Mostrano poco amore per una Chiesa da cui si sentono traditi, ma il motivo principale della loro partecipazione a “Procession” non sembra essere la vendetta, quanto piuttosto la ricerca di pace interiore
“Voglio che sia come i supereroi della Marvel, che sconfiggono le forze dell’oscurità”, dice un visibilmente scosso Ed Gavagan. Le forze oscure di cui Gavagan parla con tanta veemenza sarebbero la Chiesa cattolica e i vari funzionari che a suo avviso hanno coperto o ignorato gli abusi sessuali che ha subìto nell’infanzia da parte di un vescovo cattolico. Il mezzo con cui spera di vincere quei “cattivi” è il nuovo documentario Procession, un progetto sperimentale del regista Robert Greene ora in streaming su Netflix.
Il desiderio di Gavagan di abbattere tutta la Chiesa è forse il più estremo che viene mostrato. Gli altri cinque uomini che figurano nel documentario, tutti con storie simili di abusi clericali, esprimono obiettivi più modesti. Mostrano poco amore per una Chiesa da cui si sentono traditi, ma il motivo principale della loro partecipazione a Procession non sembra essere la vendetta, quanto piuttosto la speranza che farlo porti, se non a chiudere un capitolo, almeno a una catarsi per il loro trauma.
Il metodo usato per raggiungere questo obiettivo è unico. Insieme al regista Greene e a un terapeuta, ciascuno dei sei uomini appare in una scena collegata al suo abuso infantile. I brevi filmati che ne risultano spaziano da ricostruzioni di momenti che hanno portato alle situazioni di abuso a fantasie in cui i perpetratori dell’abuso vengono affrontati in modi che non si sono mai verificati nella vita reale. Cosa piuttosto strana, in molte delle scene le ex vittime indossano vesti sacerdotali e interpretano i loro abusatori, mentre un bambino incarna il loro ruolo.
Per quanto questo approccio possa sembrare insolito, è una forma riconosciuta di terapia che risale almeno agli anni Quaranta del Novecento. Un articolo del 2020 pubblicato su Psychology Todayafferma che la drammaterapia, come viene chiamata comunemente la tecnica dell’interpretazione dei ruoli, può essere “particolarmente efficace per i clienti che si ‘sentono bloccati’ nella loro vita o nella psicoterapia tradizionale. Offre un modo di accedere alle informazioni del subconscio che possono essere difficili da affrontare in altri modi”. I sei uomini che appaiono in Procession sono davvero bloccati. Anni di terapia hanno portato ben poco sollievo, e vedono la possibilità offerta dal documentario magari come l’ultima possibilità per fare in qualche modo pace con l’orrore del loro presunto abuso.
Sfortunatamente, l’uso della parola “presunto” è una triste necessità. In un potenziale passo falso di Procession, nessuno dei sacerdoti indicati come abusatori è stato ufficialmente accusato di un crimine. Ciò non significa affatto che gli episodi raccontati nel film non siano mai avvenuti. La maggior parte di noi sa che ci sono molte accuse credibili di abusi clericali che non hanno potuto essere portate avanti per la mancanza di prove affidabili dei decenni passati. Ad ogni modo, il fatto che nessuno dei sacerdoti sulla cui colpevolezza si insiste nel documentario sia mai stato confermato come tale dalle autorità potrebbe far dubitare qualche spettatore. I realizzatori del film e i suoi protagonisti, comunque, non eludono questo problema, insistendo che il fatto che i sacerdoti accusati non siano stati perseguiti e lo scetticismo nei confronti dei loro racconti siano in buona parte il motivo per cui i sei uomini sono ancora in preda all’angoscia e all’ira a decenni dai fatti.