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Le 12 fatiche necessarie per ricongiungersi alla propria anima

HERCULES

© Walt Disney Pictures

Marzena Wilkanowicz-Devoud - pubblicato il 03/11/21

Come riconnettersi alla propria anima? Jean-Yves Ducourneau, autore di un formidabile “Voyage au pays de l’âme” (edizioni Salvator), propone dodici tappe da toccare per ricentrarsi sulla propria anima e conseguire un benessere duraturo.

Fin dal primo contatto con padre Jean-Yves Ducourneau, anche se avviene solo telefonicamente, si viene subito contagiati dalla sua energia e dalla sua gioia. Lo si sente enunciare la propria visione dell’anima con voce assertiva e con ottimismo scoppiettante. È questa la materia del suo Voyage au pays de ton âme [“Viaggio nel paese della tua anima”, N.d.T.]. 

Già per molti anni cappellano militare, il prete rivela nella sua testimonianza una grande forza interiore. Pur sottolineando di non avere la pretesa di scrivere un’ulteriore opera teologica o filosofica sull’anima, l’autore del saggio tiene a ribadire che sotto la forma della lettera aperta di un missionario ha voluto proporre ai lettori un viaggio iniziatico verso l’anima. 

Che cos’è l’anima? Così lo ha spiegato ad Aleteia: 

Non è un accessorio, né un feticcio né un amuleto. Essa è in ogni persona come la sorgente dell’identità, come il crogiolo della personalità e come il sigillo della sua sacralità. 

Impossibile quindi fare come se niente fosse: per ricentrarsi sulla propria anima, allora, l’autore propone le “dodici fatiche” da fare. Come per coltivare un giardino: ci sono dapprima sei tappe di potatura e pulizia, seguite da sei tappe di fertilizzazione. 

1Appropriarsi dell’anima

L’anima non è un gadget portafortuna. Se il primo lavoro da fare è di appropriarsela, bisogna anzitutto comprendere che è l’anima a dare il senso della vita e il gusto di Dio. Per appropriarsela, è essenziale rispettarla. 

Rispettare l’anima – spiega ad Aleteia l’autore – significa non soltanto sapere che c’è, ma soprattutto che è in noi più di noi stessi. Non è dunque un grazioso amuleto, perché in essa è stata impiantata la Parola di Dio apportatrice di salvezza (cf. Gc 1,21). È per essa che ciascuno può salvare il proprio essere, sacro agli occhi di Dio, perché unico e creato “molto buono” (cf. Gen 1,31). 

2Mettersi in ascolto di Dio

Ciascuno, nel proprio viaggio interiore, può scivolare nella disperazione o in una sorta di letargia. Chi non ha mai sentito quella vocina che dice “ecco che la tua vita è al capolinea”? Secondo l’autore del libro, il lavoro da fare davanti a questa trappola è di aprire «le orecchie dell’anima» e di mettersi in ascolto del Dio che dice “Io sono il Signore tuo Dio, che ti istruisco per il tuo bene: ti conduco per il cammino in cui tu possa camminare. Se solo tu fossi stato attento ai miei comandamenti! La tua felicità sarebbe come un fiume, e la tua giustizia come le onde del mare” (Ex 48,17-19). Per non lasciarsi travolgere dai pensieri depressivi, bisogna avere sistematicamente il riflesso di mettersi in ascolto di Dio. 

3Imparare a conoscere il nemico

Pur essendo come un grande viaggio, la vita è anche una lotta spirituale: 

E se c’è una lotta è perché c’è un nemico, un avversario che vuole il nostro male. Invisibile all’anima, vuole esserne il padrone a mezzo di un possesso abusivo e distruttore. 

Imparare a conoscere il nemico è essenziale per vincerlo. Per Gesù non c’è dubbio possibile, né “giusto mezzo”: o l’anima sceglie la luce o ricade nell’ombra.

Chi non prega il Signore – aveva affermato papa Francesco nella sua prima messa papale – prega il diavolo. Quando non si confessa Gesù Cristo si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio. 

4Celebrare l’anima

Chi non ha conosciuto prima o poi un rovescio sull’anima, provocato dalle prove della vita? Quelle prove che rendono tristi le giornate. È per questo che 

l’uomo – sottolinea l’autore – ha bisogno di marcare il tempo per rompere la monotonia che può rendere amorfa l’anima, impedendole di rivolgere il suo spirito verso la gioia che nondimeno Dio ha posto in essa. 

Ogni anima ha bisogno di fare festa, di celebrare, creare dei rituali di gioia. Gesù stesso 

si è manifestato pubblicamente per la prima volta, secondo il Vangelo di san Giovanni, in occasione di un matrimonio, luogo della festa famigliare per eccellenza. 

Per l’Autore le nozze di Cana segnano 

il tempo dell’alleanza umana che Gesù trasforma in alleanza eterna con il Padre. 

Il lavoro da fare? Celebrare l’anima per riconnettersi alla gioia profonda, ben presente in essa. 

5Restare umili e coi piedi per terra

Troppo presi dai bisogni del quotidiano, si può talvolta avere la sensazione di perdere la propria anima. Come si fa a non perdersi per strada? Come distinguere le realtà vere da gestire e vivere da quelle che sono probabilmente illusorie, dettate da mode e capricci? 

Per comprendere quel che si deve essere e vivere in questo mondo – spiega il religioso – bisogna ripudiare in sé stessi tutto ciò che camuffa la verità del proprio essere. 

Questo implica la scoperta che l’uomo non è a sé stesso la propria verità: 

Chi sono Donde vengo? Dove vado? Non sono niente – diceva Giovanni XXIII, citato nell’opera –: tutto quello che possiedo (l’essere, la vita, l’intelligenza, la volontà, la memoria), tutto mi è stato donato da Dio, e dunque tutto appartiene a Lui. 

L’anima umana non soffre di amnesie: essa sa chi siamo veramente. 

6Conservare l’anima in stato di grazia

Cambiare vita per sentirsi meglio, trovare il vero sentiero della propria esistenza… Se trovare l’interruttore giusto può dare una svolta all’esistenza, che ci orienti veramente all’anima, ci sono tentazioni che sembrano seducenti e credibili ma che vengono dal diavolo, afferma padre Ducourneau. È essenziale non trascurare il suo potere esiziale, ma come si fa a raccapezzarsi? 

Ascoltando nell’anima la voce della vita che viene dal vero creatore, colui che ha fatto di ogni persona il suo figlio prediletto. 

E santa Teresa di Lisieux completa a modo suo: 

Un’anima in stato di grazia non ha nulla da temere dall’assalto dei demonî, i quali sono dei vili capaci di fuggire davanti allo sguardo di un bambino. 

7Dire “sì” ai doni dello Spirito Santo

Ogni persona ha talvolta bisogno di ricevere dei buoni consigli. Per far crescere la propria anima, lo Spirito di Dio si propone come consigliere. 

Lo Spirito divino rischiara la nostra intelligenza perché facciamo ciò che è bene ed evitiamo ciò che non lo è. Egli aiuta a intraprendere ciò che edifica e a rinunciare a ciò che demolisce. Egli permette di fare le scelte giuste, nelle quali l’opzione sarebbe più ardua se non avessimo alcun sostegno nel discernimento. 

Accettare liberamente questo dono significa accettare di essere diretti dall’ispirazione divina, anche quando l’avversità infuria. Non si può che apprezzare questo dono promesso all’anima: Egli la fa crescere. 

8Avvicinarsi a Cristo nell’Eucaristia

Benessere, vita buona, giustizia, santità e felicità: ecco le qualità che l’anima può acquistare con la grazia di Dio. Per questo, bisogna «lasciare che l’anima si avvicini a colui che può colmarla donandosi a lei», come scrive l’Autore. Qual è il mezzo migliore per farlo? L’Eucaristia. È lì infatti che «l’anima è colmata di grazia e ci viene dato il pegno della gloria futura», secondo le parole dell’O Sacrum Convivium. Gesù, che ha istituito l’Eucaristia dicendo “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, vuole donarsi a ogni anima rendendosi presente a colui che muove il passo di andare a comunicarsi. 

9Unire la propria volontà a quella di Dio

Come trovare un accordo amichevole tra la propria anima, talvolta persuasa di avere ragione, e lo Spirito di Dio che infallibilmente conosce ciò che è bene per lei? 

La semplice volontà dell’uomo – constata l’autore – non può sempre avere l’idea della felicità vera e duratura. Troppo limitata, spesso ragiona in termini di interesse immediato. 

La volontà di Dio, che ha creato l’uomo e che lo accoglierà alla sua morte, sa quello che è veramente buono per l’uomo nella sua ricerca innata della felicità duratura. 

Si tratta allora di un incontro tra le due volontà, che si uniscono per il bene dell’anima umana, la quale non cresce se non sotto i raggi della luce divina. Il lavoro da fare consiste nell’affidare l’anima a Dio, il quale se ne assumo così la responsabilità: per essa Egli non vuole che il bene, il bello e il vero. 

10Essere fedeli all’amicizia con Dio

Rompere l’amicizia con Dio turba l’anima, di fatto, poiché la natura ha orrore del vuoto, la creature si rivolgerà verso l’antitesi dell’amicizia divina, e andrà verso l’autore del peccato – il quale agirà in lei oscurandole la vista dell’identità che Dio le ha donato. 

Mirabile sintesi dell’Autore. Per non tradire quest’amicizia, che è l’essenza stessa della fede, bisogna aggrapparsi alla famiglia: quella dei battezzati. Infatti è nel battesimo che 

ciascun bambino viene inserito in una compagnia di amici che non lo abbandonerà mai nella vita e nella morte, perché questa compagnia di amici è la famiglia di Dio, che porta in sé la promessa dell’eternità. Questa compagnia di amici, questa famiglia di Dio, nella quale adesso il bambino viene inserito, lo accompagnerà sempre anche nei giorni della sofferenza, nelle notti oscure della vita; gli darà consolazione, conforto, luce. Questa compagnia, questa famiglia gli darà parole di vita eterna. Parole di luce che rispondono alle grandi sfide della vita e danno l’indicazione giusta circa la strada da prendere. Questa compagnia offre al bambino consolazione e conforto, l’amore di Dio anche sulla soglia della morte, nella valle oscura della morte. Gli darà amicizia, gli darà vita. E questa compagnia, assolutamente affidabile, non scomparirà mai.

Benedetto XVI, Omelia nella Festa del Battesimo del Signore, 8 gennaio 2006

Per non rompere il vincolo creato col battesimo, dunque, bisogna aggrapparsi a Dio – ancora e sempre. 

11Ancorare la propria anima a Cristo

L’anima di chi ha fatto la scelta di essere fedele all’amicizia con Dio diventa allora un’anima gemella. Come quella di santa Faustina, la religiosa e mistica polacca che riconosceva: «Tutto ciò che di bello c’è nella mia anima è tuo, o Dio». Fonte di felicità, questo cuore a cuore con Dio permette di vedere che «l’anima veramente umile e dolce respira il paradiso già sulla terra», poiché – prosegue la santa – «la tristezza non dimora in un cuore che ami la volontà divina». La sola ricetta è lasciare la propria anima unita a Dio, per quanto spirino possenti i venti di tempesta. 

Come una barca ancorata – prosegue l’Autore – quando i marosi irrompono sugli argini, l’anima è ancorata nel porto di Dio, che le conferisce la grazia di tenere contro venti e maree. 

12Amare Cristo come Maria

L’ultima tappa è quella consistente nel rendere amante la propria anima: questa è la sua vocazione intima ed ultima. C’è una persona unica, nella storia della Salvezza, che è modello insuperabile per diventare un’anima veramente innamorata di Dio – è Maria. 

Il suo “fiat” diventa il “fiat” che ogni anima è chiamata a dire a Dio. Allora potremo dire, con sant’Agostino, “ama e fa’ ciò che vuoi”. Di fatto, senza amore neanche ciò che crediamo essere buono lo è, come ricordava un’altra santa – Teresa di Lisieux: 

Ho compreso che senza l’amore tutte le opere sono un puro nulla, anche le più eclatanti, come risuscitare i morti o convertire i popoli. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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