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Monia, autista Atac, ha soccorso un bimbo solo in strada di notte a Roma

AUTISTA ATAC, ROMA

Atac Roma | Facebook

Annalisa Teggi - pubblicato il 23/11/21

Infreddolito, in pigiama e in mezzo alla strada alle 5 di mattina. Un bimbo di 5 anni è stato riportato alle braccia della mamma grazie alla prontezza e premura di un'autista dell'Atac di Roma.

Ci sono tanti copioni tristi sul lunedì mattina e anche sul traffico di Roma. Ci ha pensato la nuda cronaca a stravolgere gli stereotipi e a scrivere una storia di imprevisti e provvidenza.

“Lo avrei portato a casa con me”, ha detto Monia, “amo i bambini e vedere quello scricciolo piangere, al buio e infreddolito è stata una stretta al cuore. Era il minimo che potessi fare”.

Da Facebook

A parlare è Monia, autista dell’Atac di Roma, che ieri mattina prestissimo si è imbattuta in una presenza insolita mentre guidava sulla linea 86: un bimbo in pigiama in mezzo alla strada. Piangeva. Che ci faceva lì? Cosa era successo?

Un bimbo solo in mezzo alla strada alla 5 di mattina

E’ una storia breve e a lieto fine, fatta di sguardi e gesti. E’ essenziale, racconta un’occasione di premura non calcolata e ci ricorda che il soccorso è una vocazione umana innata. Il fatto è stato condiviso sulla pagina Facebook dell’Atac di Roma:

Sono le 5.50 del mattino e la nostra autista Monia sta raggiungendo il capolinea di via Marmorale alla guida della linea 86. Il bus è vuoto. All’ultima curva gli si para davanti un bambino. È in mezzo alla strada, in pigiama e piange smarrito. Chiede aiuto. Monia arresta il mezzo, scende di corsa e lo prende in braccio. È bagnato e infreddolito. Vuole la sua mamma.

Ibid.

Via Marmorale, zona Nord di Roma. Un po’ lontano dal centro della grande metropoli, come un po’ lontano dal suo centro – la casa – si è trovato il bimbo smarrito. Potevano accadere molte cose spiacevoli – qui è la voce di madre apprensiva che ipotizza scenari brutti.

Invece è stata Monia a trovarselo davanti, mentre guidava un autobus vuoto un po’ prima dell’alba. E verrebbe anche da immedesimarsi in lei, al lavoro prestissimo di lunedì e in giro per una città ancora non affollata. Sono momenti in cui scappa qualche pensiero sulla giornata, apprensioni o semplice fatica nell’affrontare il solito tran tran.

Niente è più prevedibile di una linea del bus, solito tragitto e solite fermate. Ma è proprio dentro le solite faccende che entra la novità di un mondo vivo in cui il verbo accadere porta sempre delle sorprese. Su quella strada che, immagino, conosca a memoria, Monia ha visto un bimbo in pigiama … qualcosa di davvero inaspettato. Istintivamente, spontaneamente, naturalmente ha svestito i panni di autista e gli è andata incontro come una mamma.

Qui, diciamolo, il tocco dell’angelo custode è stato davvero magistrale, un accudimento puntuale e mirato.

Un brutto momento che è diventato un gioco

La nostra autista lo tranquillizza, lo porta a bordo e lo fa sedere sul cruscotto. Gli asciuga i piedini scalzi con l’aria calda del mezzo, lo copre con la sua giacca. Il bimbo si calma, ma ancora non riesce a spiegare come sia finito lì in strada. Dice di avere 5 anni e indica una via. Monia chiama il 112 e avvisa la centrale operativa. Il bambino piano, piano si tranquillizza e capisce che di Monia si può fidare. Per distrarlo, avanza di qualche metro con il bus, sul quale il piccolo non era mai salito: è curioso di capire a cosa servano tutti quei bottoni e quelle lucette.

Ibid.

Gli asciuga i piedini con l’aria calda del mezzo. Le grandi storie sono fatte di dettagli apparentemente piccoli come questo. La vulnerabilità si manifesta proprio dentro la cornice piccola di gesti che immediatamente sentiamo addosso a noi anche se sono capitati ad altri. E c’è anche qualcosa che ci riporta a quel canto natalizio che tutti conosciamo, al freddo e al gelo. C’è un bambino che compare all’improvviso nel buio e va scaldato. Il presepe è qui, nel mezzo del cammino della nostra vita.

E le mamme lo sanno bene, ai bimbi piacciono tantissimo le macchine grandi e pieni di luci (mio figlio mi raccontò con toni epici la gita alla materna alla caserma dei pompieri). Un volante enorme, tasti e luci: Monia è riuscita a mettere a suo agio il bimbo smarrito con quello che aveva a disposizione. Anche questo è uno sguardo consolante, e non così inconsueto. In mezzo a un’emergenza ci si accorge che le poche cose a disposizione possono diventare utilissime, molto al di là di quello che lo sguardo impigrito della consuetudine ci fa vedere.

L’autobus è diventato un nido caldo e insieme una fantastica astronave, tutto questo su una strada di Roma alle prime luci di un lunedì mattina.

BUS, NIGHT, STREET

Cos’era successo?

Perché quel bimbo si è ritrovato solo in mezzo alla strada? Nessuna storia di disagio alle spalle, semplicemente quell’imprevedibile eventualità che terrorizza ogni madre. A quanto pare il piccolo si è svegliato, ha aperto la porta di casa ed è sceso in strada. La mamma e la nonna lo stavano già cercando e sono arrivate sul posto poco dopo la segnalazione dell’autista che lo ha accudito.

Possiamo metterci a fare le pulci sul comportamento altrui, la tentazione viene sempre. Ma è vero che molto ci sfugge, anche quando cerchiamo di essere bravi genitori. Il mio elenco di errori madornali come madre è lungo e articolato. Immagino che una porta possa rimanere aperta, non chiusa a chiave. E siamo anche consapevoli che piccole sviste possono essere il preludio di eventi spiacevoli. Ne siamo terrorizzati, a dire il vero.

La cronaca di oggi ci fa stare su questo pezzo, sull’essere parte di una comunità reale. Per una volta quel muro di indifferenza e ostilità reciproca è stato infranto. Una mamma ha soccorso e accudito il figlio di un’altra madre che non conosceva. Potrebbe essere scontato, essendo coinvolto un bambino, ma non ne sarei così sicura. Il nostro campo visivo si è enormemente ridotto, lo zoom è sempre più centrato su di noi.

Ieri, nella grande città di Roma, gli affari di una famiglia sono diventati pubblici e hanno incontrato un’occhio altrettanto familiare. Conserviamolo nel cassetto della memoria. Perché ci sono casi in cui è davvero difficile amare il prossimo come se stessi, e spesso questi casi estremi sono la scusa perfetta per defilarci da quel comandamento (scritto innanzitutto nel cuore) anche quando è davvero semplice e immediato. Monia stava lavorando, era al suo posto e si è fermata per fare quello che c’era bisogno di fare: riportare un bimbo smarrito tra le braccia della mamma, offrendo le proprie braccia come appoggio in attesa della vera consolazione.

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