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La lezione di umiltà del Papa ad Antonio Socci

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Paola Belletti - pubblicato il 14/12/21
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In occasione dell'imminente compleanno del Santo Padre, il 17 dicembre, e dell'anniversario della sua ordinazione sacerdotale, 13 dicembre, una riflessione inattesa del giornalista e scrittore toscano.

Il bilancio personale di un cristiano

E' uscito su Libero di domenica 12 dicembre un articolo che non ci saremmo aspettati sotto la firma di Antonio Socci. Non del Socci degli ultimi anni.

Ma, a pensarci bene, da lettrice seppur incostante delle sue dichiarazioni che si sono fatte via via più aspre e ferrigne, poteva starci sotto la firma del Socci della prima ora del papato di Francesco.

Quando cioè la sua cura principale era comprendere e aiutare a comprendere la direzione che il Papa voleva imprimere alla Chiesa, con il sano pregiudizio che sarebbe stato per il bene della chiesa stessa.

Già in quei primi articoli lo sforzo che faceva e condivideva coi lettori era di decifrare le ragioni e offrire una chiave di lettura dell'azione del neoeletto pontefice, così insolito e spiazzante in tanti frangenti.

La missione di Papa Francesco: la stessa di ogni Papa, secondo accenti diversi

Già allora diceva che c'era un unico grande movente: ritornare all'essenziale e riportare la Chiesa tutta al centro, ovvero a Cristo. Tutto il resto, sia il magistero dei suoi documenti sia le uscite più informali, concorreva o voleva grossomodo concorrere a questo: dire a quanti più uomini possibili che Dio ci ama, uno per uno e per di più ci vuole salvare. Ci vuole felici.

Tenerezza e durezza

La misericordia divina, per definizione senza limite e senza pudore di sorta nell'andare a cercare ogni sua creatura, con particolare smania per quelle perdute, è il fiume di lava che Papa Francesco vuole fare defluire dal cratere sempre attivo e inestinguibile, il cuore di Cristo stesso.

Cuori in fiamme

Anche gli interventi papali in merito ai movimenti ecclesiali sono dello stesso segno, per quanto duri, o forse proprio nella loro durezza. Ciò che interessa al Papa, spiega Socci, non è avere tifosi ma cristiani dal cuore ardente. (E pensando a come ha risposto la presidente dei Focolari, solo per fare un esempio, lo comprendono e lo desiderano loro stessi)

Imparare a guardare

Quello che il sempre acuto ma, in questo atto di riconoscimento, anche umile Antonio Socci ha detto ora è più intenso e a suo modo commovente. Perché non rinnega la lunga maratona di critiche che ha riservato allo stesso pontefice, ma ci mostra in filigrana, come dice lui per spiegare il papato di Francesco, come è cambiato il suo sguardo nei suoi confronti.

L'ha imparato dallo stesso Francesco, il modo: l'umiltà che ha visto in quella lettera e anche in altri gesti, vorrebbe riceverla in dono, dice. E da Papa Benedetto XVI che per Francesco prega sempre e invita a pregare.

Il dono da chiedere

Non esageriamo

Sebbene non sia il caso di gridare al ritorno del figliol prodigo né a rinsavimenti mirabolanti, perché non c'è stata eredità dilapidata fino in fondo né alcun senno perduto. Forse è stata addolorata (a volte dire scomposta) impazienza davanti ad una confusione sperimentata e vista dilagare, a volte anche dove non c'era o dove non è dato misurarla?

Ce lo ricordiamo tutti, credo, il tono di tante uscite, troppe (anche la frequenza era un vero attacco. Non poteva muovere un passo, il Papa, che arrivava lui) ma anche durante la pars smaccatamente destruens Socci non ha mancato di riconoscere i gesti commoventi e autentici del Papa.

La forza spiazzante dell'umiltà

Soprattutto quelli di vera umiltà e in particolare quello che Francesco ha rivolto a lui direttamente, senza intermediazioni di segreterie e timbri.

Era il 2016 e Antonio Socci aveva da poco superato le tesi che volevano il Papa regnante illegittimo. Ebbene quel Papa, ricevuto il libro La profezia finale, Lettera a Papa Francesco sulla Chiesa in tempo di guerra che lo criticava assai aspramente, gli aveva risposto.

Un Papa, anzi due a servizio dei fratelli

Con quella missiva si era consegnato a lui da fratello, così si è firmato in quella lettera, in un saluto e un ringraziamento autografi, promettendo la lettura del libro, già iniziata, che lo accusava di confondere il popolo di Cristo (ma nel quale anche lo richiamava al suo compito di pastore) e ringraziandolo per le critiche che, ne era certo, lo avrebbero aiutato, ancorché dure.

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L'intelligenza della carità

Due giorni fa, alla vigilia dell'anniversario della sua ordinazione sacerdotale e a pochi giorni dal suo 85simo compleanno, ci offre una considerazione più lucida e ampia del suo pontificato del quale ipotizza forse lo stesso Francesco abbozzerà un bilancio.

E' più lucida perché viene da una capacità di analisi che pare divenuta più pacata, pacificata dal lavorio che solo l'umiltà e la preghiera possono compiere. A queste lo stesso Socci riconosce il merito di avergli insegnato a guardare il Papa. E, in perfetta tradizione cristiana e toscana (per estensione potremmo dire dantesca) ha imparato questo esercizio guardando a come Papa Benedetto XVI guarda a Francesco.

Una mediazione di sguardi

Dice che lo guarda con più carità, quella che riconosce avergli fatto difetto negli anni passati. Che frutti, la pazienza. Quella del Santo Padre, di sicuro non privo di difetti ma ancor meno di peccati, quella dello stesso Antonio Socci, che si è messo a imparare e quindi forse a ricordare anche ad altri come si sta nella Chiesa e davanti a Pietro (e soprattutto quella di Dio che però, si sa, parte avvantaggiato)

Si procede così, alla fine, amando Dio e cercando la sua verità riflessa negli specchi che si frappongono tra Lui e noi a smorzarne la potenza luminosa; a rendercerlo piano piano più leggibile. Tutti noi, in fondo, reggiamo la visione intermediata di Dio solo perché lassù c'è un solo paio d'occhi umani capace di lasciarlo riflettere in loro, quelli di Maria.