Se i social vi hanno annoiato, ecco un modo per distinguersi dalla massa: coltivare un angolino di internet dove poter essere davvero sé stessi.
Oggi tutti hanno un profilo su almeno un social network e tutti i profili sono, più o meno, uguali: lo spazio digitale si è uniformato e appiattito e tutti noi, alla fine, finiamo per somigliarci. Ma possiamo far rinascere la creatività con dei siti personalizzati che evitano il classico aspetto standard dei social media e dei blog. Di cosa sto parlando? Di veri e propri “giardini digitali”.
Il giardino digitale
Si tratta di un’evoluzione etica del blog tradizionale: uno spazio personale in cui poter riflettere, riunire i propri pensieri e dare forma alle proprie idee. Una sorta di luogo tranquillo lontano dalle tempeste fashion di internet e dal flusso dei feed social. L’espressione “digital garden” si riferisce a una scrittura e a una creazione che non si preoccupa del risultato del “pezzo forte”, in grado di far scalpore o generare like e consensi, quanto piuttosto del processo, della cura, dell’impegno necessari per riuscire a crearlo. Nel giardino virtuale il nostro interlocutore non è il grande pubblico di internet (come succede nei blog tradizionali), ma noi stessi.
Molte persone hanno iniziato a creare dei blog o dei siti in cui coltivare le proprie passioni “in modo artistico” e in cui poter parlare dei propri interessi: esistono pagine dedicate alla politica, all’arte, alla letteratura, al cambiamento climatico, ai libri, alla filosofia in cui gli utenti esprimono i loro gusti e condividono suggerimenti e strumenti utili. I due aspetti principali che accomunano tutti questi “angoli di internet” sono la libertà di utilizzare strutture e grafiche diverse e l’organizzazione del flusso delle informazioni grazie a link e tag creati appositamente.
Un ambiente diverso dai soliti social
Niente a che vedere con il format di Facebook, Instagram o Twitter. A differenza di questi luoghi standardizzati, qui non ci sono limiti imposti da altri, come una griglia predefinita, dei colori base, un numero massimo di caratteri da scrivere o layout di siti internet uguali tra loro.
Questi giardini digitali sono delle ancore di salvezza dal punto di vista creativo e psicologico, perché consentono un tipo di scrittura che permette di esprimersi senza preoccuparsi di quello che penserà la gente, proprio come accade in un diario personale. Questi diari digitali fanno anche esplodere la rigidità dell’ordine cronologico dei blog: in essi, infatti, le cose sono organizzate e ordinate, ma con un pizzico di caos e senza regole definite.
Siamo esseri pensanti che non creano associazioni solo in maniera temporale unendo pensieri presenti a memorie del passato, ma elaboriamo anche orizzontalmente e obliquamente, grazie ad associazioni inaspettate e con rimandi inconsci: il nostro cervello sa fare molto più che scrollare e basta. I giardini digitali dunque non sono blog (abbreviazione di “weblog”, termine che suggerisce una registrazione del pensiero con data e ora), e non sono una piattaforma di social media (le connessioni vengono stabilite, ma spesso solo attraverso il collegamento ad altri giardini digitali).
Tuttavia, bisogna ammettere che non sono così semplici da utilizzare come Facebook o Instagram: richiedono infatti praticità con il codice delle pagine e software appositi per creare le strutture delle informazioni. Come a dire: per essere creativi e originali bisogna impegnarsi un po’ di più.
Ma nonostante la loro maggiore complessità, i giardini digitali dimostrano la necessità che hanno molte persone di uscire dallo standard attuale del web, esplorando nuove soluzioni e adattando la tecnologia al pensiero umano (e non viceversa), per tornare a un web più eterogeneo e vitale.