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Spiritualità
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Nella preghiera siamo sempre dei principianti

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etonastenka | Shutterstock

Jacques Gauthier - pubblicato il 16/11/21

L’orazione – spiega il poeta e saggista Jacques Gauthier – è una meravigliosa avventura in cui non sempre abbiamo bisogno di parole. La verità è che dobbiamo incessantemente re-imparare a pregare, lasciando che lo Spirito santo preghi in noi.

Quando si tratta di pregare, siamo incessantemente all’inizio, perché non sappiamo pregare. Di fatto, siamo sempre dei principianti nella preghiera, progrediamo con lo Spirito santo che prega in noi, che viene in aiuto alla nostra debolezza, che ci aiuta a stare in piedi sui sentieri vergini della preghiera del cuore, dell’orazione silenziosa, della contemplazione soprannaturale. 

La preghiera è un elemento costitutivo dell’essere umano. Presente nelle diverse civiltà, essa provoca una parola che esprime le  credenze e i desiderî, spesso in maniera poetica e simbolica. Essa rivela la nostra aspirazione profonda a entrare in relazione con un essere trascendente che chiamiamo Dio. 

Dalle preghiere alla preghiera 

Quale è stata la prima preghiera dell’umanità? Di domanda o di lode, personale o comunitaria, attorno al fuoco o al momento della morte? Non lo sappiamo. Le preghiere attraversano i secoli e le culture, che a loro volta le influenzano. Esse risuonano nell’immensa cattedrale del tempo e dello spazio. Ma la preghiera non ha sempre bisogno di parole per essere detta: essa risuona anche nel silenzio. Si passa dalle preghiere alla preghiera, dalle parole convenute allo sguardo amoroso di una presenza interiore. Tale è l’orazione, chiamata anche preghiera interiore o preghiera contemplativa, che si vive nell’insondabile fondo del cuore, dove dimora Dio. Teresa d’Avila parla dell’orazione come di una conversazione amichevole, nella quale ci si intrattiene da soli a soli con Dio, dal quale ci si sa amati. Ci volgiamo verso il Padre, il Figlio e lo Spirito e prendiamo la decisione di vivere un momento di orazione ogni giorno, costi quel che costi. La comincio sempre con un atto di fede: «Signore, tu sei qui, presente in me. La mia preghiera sia come tu la vuoi. Te la offro con tutto il mio amore e la mia fiducia». 

Lo scopo dell’orazione è l’unione con Dio, senza ricercare i bei pensieri e le consolazioni. I metodi che rilassano il corpo e/o concentrano lo spirito con una parola-preghiera possono renderci più attenti al Signore, ma restano sempre e solo dei mezzi. Anche il silenzio e il raccoglimento non sono dei fini in sé, poiché Dio è al di là di ogni pensiero, di ogni sentimento e di ogni metodo. L’importante è voler orientare la nostra libertà verso il Signore amandolo, intendere assimilare a Lui tutto il nostro essere e perseverare in tale proposito. Il Signore guarda più l’intenzione del nostro cuore che l’attenzione al suo mistero, che varia di giorno in giorno. 

L’intenzione del cuore 

L’essenziale dell’orazione risiede nell’intenzione fondamentale del cuore: volere ciò che Dio vuole, impegnare la nostra volontà a pregarlo nel silenzio, malgrado la noia e l’aridità, lo scoraggiamento e le distrazioni. Non si tratta di fare il vuoto, ma di comunicare con Cristo nella fede, in risposta alla sua parola: «Come il Padre ha amato me, così anche io ho amato voi. Restate nel mio amore» (Gv 15,9). Gesù è il centro, l’unificatore, l’amico fedele. Egli prolunga in noi la sua preghiera filiale al Padre: «Padre Nostro…». 

Sì, siamo sempre dei principianti nella meravigliosa avventura dell’orazione. Essa permane primordiale in fondo a noi, come in gestazione da parte dello Spirito, come si direbbe di un’opera d’arte in divenire. Non abbiamo mai finito di nascere all’amore di Cristo. La sua luce rimonta dalle profondità più recondite dei nostri corpi battezzati. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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