipotesi radicale che è il Dono, sacrificio.
Il caldo non è assente da questa tragedia, è stato interamente donato in due povere calze. Qui a casa nostra viviamo in comodità l'idea metaforica dell'essere Siamo ancora in cammino coi Magi verso l'Epifania del Natale. Ed è un viaggio di vera speranza, quella che forse ho pre-sentito nell'inaspettata brezza tiepida di stamattina.
Siamo quasi sempre dimentichi di ciò, ma dentro tutto quello che facciamo - in fondo - camminiamo verso un posto che sciolga le molte specie di gelo che abbiamo dentro, e stanno in agguato. La Manifestazione dell'Epifania è l'inchino di 3 uomini saggi che si sentirono finalmente al caldo di fronte a un Bambino piccolo e nudo.
Lontano da quella grotta è freddo. E' freddo come il cinismo dei potenti che non soccorrono, o come il nostro quotidiano spostare lo sguardo altrove, verso le nostre quiete comfort zone. Di cosa riempiamo le calze dei nostri figli? Forse di scorte perché il loro viaggio continui, e possa non deviare dalla meta indicata dalla Cometa. Siamo sempre esiliati finché gli occhi non si posano su Gesù.