Una ragazza di 19 anni all'apice del successo, col vuoto dentro: "Non mi riconoscevo, non mi amavo". Si è aggrappata all'autostima, ed è uno sforzo solitario che nasconde l'attesa di una voce che ci dica che siamo amati prima di imparare ad amarci da soli.
Un applauso a Madame bisogna farlo. Ieri sera dal palco delle Iene ha parlato con la voce di se stessa, Francesca Calearo di 19 anni. Il suo monologo di neanche 3 minuti è stato alla larga da copioni ideologici (ammetto che temevo ci sarebbe cascata e sono felice di essermi sbagliata). Ha messo a nudo la sua vulnerabilità personale, ansia e vuoto di senso.
Di questi tempi una confessione così vale oro, perché è pura condivisione del punto debole che apre una crepa in chi parla e in chi ascolta. Madame ha svelato, forse al di là delle sue intenzioni, un grande nemico: l’abbaglio di dover puntare solo sul nostro sforzo egocentrico per vincere la paura del male, per trovare un senso al soffrire.
Questa sera voglio parlarvi di qualcosa che fino a qualche tempo fa non avevo, che è l’autostima. […] Dobbiamo imparare ad amare tutto di noi, anche le parti peggiori, quelle che ci fanno soffrire, che vorremmo cambiare. Ma se proviamo a cambiarle odiando ciò che siamo, facciamo casino. L’assenza di autostima è una brutta bestia, se non ce l’hai senti di non valere nulla.
L’esordio di Madame ricalca perfettamente quello che era a tema nella canzone portata a Sanremo:
Siamo un groviglio di sterpi e penombre, un bosco pieno di rumori. Nessuno, guardandosi allo specchio, vede un ritratto pulito. Siamo pantano. Che l’unica risposta possibile a questo grumo di domande e inciampi che ci portiamo dentro sia l’idolo dell’autostima, dell’autoconvincersi che va bene tutto, anche il peggio, è un approdo apparente e poco stabile. Questo lo vorrei dire a Madame, ma prima faccio tesoro del suo racconto del buio che ha attraversato.