Non è solo una questione di cibo
Incrociando la notizia del progetto Full Time Meals, pensato dallo chef inglese Tom Kerridge e dal calciatore del Manchester Marcus Rashford, ho ripensato al modo in cui faccio beneficienza. Spesso riduco quest'azione al gesto di "dare qualcosa" a chi ha bisogno. Efficace, veloce e mette in pace l'anima. E senz'altro le raccolte di beneficenza sono occasioni preziose, ci mancherebbe. Penso all'opera enorme che è la Colletta del Banco Alimentare (e che, nel tempo, infatti è andata ben oltre la semplice raccolta di generi alimentari per le famiglie indigenti).
Può esserci uno sguardo sul bisogno dell'altro che va oltre il gesto facile di dare un po' del nostro superfluo a chi non ha il necessario. Richiede più impegno, ci mette in rapporto con chi aiutiamo, forse cambia anche l'orizzonte dell'azione. Aiutando l'altro, vado a fondo anche dei miei bisogni.
Lo chef e il calciatore inglesi di cui vi racconterò il progetto hanno pensato che il tema del nutrimento non è solo questione di cibo, ma anche di gusto e rapporti. Mangiare è un atto di sostentamento, ma è anche un momento di condivisione e di piacere. Perché ridurre l'aiuto a chi è povero alla sola raccolta di generi alimentari? Perché non offrire invece la possibilità che il nutrimento sia davvero un'esperienza di bene condiviso?
E' un'idea che penso possa essere replicata, riadattata, creativamente ripensata anche a livello locale, nelle realtà benefiche di cui ciascuno è parte.
Lo chef e il calciatore
Anche nella ricca Inghilterra si parla di 4.2 milioni di bambini che vivono sotto la soglia di povertà. Questo dato ha messo in moto la creatività di uno chef stellato, Tom Kerridge, e di un calciatore famoso, Marcus Rashford. Lo spunto nasce proprio da quest'ultimo. Il 24enne del Manchester è infatti impegnato da tempo nell'ambito della solidarietà ai bambini vulnerabili. Per l'impegno profuso all'inizio di novembre è stato insignito dell'onorificenza che lo rende membro dell’Ordine dell’Impero britannico.
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Insieme a chef Kerridge è nato il progetto Full Time Meals. Letteralmente significa 'pasti che bastano per l'intera giornata'. Si può dire che sia una ricetta di sostegno alle famiglie indigenti che amalgama alcuni ingredienti indispensabili: in molti nuclei domestici in difficoltà si riesce a offrire ai propri figli un solo pasto al giorno, questo pasto deve essere nutriente, il bambino vuole mangiare qualcosa che gli piace.
Non è sufficiente dare qualcosa da mangiare a un bambino, se poi c'è una carenza di risorse è necessario che il sostentamento sia mirato a un giusto nutrimento, anche sano. E poi, perché il bambino povero dovrebbe privarsi del di più del gusto e della bellezza?
Dunque l'idea è quella di fornire alle famiglie tutte le istruzioni per mettere in tavola ricette a bassissimo costo che offrano un apporto nutriente adeguato al fabbisogno dei piccoli e il cui aspetto sia piacevole e gustoso. In effetti, un figlio non ha solo il bisogno di essere sfamato. La tavola è un'occasione di accudimento e affetto, di benessere anche psicologico.
Le competenze di uno chef aiutano sia dal punto di vista della salute sia del gusto. Mettere una madre in condizioni di offrire al proprio figlio un piatto che lo gratifica, anche se i mezzi di sostentamento sono pochi, è un altro aspetto importante.
Piatti alla portata di tutti
Il motto di questo progetto è "nessun bambino dovrebbe andare a letto affamato". Per sensibilizzare l'attenzione del pubblico a questo tema, Rashford e Kerridge hanno dato un volto social al loro progetto. Ogni settimana sul profilo Instagram di Full Time Meals viene proposta una delle 52 ricette messe a punto - per essere nutrienti, gustose, di spesa minima - e viene invitato un ospite VIP che si cimenta a prepararla. A riprova della semplicità e resa del piatto.
Non stupisce questa scelta, siamo ancora nell'era dei cooking show. Ben venga se per una volta questa forma di intrattenimento ha un orizzonte di respiro un po' più ampio dello sponsor a tappeto di prodotti culinari e pentole.
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Non di solo pane vive l'uomo
Incrociando la notizia di questo progetto benefico made in England i pensieri sono andati al Vangelo. Per la prima volta ho considerato la frase “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt, 4-1) da un altro punto di vista.
Ridurre l'aiuto ai poveri al dar loro un tozzo di pane è riduttivo in ogni senso. Il pane è il primo gradino di un nutrimento che non si riduce al cibo. Se uno chef stellato e un giocatore di calcio sono riusciti a dar vita a un'ipotesi creativa in cui la solidarietà è soprattutto creare un'esperienza di condivisione, oso dire - con un po' di sana fierezza - che il cristiano può creativamente giocare al rilancio.
Sul piatto c'è da mettere sempre il nutrimento dell'anima insieme a quello del corpo. Si possono creare tante semplici occasioni di aiuto alle famiglie indigenti che non siano solo un'offerta tecnica di materie prime. Attraverso la tavola Gesù ci ha educato, da Cana alla moltiplicazione dei pani e pesci fino all'Ultima Cena.
Forse, proprio andando a rileggere quei brani evangelici, può essere d'ispirazione per creare occasioni di condivisione. Chi vive la fatica di mettere in tavola qualcosa ogni giorno ha, come tutti, bisogno di rispondere a una sete e fame più grandi. Su tutte le tavole c'è sempre il bene intero di ogni persona.