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Madame alle Iene: il vuoto di un’anima e il miraggio dell’autostima

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Annalisa Teggi - pubblicato il 03/11/21
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Una ragazza di 19 anni all'apice del successo, col vuoto dentro: "Non mi riconoscevo, non mi amavo". Si è aggrappata all'autostima, ed è uno sforzo solitario che nasconde l'attesa di una voce che ci dica che siamo amati prima di imparare ad amarci da soli.

Un applauso a Madame bisogna farlo. Ieri sera dal palco delle Iene ha parlato con la voce di se stessa, Francesca Calearo di 19 anni. Il suo monologo di neanche 3 minuti è stato alla larga da copioni ideologici (ammetto che temevo ci sarebbe cascata e sono felice di essermi sbagliata). Ha messo a nudo la sua vulnerabilità personale, ansia e vuoto di senso.

Di questi tempi una confessione così vale oro, perché è pura condivisione del punto debole che apre una crepa in chi parla e in chi ascolta. Madame ha svelato, forse al di là delle sue intenzioni, un grande nemico: l'abbaglio di dover puntare solo sul nostro sforzo egocentrico per vincere la paura del male, per trovare un senso al soffrire.

Amarci da soli. Possibile?

L'esordio di Madame ricalca perfettamente quello che era a tema nella canzone portata a Sanremo:

Siamo un groviglio di sterpi e penombre, un bosco pieno di rumori. Nessuno, guardandosi allo specchio, vede un ritratto pulito. Siamo pantano. Che l'unica risposta possibile a questo grumo di domande e inciampi che ci portiamo dentro sia l'idolo dell'autostima, dell'autoconvincersi che va bene tutto, anche il peggio, è un approdo apparente e poco stabile. Questo lo vorrei dire a Madame, ma prima faccio tesoro del suo racconto del buio che ha attraversato.

Applaudita sui palchi e ansiolitici come acqua

Una ragazza di 19 anni all'apice del successo, col vuoto dentro. Tante volte abbiamo sentito il ritornello di celebrità che hanno confessato l'amaro lasciato in bocca dal successo, un'attesa tradita di felicità. Ed è vero anche per chi non è famoso. Banalmente, ci aspettiamo una svolta o un sollievo dai momenti in cui le cose vanno bene, dagli istanti in cui siamo applauditi per un qualunque motivo. E puntualmente la svolta o il sollievo non arriva.

Perché l'esigenza vera non è un applauso, ma un'accoglienza incondizionata alla nostra presenza così com'è, non solo per un talento momentaneo.

La crisi - volenti o nolenti - è la parte più schietta della nostra esistenza. Io non me lo meritavo, dice Madame. Non ci meritiamo il bene? Non ci meritiamo di essere apprezzati? E' così. Dipendesse dalla nostra personale unità di misura non saremmo mai meritevoli, perché le parti più scabrose, sconce, pessime di noi ce le abbiamo sempre di fronte.

E' molto onesto il salmo 51 quando afferma:

Si potrebbe dire che questa è la roccia salda per sconfiggere l'egocentrismo, l'illusione di risolverci da soli. Forse è un po' azzardato, ma mi pare che proprio questo versetto, solo apparentemente pessimistico, sia la porta d'ingresso in un mondo in cui l'io si congeda dai suoi cortocircuiti e si rivolga a voci diverse dalla propria. Ed è quello che anche Madame racconta:

Lo sforzo solitario dell'autostima

E' scritto dentro di noi che l'io vive e si risolve dentro una relazione. Si comincia chiedendo alla gente, agli amici, ai genitori, a tutti. Che senso ha la vita, il male, io? I ragazzi lo chiedono ai testi delle canzoni, io lo facevo. Ed è l'unica direzione sensata (quella opposta al senso unico dell'ego), è la via per l'incontro di cui abbiamo così tanta sete: un io che vive e si risolve dentro la relazione con suo Padre.

Ancora una volta mi pare che sia la voce dei Salmi a stare al passo giusto con la nostra vera umanità, e sembra rispondere puntualmente anche al vulnus che Madame ha esposto al pubblico:

Forse non gli diamo il nome di Dio, ma fin dall'aurora della vita cerchiamo nutrimento fuori da noi. Ci aggrappiamo a un seno, ad esempio. Siamo un giardino che non può autoprodurre la pioggia che lo fa fiorire. Eppure la voce imperante che ci assedia è quella di illuderci che l'unico modo per dare frutto sia concimarci e innaffiarci da soli. L'autostima è ciò a cui Madame si è aggrappata, cioè ha dissetato il suo deserto con un grande lavoro personale:

Adesso sono a posto, ho trovato un senso nell'amore, nella stima di me. [...] Sto bene e anche se non ho trovato la cura per lo stare male, ho curato la paura di stare male.

Siamo amati prima di amarci

Adesso sono a posto. Perdona, cara Madame, ma non ci credo. L'ho detto tante volte a me stessa ed era un cerotto che si staccava in fretta dalla pelle. C'è invece qualcosa a cui credo assolutamente: non mi riconoscevo e non mi amavo. Questo è un dono inaspettato di fronte a cui trovarsi in prima serata. E' un attimo di dura e pura verità, in mezzo a mille altoparlanti che gridano slogan per censurare l'evidenza che - anche quando siamo al top - non andiamo bene così come siamo. Sì, possiamo darci da soli una falsa pacca sulle spalle, possiamo stringere i denti per convincerci ... ma è un placebo.

Molto più salubre è stare esposti al vero di noi, al fatto che molto di noi brucia e grida, duole e sanguina, al fatto che non siamo capaci di amarci da soli. Eccoci nel posto giusto e scomodo. Dire "Io da solo non mi amo" è stare sul bordo del trampolino, sul punto di confine in cui siamo pronti a dire addio alle bugie dell'egocentrismo. Siamo pronti al tuffo che toglie il fiato e ci riporta in vita. Non ci possiamo accontentare dell'autostima (del "vado bene così"), la verità è che siamo stati amati prima di amarci da soli e c'è Chi aspetta di dircelo, ripetercelo, accompagnarci a riconoscerlo dentro il pantano quotidiano.

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