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Afghanistan: una donna incinta implora i medici di ucciderla insieme al suo bambino che sta per nascere

mulher desesperada

Mandy Fontana via Pixabay | CC

Francisco Vêneto - pubblicato il 13/12/21

“Non so come riesco ad essere ancora viva! Come posso dare alla luce un altro essere umano?”

L’ostetrica Nuri ha assistito a una scena tremenda nel suo Afghanistan natale, e l’ha poi riferita ai reporter della BBC. Nuri lavora nel centro di questo Paese in macerie, ora conquistato dagli estremisti islamici talebani, ed era pronta a effettuare un parto cesareo quando la giovane gestante, disperata e in lacrime, ha supplicato che i medici la uccidessero insieme al bambino che stava per dare alla luce.

“Non so come riesco ad essere ancora viva!”, gridava. “Come posso dare alla luce un altro essere umano?”

Nella stessa ala affollata dell’ospedale in cui lavora Nuri, ci sono altre gestanti così denutrite che non avranno neanche latte per nutrire i propri bambini. Sono buttate contro pareti sporche di sangue o su lenzuola che non vengono lavate da mesi, visto che la maggior parte degli addetti alle pulizie si è stancata di lavorare senza ricevere un salario e ha abbandonato l’ospedale per cercare di sopravvivere in qualche modo in un Paese ormai allo sbando.

Visto che la maggior parte delle cliniche private non ha avuto alternativa se non chiudere le porte, il reparto maternità di quell’ospedale è così pieno che varie donne dividono lo stesso letto. La struttura deve assistere il triplo delle donne che assisteva prima, con una frazione delle risorse, che già prima non erano abbondanti.

Nuri ha dichiarato all’équipe della BBC che “quello maternità è uno dei settori più felici di qualsiasi ospedale, ma in Afghanistan no. Qui è un inferno”.

A settembre, nell’arco di appena 15 giorni, ha assistito alla morte di cinque neonati, tutti per fame.

Prospettive tenebrose per l’Afghanistan sotto i talebani

La rovina afghana si è concretizzata ad agosto con la ripresa del potere da parte dei fanatici talebani, sotto il naso di una coalizione di forze statunitensi ed europee e del suo fallimento nel garantire un minimo di sicurezza dopo vent’anni di occupazione. Il Paese cercava di riprendersi da una grande siccità e da decenni di conflitto, ma la vittoria talebana ha gettato nelle tenebre le prospettive di progresso degli Afghani.

Il 30 ottobre, il Ministero della Salute afghano, ormai nelle mani dei talebani, ha mandato una lettera ai professionisti del settore sanitario dei vari settori stabilendo che continuassero a lavorare senza remunerazione finché non fossero risolte “le questioni di budget”,

Più di 2.300 unità sanitarie sono state chiuse. I medici che provano a lavorare nelle regioni più remote riferiscono della carenza dei farmaci di base. A Kabul, un ospedale pediatrico di riferimento deve affrontare ora le conseguenze di una delle peggiori ondate di fame nel Paese. L’ONU stima che durante l’attuale inverno nell’emisfero Nord 14 milioni di bambini afghani soffriranno livelli acuti di denutrizione.

Il direttore dell’ospedale, identificato dalla BBC solo come dottor Siddiqi, ha dichiarato che da settembre, quando i fondi sono stati tagliati, muoiono ogni settimana circa 4 bambini con meno di 10 anni per malnutrizione e malattie derivanti da questa. Molti bambini anche di 5 anni stanno inoltre arrivando in ospedale “troppo tardi per essere salvati”, ha aggiunto.

Terrore, fame, malattia, freddo: l’inferno dell’Afghanistan

Come se non bastasse la fame, quelli che sopravvivono affrontano la mancanza di molte altre risorse. Possono essere uccisi dal freddo intenso, visto che manca il combustibile per il riscaldamento. Il medico ha chiesto alle sue équipes a portare rami secchi per ravvivare una stufa a legno.

Le interruzioni di energia rendono l’incubo ancor maggiore, uccidendo bambini prematuri nelle incubatrici che smettono di funzionare per la mancanza di elettricità. La dottoressa Nuri non riesce a descrivere la tristezza che prova vedendoli morire davanti ai propri occhi.

Le prospettive più immediate sono gravissime. Con l’inverno, il trasporto di merci dai Paesi vicini, come Pakistan e India, si restringe ulteriormente, peggiorando lo scenario.

La dottoressa Nuri racconta che anche la sua famiglia sopravvive a malapena, perché lei stessa ha dovuto spendere quasi tutti i suoi risparmi, e attualmente non viene pagata. Quando vede un’altra donna che se ne va dall’ospedale con il suo bambino in braccio, si chiede come faranno a trovare del cibo.

“Non so perché vengo ancora a lavorare. Me lo chiedo ogni mattina. Forse è perché nutro ancora qualche speranza in un futuro migliore”.

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