Secondo quanto ha potuto constatare Aleteia, le informazioni sull'interruzione del processo di gravidanza circolavano già in modo non ufficiale venerdì 5 novembre, ma il giorno dopo sono diventate pubbliche.
Il caso della bambina di 11 anni incinta dopo essere stata violentata dal padre del patrigno a Yapacaní ha avuto un luogo un nuovo capitolo nelle ultime ore con l'interruzione del processo di gestazione.
Media locali come El Deber segnalano che il bambino è nato vivo e pesava 500 grammi. Sapendo era poco probabile che il piccolo potesse sopravvivere, in Bolivia non sono state rese note ufficialmente fino a sabato pomeriggio notizie sullo stato di salute né della bambina né di suo figlio.
Lo sviluppo delle ultime ore è arrivato dopo che la bambina era stata trasferita da una casa di accoglienza legata alla Chiesa a Santa Cruz a un altro luogo per una valutazione medica e psicologica. Il Ministero della Salute della Bolivia ha annunciato che la misura sarebbe stata eseguita da un'équipe di professionisti in un altro luogo.
Un caso complesso e delicato che richiede preghiere
La situazione è complicata, e il caso di questa bambina innocente è lungi dal terminare, da un lato per tutto quello che comporta il fatto di affrontare quello che ha subìto, dall'altro per la denuncia della difesa della madre della bambina per via del parto prematuro.
Si fa anche riferimento ad aspetti come pressione, persecuzione e violazione dei diritti.
“Non è abortendo, non è promuovendo la morte che si risolve un problema di indole sociale di protezione dei diritti fondamentali delle persone”, ha detto l'avvocato della madre della bambina, Giovanni Cabello, parlando con Aleteia.
“Questa innocente è evidentemente giunta in condizioni estreme. Oggi sappiamo che non è stata protetta la sua vita ogni volta che era in condizioni di continuare ad avanzare in questo processo di gestazione, e che la persona colpita direttamente, in questo caso la vittima, la mamma, voleva proseguire fino alla nascita di questo bambino”.
L'avvocato ha aggiunto ha aggiunto che ciò che ha detto la mamma era a suo avviso di “una saggezza naturale”: “Fare altro male? Provocare altri danni? Perché?”
La decisione era andare avanti con la gravidanza
Prima di tutto questo, come hanno confermato ad Aleteia fonti legate alla Chiesa in Bolivia, la bambina e sua madre avevano deciso di portare avanti la gravidanza. Sua madre, insieme ai suoi avvocati, aveva anche presentato una richiesta di misure cautelari presso la Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH).
“Chiedo urgentemente alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani che si ordini allo Stato boliviano, come misura cautelare, di assicurare che si ponga fine ai tentativi della Defensoría del Pueblo, e di qualsiasi altro organismo pubblico e privato, di invertire l'opinione e la decisione (della bambina) di non concretizzare l'aborto e la morte del... bambino che porta dentro”, indicava parte del documento.
Nelle ultime ore c'è stata la svolta, un aspetto che non fa che rafforzare le preghiere di fronte a tante difficoltà. “Cos'ha subìto la bambina? Una nuova vittimizzazione in cui lo Stato ha leso una volontarietà che aveva espresso insieme a sua madre. Dal momento in cui entrano in un altro luogo si porta avanti quello che oggi sappiamo. Non abbiamo il dato sicuro, ma certamente nelle prossime ore le autorità dovranno fornire informazioni sicure e veritiere”, ha indicato Cabello a Aleteia.
L'avvocato ha anche espresso un chiarimento circa la legislazione vigente in Bolivia riguardo all'aborto. “In Bolivia l'aborto è un crimine ed è tipicizzato in quanto tale nel Codice Penale, come ratificato dalla sentenza costituzionale 206/2014. Allo stesso tempo, però, ci sono motivazioni che esimono dalla responsabilità, questione stabilita nel Codice Penale come ‘Aborto Impune'”, ha concluso.
Giornata in “difesa della vita”
In questo contesto, l'arcidiocesi di Santa Cruz ha emesso un appello a una celebrazione e al tocco delle campane in “difesa della vita” domenica 7 novembre nell'atrio di tutte le chiese.
È stato anche diffuso un comunicato dalla Conferenza Boliviana del Clero Diocesano in cui sono state offerte dichiarazioni a favore della vita (cfr. qui).
Negli ultimi giorni, il caso di questa bambina, che continua a suscitare scalpore in Bolivia e che ha varcato i confini nazionali, aveva anche portato ad aggressioni contro varie chiese in diverse località.