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È vero che Gesù ha lodato l’amministratore disonesto?

Parábola do administrador desonesto

Marinus van Reymerswaele, Public domain, via Wikimedia Commons

Francisco Vêneto - pubblicato il 11/11/21

No! Ecco il senso di questa parabola polemica del Vangelo

Nel Vangelo secondo San Luca (16, 1-8), Gesù racconta ai discepoli una parabola la cui interpretazione suscita in genere una certa polemica: è proprio vero che Gesù ha lodato l’amministratore disonesto?

Ecco cosa dice la parabola:

“Un uomo ricco aveva un fattore, il quale fu accusato davanti a lui di sperperare i suoi beni. Egli lo chiamò e gli disse: “Che cos’è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché tu non puoi più essere mio fattore”. Il fattore disse fra sé: “Che farò, ora che il padrone mi toglie l’amministrazione? Di zappare non sono capace; di mendicare mi vergogno. So quello che farò, perché qualcuno mi riceva in casa sua quando dovrò lasciare l’amministrazione”. Fece venire uno per uno i debitori del suo padrone, e disse al primo: “Quanto devi al mio padrone?” Quello rispose: “Cento bati d’olio”. Egli disse: “Prendi la tua scritta, siedi, e scrivi presto: cinquanta”. Poi disse a un altro: “E tu, quanto devi?” Quello rispose: “Cento cori di grano”. Egli disse: “Prendi la tua scritta, e scrivi: ottanta”. E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con avvedutezza; poiché i figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce”.

A prima vista, molti possono pensare che Gesù lodi la disonestà dell’amministratore. In realtà, afferma solo che l’uomo ricco della parabola dice di ammirare la furbizia del suo funzionario. Lo stesso uomo ricco, inoltre, non ammira la disonestà in quanto tale, ma l’astuzia dell’impiegato nel coltivare favori che gli saranno utili quando avrà bisogno dell’aiuto altrui. Quello che commenta Gesù è che “i figli di questo mondo sono più avveduti dei figli della luce”.

Cosa significa?

In primo luogo, vuol dire che il problema non è l’astuzia. Gesù lamenta praticamente che i figli della luce non si mostrino scaltri come dovrebbero essere. Non è l’astuzia che rende qualcuno “figlio di questo mondo”. È del tutto possibile essere un figlio della luce astuto anziché ingenuo.

Figli del mondo o figli della luce

Ciò che distingue i figli del mondo da quelli della luce è il proposito per il quale impiegano la loro astuzia. I figli del mondo la usano a beneficio proprio, anche pregiudicando il prossimo o facendo favori con secondi fini, come nel caso dell’economo disonesto della parabola di Gesù. I figli della luce devono usare la loro intelligenza, perspicacia e furbizia per fare ancor di più il bene a un numero sempre maggiore di persone, senza per questo dover agire contro la propria coscienza.

Vari commentatori di questa parabola ritengono che il nucleo del messaggio risieda nel fatto che di fronte a una situazione difficile l’amministratore disonesto pensa e agisce rapidamente per risolvere il suo problema anziché lamentarsi a causa della avversità. Non si abbatte né si angoscia, ma pensa a modi per superare la questione. È un peccato che opti per una strategia disonesta anziché usare la sua astuzia per il bene.

È una lezione fondamentale per i cristiani: mentre le persone disoneste non si lasciano abbattere dalle difficoltà ma si reinventano per continuare a perseguire i propri propositi, si può dire lo stesso dell’atteggiamento delle persone che si dicono buone? O lo stato di ingiustizia che vive l’umanità non è dovuto in buona misura allo scoraggiamento e al desistere dei giusti?

Spetta ai giusti, insomma, chiedersi se i figli di questo mondo non sono più perseveranti nel perseguire le loro mete egoistiche dei figli della luce riguardo alle loro mete fraterne.

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