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Perché questa croce di Hagia Sophia è speciale?

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John Burger - pubblicato il 23/11/21

L'arcivescovo greco-ortodosso d'America offre un dono importante a un vescovo cattolico romano come segno di unità

L’incontro autunnale della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB) la settimana scorsa è stato testimone di un bellissimo momento di fraternità – non solo tra gli oltre 230 vescovi riunitisi in presenza per la prima volta dall’inizio della pandemia di coronavirus, ma anche tra vescovi di Chiese del mondo cristiano ancora divise.

Al centro dell’incontro c’è stato un simbolo che dovrebbe unire tutti i cristiani: la croce di Cristo.

In un atto storico, l’arcivescovo greco-ortodosso Elpidophoros si è rivolto all’assemblea generale autunnale della USCCB, svoltasi a Baltimora dal 15 al 18 novembre. Elpidophoros è il primate dell’arcidiocesi greco-ortodossa d’America, ma ha partecipato in qualità di Presidente dell’Assemblea dei Vescovi Ortodossi Canonici degli Stati Uniti, accompagnato da vari primati di altre Chiese ortodosse del Nordamerica.

Elpidophoros, 53 anni, che di recente ha ospitato una visita del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I di Costantinopoli, il “Primus Inter Pares” della comunione ortodossa, è stato invitato a rivolgersi alla Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti dal presidente di quest’ultima, l’arcivescovo di Los Angeles José H. Gomez. 

Al termine del suo discorso di martedì, Epidophoros ha donato a Gomez una croce pettorale d’argento come segno di “affetto e apprezzamento”. La croce è stata realizzata a Istanbul e riprende uno dei monumenti più famosi della città, la cattedrale di Santa Sofia (Hagia Sophia).

“La croce, un dono personale dell’arcivescovo Elpidophoros, è ispirata alla croce giustiniana (nota anche come croce di Hagia Sophia)”, ha riferito ad Aleteiaun portavoce dell’arcidiocesi greco-ortodossa, che ha sede a New York. “È stata realizzata da un gioielliere cristiano ortodosso a Istanbul”.

Il vescovo greco-ortodosso, anch’egli originario di Istanbul, non si è mai riferito alla città con il suo nome attuale turco, usando invece quello storico di capitale dell’Impero Romano d’Oriente, Costantinopoli. Ha definito Santa Sofia, che da secoli non è più un luogo di adorazione cristiana ed è attualmente una moschea, “cattedrale universale della cristianità, la cattedrale della nostra unità”. Santa Sofia, che in greco significa Santa Sapienza, riferendosi al Logos, la Seconda Persona della Trinità, è stata sede dell’arcivescovo di Costantinopoli quando Oriente e Occidente erano ancora in comunione. Uno degli arcivescovi di Costantinopoli è stato San Giovanni Crisostomo, venerato sia dai cattolici che dagli ortodossi.

È a quella comunione che la Chiesa cattolica e quella ortodossa si sforzano di arrivare da decenni, ed Epidophoros ha offerto una panoramica del lavoro svolto da parte americana in questa lotta fin dai primi giorni successivi al Concilio Vaticano II.

È stato lo storico incontro di Gerusalemme – il luogo della Croce – tra il predecessore di Bartolomeo, il Patriarca Ecumenico Atenagora, e Papa San Paolo VI a promuovere il movimento ecumenico. L’incontro portò alla rimozione delle reciproche scomuniche del 1054, il cosiddetto Grande Scisma.

Epidophoros ha notato che la Consulta Teologica Ortodosso-Cattolica Nordamericana ha prodotto dal 1965 32 documenti, rapporti e dichiarazioni, alcuni dei quali, ha detto, sono diventati “veri riferimenti per i teologi a per le nostre Chiese per procedere insieme verso l’unità”.

I frutti di questo dialogo, ha sottolineato, non sono limitati al dibattito teologico. Ogni anno, l’Assemblea dei Vescovi Ortodossi Canonici degli Stati Uniti, insieme ai vescovi cattolici, offre la preghiera d’apertura alla Marcia per la Vita. Solo qualche mese fa, l’Assemblea dei Vescovi Ortodossi e la USCCB hanno redatto un amicus brief per il caso Dobbs v Jackson, che sfida la sentenza Roe v Wade e verrà affrontato dalla Corte Suprema il 1° dicembre.

Chiese sinodali

Elpidophoros aveva ascoltato un’altra presentazione alla Conferenza Episcopale martedì mattina, quando l’arcivescovo Christophe Pierre, nunzio papale negli Stati Uniti, ha sottolineato le speranza di Papa Francesco di guidare la Chiesa cattolica verso una maggiore “sinodalità”, un processo di decision-making che implica un profondo ascolto dello Spirito Santo e di persone con punti di vista diversi. La parola “sinodo” risuonerà sicuramente a un vescovo greco-ortodosso, visto che deriva dal greco (e significa “viaggiare insieme”) e perché le Chiese ortodosse sono Chiese sinodali, ovvero governate dai loro primati in comunione con il suo sinodo dei vescovi.

“Come cristiani ortodossi, siamo anche molto interessati al lavoro e all’iter del prossimo Sinodo dei Vescovi cattolico, in programma per l’ottobre 2023 e che affronterà il tema ‘Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione’”, ha affermato Elpidophoros nel suo discorso alla USCCB. “Durante questo periodo biennale, credo che ci sia spazio per far sì che i vostri partner ecumenici offrano input per il processo di preparazione. L’idea è stata di recente condivisa da Sua Eminenza il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani”.

“Sono convinto che il futuro e la missione dei rapporti cattolico-ortodossi negli Stati Uniti consistano nel continuare a testimoniare la presenza di Dio nel mondo, fedeli allo Spirito di Gerusalemme che abbiamo ricevuto come eredità”, ha proseguito Elpidophoros. “Il dialogo ecumenico porta in sé una dimensione sinodale che esplora il significato e la prassi della natura stessa della Chiesa e della missione. Sappiamo che il dialogo internazionale sta già esaminando la questione attraverso lo studio dell’interdipendenza tra sinodalità e primato [in riferimento al ruolo del vescovo di Roma]. Nel nostro contesto americano, in cui dedichiamo la nostra energia e il nostro tempo per condividere questo argomento importante e riflettere insieme, a tempo debito porterà frutto”.

Elpidophoros ha poi richiamato le parole del Patriarca Bartolomeo, pronunciate durante una visita del mese scorso al Consiglio Nazionale delle Chiese: “Il futuro del movimento ecumenico risiede nel ‘dialogo dell’amore’ attraverso la creazione di nuovi simboli e azioni comuni. Dobbiamo aprire il nostro cuore al linguaggio del dialogo. Questa è la condizione ultima per il ripristino dell’unità tra i cristiani”.

“Il nostro dialogo d’amore dovrebbe essere modellato dal dialogo e da un rapporto ispiratore tra i nostri primati: Sua Santità Papa Francesco e Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo. Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo è stato il primo arcivescovo di Costantinopoli ad assistere all’intronizzazione del Papa nel 2013. Condividono entrambi la preoccupazione per la protezione dell’ambiente naturale”.

Quando Elpidophos si è seduto, l’arcivescovo Gomez, ammirando la croce giustiniana, si è messa al collo la sua lunga catena, insieme alla sua croce pettorale. “Forse mi può insegnare” come indossarla, ha suggerito all’oratore, ringraziando poi l’ospite ortodosso per le sue parole ed esprimendo la speranza che possano continuare la loro amicizia e il loro rapporto “per il bene della Chiesa e del mondo”.

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