Ormai lo abbiamo capito: il contesto sociale dei giovani (ma non solo) si espande, oltre la vita reale, anche a una seconda vita virtuale. Dunque i social network sono un supporto fondamentale per la loro interazione sociale. Il rischio dell’uso continuativo della rete, però, è il non saper gestire questa seconda realtà che, a volte, diventa più fagocitante di quella in cui vivono concretamente ogni giorno. Come può la scuola supportare le famiglie?
Bombardati da stimoli costanti
Il pericolo è sempre quello di perdere di vista non solo i compiti quotidiani, la routine di ogni giorno, ma anche l’interazione faccia a faccia con l’altro e l’importanza del fermarsi, dello “stare nella noia”. Il costante bombardamento di stimoli a cui sono soggetti i ragazzi non concede loro di staccare la spina, affamati come sono di eccitazione ed euforia che, spesso, sfocia nell’aggressività (riversandosi su coetanei e genitori) e nel cyberbullismo. La scuola, con l’aiuto della famiglia, ha di fatto la facoltà non solo di prevenire comportamenti violenti, ma di rendere i giovani consci dei rischi e delle insidie che un contesto sconfinato e incontrollato come quello della rete è in grado di presentare quotidianamente, educando ad affrontare e a prevenire spiacevoli conseguenze.
In rete tutto è lecito
Purtroppo è passato questo pericoloso messaggio: in rete tutto è lecito e destinato a rimanere impunito. Si può essere chiunque, si può dire e fare qualunque cosa, tanto rimane nell’etere, in un mondo virtuale a parte: celati dietro a uno schermo, tutto è legittimo e privo di ripercussioni per sé e per gli altri. Quello di cui ci si rende poco conto, però, è che quel mondo virtuale e i dati (le parole, i video, le immagini) che vi abbiamo inserito, non spariranno mai.
La fragilità degli adolescenti, poi, rende la situazione ancora più problematica, perché terreno fertile per i social network che, con i loro messaggi, tendono a inglobarli in una massa omologata e fagocitante. Spesso, poi, vittime di gogne mediatiche a cui reagiscono male, vengono bersagliati dai giudizi altrui e invasi da un’ansia da prestazione difficile da sostenere e gestire. È dunque necessario che i genitori siano in grado di sostenere e anticipare il malessere dei ragazzi, così come la noia e la solitudine, compensate proprio dall’utilizzo smodato di uno smartphone.
Abituati a osservare gli adulti immersi nello schermo di un pc, di un tablet o di un telefonino di ultima generazione, anche gli adolescenti tendono a isolarsi, cercando considerazione altrove, ed esternando, seppur in maniera indiretta, il desiderio di essere e sentirsi ascoltati, compresi e considerati.
Che cosa c’era prima di internet?
Spesso si dimentica che lo smartphone, via d’accesso tra le più comuni per i social network, sia stato concepito per un pubblico adulto, e non come piacevole passatempo per bambini e adolescenti.
Complice l’avvento di tecnologie sempre più innovative, i ruoli hanno finito per capovolgersi, e ad oggi proprio i genitori non sembrano particolarmente preparati per accompagnare i figli nella “vita digitale”. I genitori, invece, hanno il compito e il dovere di comprendere loro stessi per primi il mondo digitale e i social, senza rimanervi “intrappolati”.
Bisogna altresì ricordare che i giovani non sanno che cosa c’era prima di internet e dei cellulari. Non conoscono il mondo precedente, un mondo in cui l’unica interazione con l’altro era quella reale, quella vera. Impossibile per i ragazzi immaginare una realtà priva di virtuale, priva di social network. Assurdo per noi, che invece abbiamo vissuto in un mondo senza, comprendere davvero la loro forma mentis e le loro difficoltà, che sono frutto della realtà anche virtuale che vivono.
Social network e sicurezza online. Soluzioni?
L’utilizzo distorto della tecnologia, e di conseguenza dei social media, è strettamente legato all’educazione: non dipende pertanto dalla tecnologia in sé e per sé. Vietare l’uso dei social non rappresenta una soluzione educativa, in quanto tende a sortire l’effetto opposto, suscitando negli adolescenti il desiderio di trasgredire. Meglio invece puntare su applicazioni volte a garantire la sicurezza informatica, monitorando ciò che accade sullo smartphone, e rilevando eventuali minacce, segnalate acusticamente al genitore.
Bisognerebbe poi ricordare che dovrebbero essere le stesse piattaforme social a regolamentare l’uso da parte dei giovani: in Italia un minore di 14 anni non potrebbe acconsentire validamente al trattamento dei propri dati personali, necessitando dell’autorizzazione del genitore o del tutore legale nella sottoscrizione di quello che è a tutti gli effetti un contratto.
La scuola dovrebbe promuovere l’uso della rete a scopo prettamente divulgativo e informativo, palesandone i vantaggi a livello educativo, responsabilizzando gli adolescenti su quelle che possono rappresentare delle vere e proprie minacce, e incitandoli ad assumere un comportamento rispettoso qualora sussistano relazioni sociali, anche se di tipo virtuale.
Parlare con gli adolescenti, educarli all’uso consapevole della rete e dei social, illustrando quelli che possono essere i principali rischi legati al furto di identità, di materiale video e fotografico e dei dati personali, e impartendo loro insegnamenti legati al concetto di rispetto ed educazione. Far capire loro che isolarsi all’interno di una realtà virtuale non fa altro che pregiudicare tutte le piacevoli opportunità date invece dalla vita reale, rappresenta senza dubbio un utile stimolo al prediligere esperienze concrete, educative e costruttive che possano arricchire positivamente il proprio “bagaglio esperienziale”, senza doversi esporre a inutili rischi.