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Il metaverso e i suoi possibili impatti sulla pratica della fede

VIRTUAL REALITY

G-Stock Studio | Shutterstock

José Miguel Carrera - pubblicato il 05/11/21

In che modo la rivoluzione nel modo in cui interagiamo con il mondo può influenzare il nostro rapporto con il sacro?

Ormai lo saprete: la Facebook Company (impresa che controlla la rete sociale omonima, oltre che Instagram e WhatsApp) ha cambiato nome, passando a chiamarsi Meta. La nuova marca è un chiaro riferimento al metaverso.

Il CEO dell’impresa, Mark Zuckerberg, si era già riferito al termine e alla strategia in un’intervista al sito The Verge. Ha anche già acquisito un’impresa di produzione di occhiali a realtà virtuale, una tecnologia che può essere una base per lo sviluppo di quello che sarà il futuro di Internet.

Cos’è il metaverso? 

Anche se l’idea non è nuova (era già presente in film e libri di fantascienza degli anni Novanta), il concetto di metaverso è piuttosto astratto e ancora in costruzione.

Quello che si sa è che sarà un ambiente virtuale caratterizzato da un nuovo modo di relazionarsi con i mondi reale e virtuale. Tutto diventerà “ancora più reale”, anche se virtualmente.

Ad esempio, in passato per assistere alla Messa le persone dovevano andare in una chiesa e rimanervi fisicamente. In seguito hanno avuto l’opportunità di seguire la celebrazione via radio, e più tardi via televisione. Ora possono assistervi via streaming. Il prossimo passo è il metaverso. 

A quanto sembra, assisteremo alla Messa, ci relazioneremo con le persone (vicine o distanti), faremo acquisti, studieremo, giocheremo ai videogiochi e vedremo film non più attraverso un semplice schermo. Il metaverso sarà una fusione degli schermi con altri softwares, applicazioni e dispositivi, come occhiali per la realtà virtuale, realtà aumentata e dispositivi “indossabili”, come orologi, abiti, avatar.

In che modo la rivoluzione nel modo in cui interagiamo con il mondo può influenzare il nostro rapporto con il sacro? Il metaverso cambierà anche il modo in cui pratichiamo la nostra fede in Dio?

Metaverso e religione

Per il giornalista Moisés Sbardelotto, dottore in Comunicazione, oltre che docente e ricercatore del Nucleo di Studi in Comunicazione e Teologia dell’Università pontificia cattolica di Minas Gerais (PUC Minas, Brasile), lo spazio religioso è già una specie di metaverso. La pratica della fede è in grado di portarci in un altro spazio, anche se rimaniamo fisicamente nel nostro. Con le dovute proporzioni, è la promessa del metaverso.

In un’intervista al sito dell’Instituto Humanitas Unisinos, Sbardelotto ha affermato: 

“Potremmo perfino dire che lo stesso rito religioso, ad esempio, è un metaverso ante litteram. Storicamente, i fedeli – indipendentemente dalla tradizione religiosa – si rivolgono a un luogo geologalizzato specifico, e attraverso gesti, oggetti e parole ritualizzati compiono l’esperienza di un universo trascendente, in una dimensione spazio-temporale sacra che dà nuovo signifciato al recinto fisico del tempio e alla durata cronologica del rito. In questa dimensione rituale e cultuale, comunicano con esseri divini o anche con persone che si trovano già nell’aldilà, il tutto attraverso tecniche e tecnologie proprie e idonee allo scopo (discorsi, suoni, musiche, arti, testi, libri, simboli, oggetti cultuali…). Che sia nel tempio o sulle rive di un fiume sacro, questo luogo si trasforma nel ‘centro del mondo’ (Mircea Eliade), uno spazio sacro per eccellenza, in cui i vari livelli cosmici comunicano tra loro”.

Sacramenti e liturgia 

L’autore mette in guardia sul fatto che, a esempio di ciò che accade oggi nel mondo digitale, nell’era del metaverso continuerà ad essere impossibile vivere in modo effettivo i sacramenti:

“Da punto di vista della ‘comunicazione sacramentale’, quello che è in gioco è l’idea dell’hic et nunc, del ‘qui e ora’ necessari per celebrare e vivere un sacramento. E questo ‘qui e ora’ è inteso dalla teologia tradizionale come uno stesso tempo cronologico e uno stesso spazio geografico”.

Dall’altro lato, il ricercatore ritiene che la liturgia sia un’esperienza che si addice all’idea di metaverso: 

“Come afferma la Sacrosanctum concilium, la liturgia terrena ci permette di gustare (praegustando) e di partecipare, qui e ora, alla Liturgia celeste celebrata nella città santa di Gerusalemme, glorificando il Signore insieme a tutti gli esseri celesti e i santi (SC 8). Con la nostra corporeità fisico-biologica, comunichiamo nell’universo ‘metaterreno’ e con esso. Per questo, ricorriamo a ‘segnali sensibili’ che indicano (signa sensibilia significatur) queste realtà sacre (SC 7). Nel metaverso, continueremo a ricorrere a segnali sensibili audiovisivi e perfino di altri ordini per indicare la realtà, che a loro volta ci permetteranno di fare esperienza di altri universi terreni, e – perché no? – ‘metaterreni’”.

Evangelizzazione nei nuovi tempi

Il ricercatore riferisce infine opportunità e sfide che la Chiesa dovrà affrontare con l’avvento del metaverso, e mette in guardia sulla necessità di trovare forme ancora più efficaci di evangelizzazione nella realtà che verrà:

“Il metaverso potrà generare una realtà ancora più complessa ed eterogenea al punto di vista sociale, culturale e religioso, il che richiederà da parte di ogni cristiano e di ogni cristiana una coerenza di vita ancor maggiore e una testimonianza ancor più coerente dei valori evangelici, indipendentemente dagli ambienti (digitali o meno) in cui si trova.

E l’educazione alla fede passa principalmente per l’esempio, per l’attrazione, e non per il proselitismo, come Papa Francesco ribadisce continuamente. Per questo, ovunque si trovi un cristiano – in questo universo che già conosciamo o in un possibile metaverso –, sarà riconosciuto dall’amore che nutrirà per il prossimo (cfr. Gv 13, 35).”

Per leggere il testo integrale dell’intervista cliccate qui.

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