Rendere ragione della speranza
Ho un ricordo nitido dell'infanzia: mio nonno che pesava su una grande bilancia a due piatti le verdure e la frutta raccolta nel campo. E faceva così: metteva prima - diciamo - i pomodori su un piatto e questo si abbassava fino a toccare terra; poi aggiungeva uno alla volta dei pesi sull'altro piatto. Pian pian il piatto dei pomodori si sollevava finché entrambi erano in equilibrio.
Noi saremmo gravati a terra come quei pomodori, se il peso della presenza viva di Cristo non ci sollevasse mettendosi sull'altro piatto della bilancia.
Il Suo peso, la Sua Presenza incarnata, ci solleva da tutto il nostro peso mortale. E il parallelo con la bilancia di mio nonno finisce qui. Perché con Cristo non si arriva a un equilibrio, ma a un benedetto squilibrio. Il peso della sua Incarnazione si è piantato giù fino in fondo nell'umanità, e così ha sollevato 'il nostro piatto' fino al cielo.
Questa è l'immagine che ho negli occhi alla fine della lettura de Ritorna il Re. La libertà del vero e la dittatura del politically correct, un libro che raccoglie 6 catechesi degli amatissimi 5 passi al Mistero di Padre Maurizio Botta. Tra le righe traspare netta l'obbedienza di Padre Maurizio a quel Rendete ragione della vostra speranza (dalla Prima Lettera di Pietro).
Il cuore dell'uomo al cospetto del Re
Il Bene, la Giustizia, la Verità, la morte. Sono passi essenziali nel cammino della vita quelli messi a tema in ciascuna delle catechesi proposte. Sono i cardini della nostra struttura umana e rischiano di andare alla deriva nel mare dell'istintività e dell'ideologia se la nostra anima lascia che la sua unità di misura sia il pensiero dominante o l'abbaglio di non avere altro Dio all'infuori di sé.
Lo ripeteva anche Don Giussani, la fede cristiana si fonda su una pretesa. Chi sei Tu Gesù? Questa è la domanda che ci chiede di prendere una posizione. O è un matto megalomane, o è davvero Figlio di Dio. Ciascuna posizione è lecita, non sono lecite le soluzioni edulcorate (era un grande maestro, era una figura carismatica, ecc...). Se la nostra risposta è riconoscerlo Figlio di Dio, allora, come afferma Padre Maurizio,
Cosa ci guadagna un uomo quando entra nel regno di questo Re? Cosa accade quando sulla bilancia della nostra vita si mette come contrappeso dei nostri desideri e delle nostre ansie la Presenza viva di un Re che ha servito l'uomo fino a morire per ciascuno?
Tra gli spunti che ho trovato in queste pagine ricche di chiarezza e speranza, mi limito a condividere 3 dei passi che ho fatto, o meglio 3 spinte che hanno scosso la mia pigrizia e ignavia.
1 I sadici siamo noi, non Dio
Prima di venire a tavola, lavati le mani. Non buttare le cartacce per terra. Noi storciamo un po' il naso di fronte alle regole (per usare un eufemismo). C'è sempre l'idea che la regola ci privi di qualcosa, che riduca le possibilità e dunque la libertà. Che libertà è, poi, mangiare con le mani sporche?
E' libero l'uomo che desidera la donna d'altri?
Spesso adulteriamo la libertà riducendola a qualcosa di istintivo che finisce per sporcare le cose belle. C'è una capriola da fare di fronte a quelle strane regole che osano portare il nome - addirittura - di Comandamenti. Per godere del bello e del buono, che è scritto nel nostro cuore, occorre lavarsi mani e occhi. I Comandamenti sono il benvenuto di Dio nel suo regno, un posto dove finalmente possiamo liberarci delle zavorre che ci impediscono la corsa libera verso la felicità.
Non c'è un Dio cattivo che impone regole, restringe il nostro campo d'azione e tiene conto delle volte che sgarriamo. Fuori dai Dieci Comandamenti c'è la vera dittatura terribile, quella del nostro sadismo (la presunzione di farcela da soli, di essere alfa e omega di ogni scampolo di realtà). Recentemente mi sono trovata a ripetere Non avrai altro Dio all'infuori di me con una gioia inaspettata. Perché è liberante accorgersi che se è Dio che regge tutto, allora il mio egoismo isterico e iroso può essere mandato via con un bel calcio nel sedere.
Se i Comandamenti segnano una specie di linea di frontiera non sono però il varco per entrare in un regno di regole formali da seguire, sono l'ingresso nel posto più libero che esista: l'abbraccio di Dio che fa piazza pulita della pesante dittatura delle nostre angosce, dei nostri pruriti, dei nostri tornaconti.
2 La prima forma di ingiustizia è dentro di noi
Questa è la fotografia della nostra attualità, siamo assediati da ingiustizie che ci chiudono lo stomaco e fanno montare una rabbia viscerale. Naturale che sia così, il bisogno di Giustizia è scritto dentro di noi. Ed è proprio su questo tema che varrebbe la pena girare la telecamera in modalità selfie. Siamo eccellenti nell'arte di elencare le ingiustizie che subiamo. Il mondo dell'informazione calca la mano su questo istinto. Più arduo è accorgersi che l'ingiustizia ci abita dentro.
Sì, il seme dell'ingiustizia è prima di tutto piantato in noi. E' il peccato originale. Chesterton - che Padre Maurizio ama molto - sosteneva che ogni ragionamento lieto sull'uomo comincia riconoscendo la presenza del peccato originale. Questo è il selfie coraggioso che dovremmo scattarci ogni mattina. Su For Her lo abbiamo ripetuto spesso, perché è fonte di gioia ricordarselo: la vera ecologia integrale parte riconoscendo che il nostro io è il primo sito inquinato.
Perché è fonte di gioia? Rispondo con le parole di Padre Maurizio che ho evidenziato con mille colori nel libro e che mi sono precipitata ad appuntare subito sulla copertina della mia agenda.
Che meraviglia dare alla vita questa cornice: una camminata di confessione in confessione (un'ablatio, un'opera di rimozione - suggerisce Botta rifacendosi a Papa Benedetto - in cui lo Spirito ci modella come uno scultore, togliendo via via le scorie).
3 La vita non è un fatto privato
Nel mezzo del cammin di nostra vita. Forse continueremo a capire sempre meglio quanta luce contiene questo verso che tutti sappiamo a memoria. Solo la grande dittatura del triste nichilismo contemporaneo ci ha convinti che la vita sia mia o tua o sua. Il cristiano ha il compito meraviglioso di poter disintegrare questa pessima bugia. Dante è essenzialmente cristiano quando ci ricorda che io è sempre una prima persona plurale. L'io è relazione. Gesù è l'amicizia coi suoi Dodici. Padre Maurizio lo spiega in modo chiarissimo:
Questa evidenza è una grossa pietra di paragone per la nostra libertà. Vivendo non rispondo solo a me stesso. Amare gli altri come se stessi significa anche che si può amare se stessi solo stando in relazione con gli altri. E questo è uno sguardo capace di illuminare due zone opposte e molto buie. Quella del peccato innanzitutto, la menzogna di chi dice, ad esempio: che male faccio se faccio uso della pornografia da solo a casa mia?
Risponde Padre Maurizio:
Ma illumina anche quella zona d'ombra in cui si vorrebbero relegare gli scarti dell'umanità, malati, disabili, anziani. Che queste presenze siano ben visibili non è un nostro atto di carità nei loro confronti, sono loro che fanno un dono a noi. Chiede Padre Maurizio:
Questo è il peso di Cristo nella nostra vita. E' la speranza che si fa sostanza e compagnia proprio perché s'innesta sul nostro male e sul nostro nulla, non li aggira edulcorandoli.