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Quella volta che san Martino… domò un incendio (3/3)

SAN MARTIN DE TOURS

Shutterstock | Zvonimir Atletic

Anne Bernet - pubblicato il 11/11/21

L’11 novembre i cristiani festeggiano san Martino di Tours, il militare misericordioso di cui nella sola Francia circa 500 chiese portano il nome. Aleteia vi racconta tre disavventure attraversate vittoriosamente dall’ex militare: la terza riguarda una visita pastorale che rischiava di finire male assai.

Una sera degli anni ’480, quando (ormai da molti anni) Martino era vescovo di Tours, e mentre il presule completava la sua visita pastorale, il parroco del villaggio in cui il pastore stava passando la notte, desideroso di alloggiare al meglio il suo superiore, gli fece approntare un letto nella stanza più bella (nonché l’unica riscaldata) del suo presbiterio. Si era infatti a gennaio, e il freddo era terribile. 

Martino, abituato a una vita spartana, era stizzito dalle sollecitudini ma, non volendo ferire il suo ospite, non disse nulla e si limitò appena, una volta rimasto da solo in camera, ad ammucchiare in un angolo i drappi, le coperte e i cuscini, il materasso e tutti gli altri comfort, per dormire secondo le proprie abitudini sul duro pavimento. 

Solo in mezzo alle fiamme 

Non prestò però attenzione, mentre disfaceva il giaciglio, al cattivo stato della pavimentazione della stanza: installato in un’antica villa romana, il presbitero godeva ancora di un sistema di ipocausto, l’antenato del riscaldamento pavimentale. Se la casa non fosse stata tanto vetusta, le tubature sarebbero state in buono stato, ma in quella casa tanto poco manutenuta bisognava accontentarsi di accendere il fuoco sotto la parte di pavimentazione che si voleva scaldare. E si era infatti proceduto proprio così. 

Ora, nel punto in cui Martino aveva accatastato drappi, coperte, cuscini e materassi, il pavimento era sconnesso e, mentre quello dormiva il fuoco, mal sorvegliato, s’attaccò a quegli oggetti facilmente infiammabili. Il calore e il fumo soffocanti svegliarono Martino verso mezzanotte e, appena quello comprese che la camera andava a fuoco, reagì come chiunque avrebbe fatto in un caso analogo: corse alla porta e tentò di aprirla per fuggire. Benché però sentisse il chiavistello fra le dita, la porta non si apriva: che fosse per accidente o per dolo, il fatto andò così. Allora Martino chiamò aiuto… e nessuno accorse… Com’era possibile che non lo si sentisse, che non si sentisse odore di bruciato, che non si vedessero le fiamme? 

Il segno della Croce 

All’improvviso, tornando in sé e dominando il ben comprensibile panico, il vescovo fece un mezzo giro su sé stesso: quel che accadeva, a dispetto delle banali cause naturali, aveva qualcosa di preternaturale. Era il diavolo, suo vecchio nemico, che tentava di ucciderlo e di perderlo, e per colpa di Martino, perché era stato un peccato di orgoglio quello fatto prima di dormire, quando per accanirsi nella penitenza il Vescovo aveva mandato all’aria la biancheria per sfogare i nervi, mancando di carità e disprezzando le attenzioni del suo ospite; inoltre poi con le reazioni di panico in luogo del calmo affidamento alla Provvidenza, Martino aveva mancato di fede. 

Tornato al sangue freddo, e benché le fiamme già gli lambissero il corpo, Martino si inginocchiò, imperturbabile, e fece verso il braciere il segno della Croce. Ed ecco quel che racconta Sulpizio Severo, suo biografo: 

Appena riprese il vessillo della croce e le armi della preghiera, il centro dell’incendio si allontanò ed egli sentì le fiamme come una rugiada, dopo aver già fatto esperienza del loro nocivo bruciore. 

Giunsero finalmente i soccorritori, a loro volta nel panico da quanto erano convinti di trovare morto il Vescovo: lo trovarono invece in ginocchio in mezzo a un incendio contenuto e ormai incapace di nuocere. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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