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Maria Teresa, suora di clausura: quando prego porto il mondo sull’altare

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Pawel Waligora | Aid to the Church in Need

Silvia Lucchetti - pubblicato il 24/12/21

La clausura è reputata dai più anacronistica e fuori dal tempo, considerazione a cui suor Maria Teresa, monaca benedettina, risponde così: "Sono nel mondo perché il mondo lo porto dentro e quando vado a pregare il mondo lo porto all’altare".

Sull’eco di Bergamo del 17 dicembre scorso viene proposta l’intervista ad una religiosa, Maria Teresa, monaca di clausura del Monastero di Santa Grata a Bergamo Alta, che con chiarezza e semplicità affronta temi di grande interesse per tutti noi, credenti o meno. (ecodibergamo.it)

Sulla scelta della vita di clausura ci sono molti pregiudizi, come ad esempio quello che la motivazione risiederebbe nel voler fuggire dal mondo per evitare gli impegni e le preoccupazioni della vita comune, oggi sempre più difficile e complicata.

Vai in monastero per rispondere ad un’esigenza di vita

Il rischio di cercare un rifugio dal mondo brutto e cattivo c’è – ammette molto tranquillamente Maria Teresa. Ma chi entra con questa motivazione non resiste più di quattro mesi. Entrare in un monastero di clausura è una chiamata, come lo è sposarsi o rimanere single. Entri perché senti il desiderio di dedicare la vita a Dio e agli altri, se vuoi in modo un po’ strano, un pò sconosciuto (…) Vai in monastero per rispondere ad un’esigenza di vita.

(Ibidem)

La vita di una monaca di clausura

La suora ci aiuta a conoscere un po’ più realisticamente questa esperienza partendo da una frase presente sul loro sito che la descrive come “una vita austera, ma compenso di questa rigorosa disciplina è la pace interiore”.

Una definizione che potrebbe far pensare ad una esistenza in cui ci si nutre “a pane e acqua”, e trascorsa “al freddo e al gelo” privandosi quasi di tutto.

Niente di tutto questo – chiarisce la religiosa – facciamo una vita normale, non ci manca niente, ma abbiamo altre priorità rispetto al mondo là fuori e la nostra vita è austera nel senso di essenziale (…) È un modo di vivere che ti libera da tante catene.

(ecodibergamo.it)

La giornata di Suor Maria Teresa

Essenziale non deve essere letto come sinonimo di inerzia perché, sempre riportando il pensiero dell’intervistata…

(…) si corre anche all’interno di un monastero, ma le priorità sono altre.

(Ibidem)

Infatti, prendendo ad esempio se stessa, i ruoli da impersonare sono numerosi: infermiera per le altre 17 consorelle con cui condivide la vita di  clausura, cosa che la porta ad uscire con una certa frequenza dalle mura conventuali, archivista e custode dei documenti antichi del monastero, guida per chi viene a visitare la loro chiesa, addetta alla foresteria dove vengono ospitate le persone che vogliono vivere qualche giorno in modo veramente diverso.

Le difficoltà della vita di una monaca di clausura

Tutto comunque lineare, scontato e senza tensioni?

La vita in monastero ha delle difficoltà come tutti gli altri stili di vita. Possono esserci problemi di relazione con le sorelle, perché anche noi non abbiamo l’aureola e le ali, e poi c’è il rischio della monotonia. A volte mi dicono: ma non ti stanchi di fare la stessa vita tutti i giorni? Rispondo che è una routine come un’altra. Ma in realtà la vita in monastero è ricchissima.

(ecodibergamo.it)

Prega, leggi e lavora

Maria Teresa e le altre sono suore benedettine, per cui seguono la regola di San Benedetto che comunemente viene proposta come “ora et labora”, mentre in realtà suona: “ora lege et labora” (prega, leggi e lavora), perché il fondatore ha introdotto la lectiodivina, un lavoro sui testi sacri con lo scopo di rispondere alla semplice ma essenziale domanda: che cosa ci dice questo brano?

Pertanto si alternano impegni di lavoro manuale e incombenze “domestiche” a momenti di preghiera. In linea con le indicazione del salmista: “Sette volte al giorno io Ti lodo”, la prima preghiera viene  pronunciata alle 5,30 e l’ultima, la settima, alle 21.

Mettere in pratica la parola di Dio

Lo studio che viene condotto, in rispetto di quel “lege”, è teologico, ma non nel senso sterilmente accademico, bensì come…

(…) opportunità di conoscere e approfondire la parola di Dio per poi metterla in pratica.

(Ibidem)

La meditazione ti eleva verso Dio

A coloro che oggi, anche in stile un po’ modaiolo, vanno alla ricerca di luoghi isolati per trascorrervi un periodo di meditazione e digiuno, rivolge questa riflessione:

(…) questa cosa noi l’abbiamo inventata duemila anni fa! Perché se leggi cosa ha fatto Gesù lo vedi che nella sua vita ha fatto molto digiuno e silenzio. C’è questa spasmodica ricerca di qualcosa che si trova già nel Vangelo. Basta aprire e leggerlo: se le domande che ci poniamo sono tante, le risposte sono scritte tutte lì. Però attenzione: c’è una differenza fondamentale fra la meditazione tipo quella dello yoga e la nostra. Lo yoga è tutto interiore, un’immersione individuale dentro sé stessi. La meditazione che ti eleva verso Dio è ben diversa, è uno scambio.

(ecodibergamo.it)

Coltivare una vita verticale

Purtroppo la meditazione in un mondo in cui vige l’imperativo assoluto: “mors tua, vita mea”,  e che pensa solo a correre non è di casa.

Dovremmo invece imparare, al di là di chi crede o non crede, a coltivare una vita non solo orizzontale, ma anche verticale, per ciò che riguarda la nostra anima. È vero che siamo in pochi, però d’altra parte Gesù ha cominciato con dodici ragazzotti neanche tanto affidabili: uno l’ha venduto al miglior offerente, uno l’ha rinnegato tre volte, gli altri nei momenti più drammatici sono scappati. Non è che abbia scelto chissà chi.

(Ibidem)

Suor Maria Teresa: cosa dobbiamo riscoprire a Natale

Per cui niente paura, c’è posto per tutti per riscoprire con il Natale un Dio che si è fatto uomo e diventarne testimoni senza essere per forza santi, basta poco. Le parole però sono inutili, si perdono nel vento, c’è bisogno di gente che vive quello in cui crede perché ha scoperto ciò che vale veramente.

“Nel silenzio vedrai che Dio ti parlerà”

E il silenzio può aiutarci a scoprirlo, non quello intimistico, in quanto…

(…) quando è solitario può essere assordante, perché viene fuori tutto quanto tutto ciò che non vogliamo sentire e ci fa paura, mentre con il chiasso tutto resta lì, in un angolo. Nel silenzio vedrai che Dio ti parlerà. (…) Per noi monache il silenzio è una forma più alta di comunicazione, un momento in cui non dici niente per dire tutto. Come dice il proverbio, siediti avvolto nel silenzio, Dio ti parlerà.

(ecodibergamo.it)

Cosa fa una monaca di clausura? prega e porta tutto il mondo sull’altare

Le suore di clausura vengono reputate dai più anacronistiche e fuori dal tempo nella loro condizione di “emarginazione” volontaria in un mondo dove tutto è superficialmente “social”, considerazione a cui suor Maria Teresa risponde così:

(…) io sono nel tempo, la clausura è un mezzo, non è il fine. È un mezzo che mi permette di dedicarmi completamente alla preghiera per gli altri. Se io fossi fuori dal tempo, non sarei qui in monastero. Invece a me il Signore ha chiesto questo. Sono nel mondo perché il mondo lo porto dentro e quando vado a pregare il mondo lo porto all’altare.   

(Ibidem)

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