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Lo sviluppo nei bambini: non solo deficit e normalità ma “neurodiversità”

NIEGRZECZNE DZIECKO

Photographee.eu | Shutterstock

Paola Belletti - pubblicato il 24/11/21

Sul numero di Novembre di BenEssere potete trovare un interessante approfondimento sui nostri bambini. Cosa significa doppia eccezionalità e che cosa si intende per neurodiversità?

La normalità nello sviluppo

Lo sappiamo bene, i figli sono tutti differenti e, insieme alla ricerca delle somiglianze con il resto della famiglia, noi genitori ci impegniamo nel vedere emergere le loro caratteristiche uniche, speciali, a volte addirittura eccezionali. Occorre in qualche modo lasciarsi guidare dalla meraviglia.

Sul numero di Novembre di BenEssere si affronta un tema di sicuro interesse per genitori ed educatori in genere: chi sono i bimbi cosiddetti “doppiamente eccezionali”?

I doppiamente eccezionali

Esistono bimbi che sono detti proprio così: twice exceptional.

Chi sono? Questa espressione, talvolta abbreviata in 2E, significa “doppiamente eccezionale” e si usa per indicare le persone, soprattutto i bambini, che da un lato presentano un disturbo dello sviluppo e dall’altro lato una qualche dote particolare come un’intelligenza elevata, una spiccata creatività o qualche peculiare abilità come la capacità di riconoscere velocemente dei dettagli in una scena o una memoria fuori dall’ordinario.

BenEssere, novembre p. 98

Quando si è mamme e papà si oscilla, alternativamente e a volte drammaticamente, nella ricerca di una rassicurante normalità, parametro utilissimo per comprendere e anche monitorare il cammino di sviluppo di nostro figlio, e il desiderio di scoprirne doti straordinarie. La normalità, che pure esiste, è però abitata dalla originalità di ciascuno. Lo è sempre anche quando non si tratta di patologie, disturbi o neuro diversità già catalogate.

Perché questi bimbi si dicono dunque eccezionali?

(…) perché si discostano dalla tipicità a motivo di una serie di difficoltà associate a disturbi quali l’autismo, il deficit di attenzione e iperattività (Adhd) o i disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, discalculia eccetera), ma eccezionali anche perché sono al di sopra della norma su altri versanti, come per esempio la curiosità, l’immaginazione, l’intuito, gli interessi extra-scolastici, la capacità di risolvere problemi o di comprendere situazioni complesse, il senso dell’umorismo.

Ibidem

Questo insieme contrastante di caratteristiche potrebbe essere letto come una semplice disarmonia che necessita di compensazione, di sforzi per normalizzare i tratti deficitari. Invece anche in questo caso l’approccio giusto è quello intero, olistico; un modo di leggere la persona abbracciandola nella sua integrità, nella sua unitarietà.

Può così capitare che un bambino abbia ridotte capacità di interagire con gli altri ma conosca tutti i modelli di tram che nel passato hanno circolato nella sua città. Oppure un bambino può essere molto lento e fare molti errori quando fa i conti, ma avere una grande capacità di visualizzare mentalmente ciò di cui sente parlare.

Ibidem

Questione di stile

Ciò che sta cambiando anche nella mentalità comune nei confronti di queste personalità è di non leggerli più come “modelli difettosi” dell’unico “abilitato a circolare”, ma come un modello diverso, con punti di forza e altri di debolezza.

Non si tratta di un mix di carenze da una parte ed eccellenze da un’altra parte. È invece un modo particolare di pensare e comportarsi che la doppia eccezionalità produce, uno stile particolare che ha i suoi limiti e le sue potenzialità. Torna pertinente a questo riguardo il concetto di “neurodiversità”: alcuni individui hanno un cervello “cablato” diversamente rispetto a ciò che tipica mente accade e quindi la loro attività
mentale segue delle strade differenti da quelle seguite dalla maggior parte
delle persone.

Ibidem

Trovare la chiave

Un rischio da evitare quando ci si trova davanti a oggettivi disturbi dello sviluppo è di cedere alla smania di straordinario a tutti i costi. Come a cercare, soprattutto come genitori, una sorta di compensazione a quello che quasi inevitabilmente, almeno all’inizio, viene vissuto come un fallimento nostro e una ferita per nostro figlio. Certo, ha questo disturbo ma in matematica eccelle. O in quello sport è il migliore di tutti. E se non lo fosse? E se sentisse su di sé il peso di aspettative che non è in grado di soddisfare?

Emergere o essere sé stessi?

Non c’è bisogno di emergere a tutti i costi o di meritarsi attenzione, oltre che con i deficit, anche con qualche picco di rendimento, almeno in un’area.

Ciò che aiuta a stare bene e a vedere fiorire i talenti di cui si è dotati (che sono un mondo talmente vasto da non bastarci una vita per scoprirli, nemmeno in noi stessi) è trovare la chiave giusta. Mi viene in mente San Giovanni Bosco, certo sto un po’ semplificando, però era un suo dono educativo trovare talenti anche dove sembrava ci fossero solo disastri e fallimenti. Chiediamocelo e chiediamolo davvero ai figli, nostri o che ci sono a vario titolo affidati, perché ogni adulto è chiamato ad educare: “Sai fischiare?”


Per esempio, nel caso della dislessia, a fianco delle carenze nella lettura appaiono dei punti di forza che il disturbo porta con sé. Secondo alcuni studiosi i soggetti con dislessia mostrano una particolare predilezione per quattro modi di usare la mente:

Ibidem

materialità, vengono facilitati se le informazioni da prendere in esame vengono presentate in una forma concreta, stimolando più sensi;

interconnessione, sanno combinare tipi diversi di informazioni in un’unica visione, collegare le cose tra di loro anziché suddividerle in categorie, costruirsi un quadro generale e stabilire rapporti tra gli elementi;

narrazione, sono abili nel costruire scene mentali partendo da frammenti di storie, esperienze, fatti;
rivelano una memoria di episodi particolarmente sviluppata; tendono a fare
esempi, raccontare aneddoti e storie personali;

dinamismo, sono particolarmente motivati da situazioni attivanti, che implicano cambiamento e possibilità di inventare e innovare.

Lo sguardo che ama prima di valutare

Ciò che conta, nella relazione tra genitori e figli ma anche in quelle sociali in senso più ampio, è lo sguardo.

L’altro non è i suoi deficit e nemmeno le sue doti, per quanto eccezionali siano. L’altro non è una risorsa ma è persona, dotata per questo di un valore incalcolabile, quand’anche fosse ridotto alle sue sole funzioni vitali di base. Non tanto inopportuno ricordarlo anche in questa sede e proprio ora che il dibattito è trascinato a forza su emergenze che non ci sono. La vita, qual ella sia, percorrerla convien fino all’estremo. Qualsiasi barchetta ci trovassimo in dotazione.

E ora mettiamoci al lavoro

Lo scopo ultimo è trovare le maniere adatte per orientare produttivamente quel particolare “cablaggio” cerebrale che si ha nella doppia eccezionalità per evitare la scissione tra la parte “deficitaria” e la parte “straordinaria” della mente, con il conseguente rischio che la prima abbia il sopravvento sulla seconda.

Ibidem

Non significa camuffare con eufemismi e giri di parole delle disabilità. E’ un vero e proprio invito a lasciare sempre prevalere, quando guardiamo noi stessi e l’altro e a maggior ragione i piccoli che ci sono affidati, la vera eccezionalità che tutti ci contraddistingue.

Per il resto, facciamo con impegno e senza scoraggiarci, con creatività e competenza, tutto ciò che è in nostro potere per aiutare, riabilitare, consolare, valorizzare.

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