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Creativo, non troppo istruito, visionario: così era Gesù per il card. Ravasi

Jesus with rich young man

Public Domain

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 03/11/21

Nel suo nuovo libro, il presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura traccia un profilo inedito di Cristo

Gesù era un uomo creativo e molto umano. Sapeva leggere la realtà che lo circondava e non di rado entrava in polemica con essa. Questo, nonostante provenisse da un livello di istruzione medio basso, che però non lo ha reso ignorante. Tutt’altro.

E’ il profilo di Cristo che traccia in una intervista a Vito Mancuso sul Corriere della Sera (3 novembre), il cardinale Gianfranco Ravasi, da 15 anni al vertice del Pontificio Consiglio per la Cultura. 

Ravasi ha parlato di Gesù in occasione dell’uscita del suo nuovo libro nella collana “Scienza e idee” di Raffaello Cortina: Biografia di Gesù. Secondo i Vangeli”. 

Formazione scolastica modesta

«Occorre dire – premette Ravasi – che il contesto culturale in cui egli viveva non supponeva la scrittura e infatti non si dice mai che egli scrive, se non una volta, per terra, nella polvere. Si sa però che legge. Aveva ricevuto la prima formazione nella modestissima scuola della sinagoga di Nazaret, la sua lingua era l’aramaico, conosceva l’ebraico classico, ma non è possibile dire che egli conoscesse il greco, di cui forse sapeva solo qualche parola».

CARDINAL GIANFRANCO RAVASI
Il cardinale Ravasi.

Conoscitore del suo mondo e in polemica con esso

Ravasi ammette che «dal materiale storicamente riconducibile a lui non riusciamo a verificare le sue conoscenze concrete». 

La sua convinzione su Gesù, «è che egli fosse una figura simile a spugna, uno di quelli che riescono a filtrare e a comprendere percorsi diversi, un uomo molto sensibile alle atmosfere e per questo capace di conoscere con precisione le tipologie fondamentali del suo mondo, entrando però anche in polemica con esse, il che dimostra che era non solo recettivo ma anche creativo. Anzi, io direi che proprio questa era la sua grandezza».

Una persona eclettica

Gesù è un eclettico secondo Ravasi. «Io ammiro le persone eclettiche – prosegue il cardinale -. La competenza specifica è qualcosa di essenziale e va rispettata, ma io ammiro le persone che, lungi dal rimanere in un unico settore, comprendono che per essere significativi occorre giungere a formulare delle sintesi. E Cristo l’ha fatto, ha avuto la capacità di respirare visioni diverse. È l’orientamento che ho seguito anch’io quando sono entrato qui, ormai 15 anni fa: prima ci si interessava solo alla cultura cattolica, mentre io ho cercato di far comprendere che occorre respirare tutti gli ambienti, anche quelli radicalmente differenti». 

Jesus Actors
Robert Powell – Jesus of Nazareth (mini-series) – 1977

Powell beat out both Dustin Hoffman and Al Pacino for the part of Jesus in this 1977 miniseries.
He was directed to rarely blink throughout the entire film, in attempt to offer the audience “penetrating and unrelenting eye contact with Jesus.”

Nè studioso, né ignorante

Tornando alla cultura di Gesù, spiega il presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, «quello che emerge è una persona con una grande capacità di orizzonte. Non possiamo farlo patrono degli studiosi, ma neppure bisogna cadere nell’estremo opposto che ne dichiara l’ignoranza: averne di geni così, che sanno poco, ma che alla fine sanno tutto! Tu condividi quello che ho detto?».

Divinità e umanità di Cristo

Sulla venuta del Regno di Dio, annunciata da Cristo quando era ancora in vita, Ravasi rivela due cose. La prima «è che la teologia neotestamentaria, accanto alla profonda fede nella sua divinità, afferma rigorosamente la sua umanità. Lo fa in modo indiscutibile, anche alla luce del fatto che la prima eresia (la gnosi) è la negazione non della divinità ma dell’umanità di Cristo. E che lui in quanto uomo avesse anche visioni limitate è confermato dalle sue stesse parole, per esempio quando afferma di non sapere nulla riguardo al tempo e all’ora del giudizio».

Usava un linguaggio apocalittico

La seconda cosa, conclude il cardinale, «è che Gesù usava un linguaggio apocalittico, il quale giudica il presente ma insieme provoca il futuro, anche se si tratta non del futuro immediato ma del futuro assoluto, dell’eterno»

Per Gesù, «il regno di Dio non era una categoria politica, del tutto riconducibile alla storia, ma conteneva sempre in sé anche una dimensione trascendente. Il Nuovo Testamento ha saputo tenere insieme queste due dimensioni nella loro tensione, come si comprende dai racconti pasquali».

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