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Qual è il “rimedio” per non desiderare la donna d’altri?

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 10/12/21

La violazione del nono comandamento è sempre più comune. Un cardinale spiega come si può dominare questo desiderio

Diventare “puri di cuore”: non è un semplice esserlo, ma è l’unico rimedio per dominare il desiderio della donna d’altri e violare, così, il nono comandamento.

Nel mondo odierno siamo eccitati nella sfera sessuale in modo molto aggressivo da tutti i mezzi di comunicazione, siamo istigati a sottostare alla tentazione della carne. Ciò richiede da parte nostra un particolare impegno personale, per non diventare schiavi dei disordinati desideri erotici. Quindi è molto comune il rischio di violare il nono comandamento. Il cardinale Zenon Grocholewski nel libro “23 Cardinali commentano il Catechismo della Chiesa Cattolica” (Tau editrice), ci spiega come evitarlo. 

La castità 

Il nono comandamento suona: “Non desiderare la donna d’altri”. Non è difficile scorgere che esso è strettamente collegato con il sesto comandamento: “Non commettere adulterio (o atti impuri in genere)”. Ambedue le norme morali concernono la castità.

Il  nono comandamento tratta di un elemento primario, fondamentale della castità che richiede di vincere la concupiscenza carnale nei pensieri e nei desideri.

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La concupiscenza 

La parola “concupiscenza”, come nota il CCC, ha nella teologia cristiana “il significato specifico di moto dell’appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana” (n. 2515).

San Paolo presenta ciò come l’opposizione della “carne” allo “spirito”, fra i quali esiste una certa tensione e si svolge una certa lotta.

La sesta beatitudine 

In questo contesto ci viene in mente la sesta beatitudine che proclama: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5, 8). Nelle intenzioni del cuore hanno origine i desideri e le decisioni più profonde. Nelle intenzioni del cuore hanno origine i desideri e le decisioni più profonde.

È significativo che San Giovanni Paolo II, affrontando il tema del nono comandamento, lo ha fatto nel contesto delle considerazioni sul Cuore di Gesù trafitto sulla croce, il Cuore che è “sorgente di vita e di santità”, che è per noi “la fiamma dell’amore che rinnova”. Ci ha quindi esortato: “Non lasciare che [le] forze del desiderio, assopite in te come il «germe del peccato», ti coinvolgano. Non permettere all’«uomo carnale» di dominarti (cf.1Cor 3,3)”.

I “puri di cuore”

I “puri di cuore”, spiega il CCC, “sono coloro che hanno accordato la propria intelligenza e la propria volontà alle esigenze della santità di Dio, in tre ambiti soprattutto: la carità, la castità o rettitudine sessuale, l’amore della verità e l’ortodossia della fede” (n. 2518). Per indicare la relazione tra queste realtà, il CCC cita l’affermazione di San Agostino: “I fedeli devono credere agli articoli del Simbolo, “affinché credendo, obbediscano a Dio; obbedendo, vivano onestamente; vivendo onestamente, purifichino il loro cuore, e purificando il loro cuore, comprendano quanto credono” (n. 2518).

“Vedranno Dio”

Ai “puri di cuore”, come già notato, viene promesso da Gesù un grande premio: “vedranno Dio” (Mt 5, 8) “a faccia a faccia” (1 Cor 13, 12), saranno “simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1 Gv 3, 2).

Mentre, da una parte, ai “puri di cuore” viene promesso uno straordinario premio, d’altra parte, di quelli che vivono “secondo la carne”, soddisfacendo “i desideri della carne”, che cioè per natura sua si oppongono a quelli che vivono dello Spirito, San Paolo afferma che “non erediterà[nno] il regno di Dio” (cf. Gal 5, 16-21).

TEMPTATION

Le tre azioni per purificare il cuore

La lotta contro la concupiscenza carnale, e quindi per la purezza del cuore, passa attraverso: 1) la purificazione del cuore e 2) la pratica della temperanza (n. 2517).

il CCC menziona tre azioni per purificare il cuore: 1) la pratica della castità, di cui al sesto comandamento; 2) “la purezza d’intenzione, che consiste nel tenere sempre presente il vero fine dell’uomo […] per compiere in tutto la volontà di Dio”; 3) “la purezza dello sguardo, esteriore ed interiore”, e cioè “la disciplina dei sentimenti e dell’immaginazione; […] il rifiuto di ogni compiacenza nei pensieri impuri” (n. 2520). Tutto questo richiede uno sforzo per l’acquisizione del dominio di sé, che determina la libertà umana (cf. n. 2339).

La temperanza 

La temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore” (n. 1809). “Nel Nuovo Testamento [essa] è chiamata «moderazione» o «sobrietà»” (ivi).

“Preserva ì’intimità della persona”

Riguardo al nono comandamento, il CCC si concentra su una parte integrante della temperanza, ossia sul pudore che – assumendo forme che variano da una cultura all’altra (n. 2524) – è proprio orientato alla castità. Esso “preserva l’intimità della persona. […] Regola gli sguardi e i gesti in conformità alla dignità delle persone e della loro comunione. […] Suggerisce la pazienza e la moderazione nella relazione amorosa. […] Ispira la scelta dell’abbigliamento. Conserva il silenzio o il riserbo là dove traspare il rischio di una curiosità morbosa”. Il pudore quindi ci caratterizza per la modestia e la discrezione (nn. 2521-2522)

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