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Cos’ho visto questa settimana alla Corte Suprema degli Stati Uniti

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Padre Patrick Briscoe - pubblicato il 06/12/21

L'esperienza di un sacerdote fuori dalla Corte Suprema mentre questa ascoltava le argomentazioni del caso Dobbs v. Jackson

Mentre lo Stato del Mississippi ha presentato un ricorso sostenendo che la sua legge del 2018 che bandisce l’aborto dopo 15 settimane di gravidanza è costituzionale, migliaia di persone si sono riunite davanti alla Corte Suprema a Washington, D.C. (Stati Uniti).

La folla rappresentava posizioni politiche divise quanto l’America. Mi è sembrato che i dimostranti pro-vita fossero sostanzialmente più numerosi di quelli a favore dell’aborto.

Quasi 40 donne pro-vita hanno parlato sui gradini della Corte, partecipando a un’iniziativa organizzata dal Procuratore Generale del Mississippi, Lynn Fitch. Ogni oratrice è stata una grande fonte di ispirazione. Queste donne hanno raccontato le loro storie e parlato della loro azione a favore della giustizia per i bambini ancora non nati, con argomentazioni che spaziavano dalla scienza moderna all’etica, e avevano profonde convinzioni religiose.

Mentre le oratrici pro-vita salivano sul palco, i sostenitori dell’aborto ingoiavano pillole abortive sui gradini davanti alla Corte per mostrare la loro convinzione per cui le pillole sono sicure e dovrebbero essere ampiamente disponibili.

Un contesto acceso

Mentre mi avvicinavo alla Corte indossando il mio abito domenicano, sono stato subito avvicinato dai sostenitori dell’aborto. “Tieni le tue **** mani giù dalla mia v*****!”, ha gridato una donna. “A***** religiosi come lei devono smettere di dire alle donne cosa fare con il loro corpo!”, ha urlato un’altra. Gli insulti erano espliciti e grafici, e la rabbia evidente.

Ho servito nel Nordest per anni, e non sono estraneo alle ingiurie gridate in strada. Comprendo la sfiducia e la rabbia che alcuni provano nei confronti dei sacerdoti, per via della vergogna derivante da alcuni comportamenti del clero americano nel passato recente; posso capire che la gente si senta tradita dai ministri della Chiesa e che possa rispondere in modo viscerale quando vede un sacerdote.

Soprattutto, sono abituato alla gente che dice che un sacerdote non deve parlare dell’aborto. L’opposizione religiosa all’aborto è solo una parte del motivo per cui sono pro-vita, visto che abbondano solide e convncenti argomentazioni scientifiche e filosofiche. Il dibattito sull’aborto, però, è spesso uno scontro tra credenti e non credenti, anche se questo è semplicemente lontano dalla verità. Ogni volta che vengo approcciato per il fatto di “imporre i miei punti di vista religiosi” sulle donne o sul dibattito sull’aborto, in genere offro un vago sorriso, dico una preghiera e vado avanti.

Ma non posso sorvolare su quello che ho visto mercoledì o su quante persone mi si sono rivolte in modo aggressivo. L’intero evento è stato più turbolento di qualsiasi protesta politica a cui abbia assistito in passato.

Mentre il mio sguardo spaziava sulla folla dei sostenitori dell’aborto, mi sono ritrovato a chiedermi come poter dire a quelle donne che sono amate. Le parole del Vangelo di quel giorno mi hanno colpito. Gesù ha detto ai Suoi discepoli: “Sento compassione per la folla”. Ho sentito le parole del Signore risuonare nel mio cuore, ma cosa potevo fare per far capire che c’è una via migliore? Come potevo dire che la libertà, il successo e la felicità di una donna non richiedono l’aborto?

La chiave: la compassione

La folla rappresentava il dibattito americano sull’aborto, che sembra intrattabile. Ci sono due schieramenti fissi con un abisso a dividerli.

Detto questo, è stata l’iniziativa più piena di speranza per la causa pro-vita a cui abbia assistito da anni. C’è un vero motivo per credere che la situazione legale potrebbe cambiare in modo sostanziale come risultato della sentenza del caso Dobbs v. Jackson.

Il che mi porta a iniziare a pensare a un mondo dopo la Roe. Per cosa saremo noti? Qual è la chiave per il movimento pro-vita da questo momento in poi?

Riflettendo sulla vita e sul punto di vista pro-vita di Dorothy Day, il cardinal O’Connor di New York ha scritto una volta: “Non ho mai condannato una donna che ha abortito; piango con lei e le chiedo di ricordare il dolore di Dorothy Day, ma anche di essere sempre consapevole dell’amore misericordioso e del perdono di Dio”. La nostra dimostrazione di misericordia e compassione è l’unica strada percorribile

Papa Francesco ha affermato: “Il dramma dell’aborto, per capirlo bene, bisogna stare in un confessionale”. Il Pontefice dice che consiglia alle donne di cantare ai loro bambini che sono in cielo. Attraverso quelle ninne nanne, quelle canzoni d’amore, può verificarsi una riconciliazione tra madre e figli. Il sacramento restaura le anime ferite per Dio, le ninne nanne possono unire le madri ai figli.

Quello di cui abbiamo bisogno è una grande riconciliazione. Dobbiamo combattere per la vita, sì, ma alla fine è per la grazia di Dio manifestata attraverso la nostra compassione che menti e cuori cambieranno.

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