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Stella del Mattino: un’avventura educativa parentale sotto la protezione di Maria

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Courtesy of Stella del Mattino

Paola Belletti - pubblicato il 30/10/21

Un esempio di istruzione parentale sulle sponde del lago di Garda: intervista al coordinatore didattico di questa piccola ma vivace impresa educativa nell'ordine scolastico più debole e anche più decisivo: le cosiddette "medie".

Abbiamo chiesto al professor Paolo Molinari, coordinatore didattico della Stella del Mattino, di raccontarci inizio e storia di questa esperienza di istruzione parentale.

Nata due anni fa a Desenzano del Garda da alcune famiglie con figli in età scolare, deve la sua esistenza in particolare all’impegno dei papà che tra noi bonariamente chiamiamo “i padri fondatori”.

Buongiorno Paolo, grazie di avere accettato di rispondere alle nostre domande per raccontare a chi legge che cosa state realizzando. Ci racconti chi sei tu e che cos’è la Stella del Mattino?

Sono Paolo, ho 50 anni e sono sposato con Giulia; insieme abbiamo 4 figli naturali e una in affido e viviamo a Verona. Sono laureato in Filosofia e ho iniziato la mia esperienza come professore di storia e filosofia in un liceo cattolico di Verona. Ho in seguito ricoperto l’incarico di direttore di una Scuola primaria anch’essa paritaria. Quando ho accettato mi davano del pazzo perché scendere in un grado inferiore, nel mondo della scuola, è considerata una sconfitta. Per indole, credo di funzionare di più come insegnante di liceo perché ho più attitudine nella relazione con studenti di quell’età. Ma ho deciso di accettare questa sfida per vedere se si poteva davvero fare una scuola cattolica.

Non venivi già da un istituto cattolico?

Sì, ma il liceo era una scuola cattolica ormai un po’ di facciata. Ho deciso di assumere questo incarico perché, potendo prendere le decisioni più importanti, potevo tentare di plasmare una scuola secondo un ideale. E così per 7 anni ho diretto la scuola Angela Merici (materna e primaria).

E com’è andata questa avventura?

E’ stata una bellissima esperienza, non solo da direttore ma anche come insegnante. E proprio da lì è nata una grande passione per la didattica.

Ho tenuto incontri di formazione persino in Paraguay e in Spagna e ho cominciato a scrivere libri di storia e scienze per la primaria. Questo ha alimentato la mia passione non solo per la gestione di una scuola ma anche per il contenuto dell’insegnamento.

Se uno si imbatte nel tuo curriculum ad un certo punto incontra una voce che non si aspetta: “laureato in Scienze infermieristiche”

Sì, è così. A 40 anni ho deciso di cambiare campo, mi sono iscritto a Infermieristica ma appena laureato è nato Michele, il nostro quarto figlio. Il lavoro da infermiere mal si conciliava con le esigenze della famiglia e così sono tornato nella scuola come formatore, tenendo corsi sulla letteratura e la didattica. Ho collaborato anche all’avvio di nuove scuole, una fase, quella progettuale e di avvio di una scuola che amo molto e a cui contribuisco volentieri.

Cosa ti ha convinto allora a buttarti in questa impresa della Stella del Mattino fin dalla sua nascita, nel 2020?

Devo dire che non ho avuto mai tanta stima delle scuole parentali (ridiamo, Ndr)

Ah, benissimo. Hanno tanti rischi, in effetti.

Se decidi di impegnarti in campo educativo lo fai in un’opera che possa durare decenni, invece, in base alla mia esperienza, a parte qualche esempio eccellente comeImmaginaChe(plesso scuola parentale e paritaria a S. Ilario, Reggio Emilia) e la Scuola libera G.K Chestertona San Benedetto del Tronto, le esperienze di istruzione parentale hanno una vita media di 4,5 anni.

E da cosa dipende questa tendenza?

Dal fatto che la fatica per farle funzionare resta sempre tanta, i problemi si sommano e spesso, l’entusiasmo legato al “destino educativo ” dei figli scema una volta che loro ne sono usciti.

E dell’home schooling, che in questi ultimi anni sta conoscendo una certa fortuna anche in Italia, cosa pensi?

Che ha grossi rischi, legati essenzialmente alla sovrapposizione tra la figura del genitore e quella dell’educatore.

Perché hai accettato di coinvolgerti con la Stella del Mattino?

Ho accettato semplicemente per amicizia. Chi me l’ha proposto era un amico. “Va bene, io vi aiuto basta che troviate gli insegnanti”, ho detto loro quando mi hanno contattato, pensando tra me e me che non li avrebbero mai trovati. E invece si sono presentati a giugno con tutti i professori!

Ne conosco tanti che vogliono fare scuola ed educazione, ma il 99% non passa dalle intenzioni ai fatti. Questo gruppo di genitori, invece, è diverso: erano sì entusiasti ma anche organizzati.

E la Stella è sorta…

Iniziata l’esperienza ho visto che le parentali hanno un grande punto di forza che è quello della libertà. La paritaria richiede più risorse e ha, comprensibilmente, molti più vincoli. La parentale è di fatto una possibilità educativa per tutti, si può fare con poche risorse

Se per risorse intendi solo quelle economiche sì…

La sua grande forza è che non è normata e ti consente totale libertà educativa. Per esempio gestiamo con più elasticità la distribuzione delle discipline. Questo è un grande vantaggio.

C’è un ma?

Di sicuro in una grande libertà c’è il rischio di perdersi. Serve un’idea educativa chiara, dietro.

C’è anche stato un piccolo boom di realtà parentali in risposta alle restrizioni da lockdown. Non è questo però il motivo della nascita della Stella del Mattino.

Di sicuro. Ne ho viste tante nascere in tempo di Covid come reazione alla situazione, per fuggire a protocolli opprimenti ma si vedeva che non c’era dietro un’idea educativa.

Per noi la scelta della parentale è stata una conseguenza: volevamo una buona scuola media, secondo il nostro ideale, e abbiamo cercato la forma più adatta per realizzarla. Solo a progetto pronto per il varo ci ha sorpresi il Covid, (emergenza con la quale ovviamente facciamo i conti anche noi, rispettando gli obblighi previsti)

Infatti non avrei mai accettato un progetto puramente reattivo. Forse in un certo modo il Covid ci ha aiutato perché ha fatto emergere i tanti limiti della statale. Ora di parentale parlano i giornali, non è più percepita come una scelta bizzarra.

Parliamo allora di questa idea educativa, il cuore della scuola ormai giunta al secondo anno di attività.

Leggevo su Repubblica un’analisi sullo stato di salute della scuola italiana che individua nelle medie l’anello debole del sistema scolastico italiano. Perché questo ordine scolastico è così debole e anche così decisivo?

In base alla mia esperienza di educatore, insegnante e genitore, il punto debole di tutta la scuola italiana è la relazione.

Il problema vero è che un’azione educativa è efficace solo se c’è stima reciproca tra studente e professore. La maggior parte degli insegnanti non è incoraggiata a cercare la relazione… Secondo una certa idea di insegnante il distacco è un dogma.

Questa mancanza blocca apprendimenti e crescita umana. Se non hai stima di chi hai davanti come fa la tua umanità a crescere? Nelle medie questo è un problema; questa carenza diventa un ostacolo importante perché è un’età difficilissima, in soli in tre anni si trasformano da “tatoni” a ragazzi.

Sì per i genitori è “un’escursione termica” traumatizzante

C’è differenza tra un anno e l’altro e ci sono estremi anche all’interno della stessa classe. E quindi la scuola media, che è impostata come una piccola scuola superiore, su questo nodo cruciale fallisce. Se l’adulto che hai davanti non ti aiuta a orientarti non trovi in te l’energia per imparare. Per questo abbiamo deciso di fondare le nostre medie sulla relazione.

In che modo lo fate, concretamente?

Per esempio la scelta del tetto massimo di alunni per classe è di 12; la relazione infatti richiede tanta energia. E per questo le gite sono così importanti. Diamo un messaggio chiaro: ci interessa il rapporto umano con loro, ci interessa giocare con loro, crescere con loro e pur nella diversità tra insegnanti che vengono da percorsi diversi questo obiettivo lo raggiungiamo. Il primo esito bello e tangibile è vedere che i ragazzi sono sereni, vengono a scuola volentieri.

Se ripenso alla mia storia scolastica mi ricordo con gratitudine di una professoressa in particolare: preparatissima, esigente e profondamente interessata a noi. Poco fa una cara amica mi ha ricordato che è stata “solo” una supplente e per un singolo anno di medie. Ma è la più importante che abbia avuto, insieme ad un insegnante di filosofia del liceo.

Se alle superiori diventa più difficile e devi saperci fare alle medie è più semplice, perché i ragazzi amano i loro insegnanti. Quando posso a ricreazione gioco con loro e sono contentissimi. A calcetto, a pallavolo. Non c’è bisogno di fare chissachè; poi mentre sei lì fai due chiacchiere, si aprono, li comprendi un po’ di più…

Inoltre per i maschi è particolarmente importanteche ci sia un professore maschio (e noi ne abbiamo 5). Hanno bisogno di essere riconosciuti e non è necessario trovare strategie per incontrarli basta esserci.

E su questo fronte come stiamo andando?

Questa cosa oggettivamente ci riesce, pur con tutti i nostri limiti; alcuni fallimenti ci sono stati però diciamo che la maggior parte dei ragazzi nella nostra scuola trova un ambiente dove esprimersi e sentirsi amati; e questo permette di ottenere dei risultati, altro punto debole delle medie pubbliche

Il calo di rendimento intendi?

Sì, perché i risultati didattici non sono frutto di chissà quale strategia ma di un clima di rispetto e positività. E’ questo ambiente che libera energie per lo studio.

Invece l’errore delle medie è di rincorrere le superiori: grande carico di lavoro e attesa della prestazione, che trasforma la richiesta di lavoro in stress. Da noi il carico c’è ma modulato secondo i ritmi dell’anno.

Oltre che della relazione di cosa hanno bisogno i ragazzi?

Hanno tanto bisogno di esperienze. Abbiamo un bravissimo professore di ginnastica che gli fa fare una vera attività di gruppo, e diventa esperienza dello stare con gli altri, dell’importanza di rispettare delle regole, della bellezza di lavorare insieme per raggiungere uno scopo.

I ragazzi di oggi hanno bisogno assoluto di fare esperienza. Sempre come diceva il pezzo citato di Repubblica, serve certamente la lezione frontale ma non deve essere esclusiva. Dove è stato possibile abbiamo sempre proposto esperienze: il teatro, il lavoro col legno, (hanno realizzato un leggio e la capanna del presepe); un’altra cosa da mettere in programma (rimandato causa Covid) è l’orienteering; l’anno scorso abbiamo fatto una due giorni in una baita in montagna. La ricordano come una cosa epica.

Le restrizioni Covid sono costate tanto ai nostri ragazzi. Cosa noti dal tuo punto di osservazione?

Proprio questo: che il Covid ha tolto relazione e possibilità di fare esperienza. Sono stati per due anni in una bolla.

Ci sono già dati di emergenza di salute mentale nei giovanissimi, purtroppo. Anche se non è giusto parlare di anni buttati, soprattutto per noi cristiani non è mai così.

Erano già fragilini prima, come generazione, e il Covid ha inferto di sicuro un duro colpo. In contesti “classici”, molto normati e pieni di incombenze, è difficile cambiare; la forza della parentale è che si spoglia di tutta questa rigidità e va dove decide di andare.

E la forza della Stella del Mattino è che sa dove andare?

Sì, con l’assoluta libertà di andarci. Per esempio noi mettiamo più ore di attività all’aperto in primavera. L’orario si fa in funzione di cosa è meglio per i ragazzi.

E’ come un ecosistema dove la vita più importante da favorire è quella dei ragazzi

Dentro l’orizzonte che ci hai mostrato qual è la vostra visione della persona in formazione e cosa chiedi ai professori, come loro coordinatore?

Non esiste uno standard richiesto ma una posizione umana condivisa: insieme vogliamo aiutare il ragazzo a far emergere le sue fatiche e i suoi talenti rassicurandolo sul fatto che non è misurato sulla prestazione.

Ma i voti? Domanda provocatoria: diamo medaglie a tutti per non far restare male nessuno?

No assolutamente, diamo anche noi le insufficienze. Però lo facciamo con questo messaggio: “Ti do 4, ma ti voglio bene lo stesso”. Mi è capitato di dare insufficienze e poi uscire a giocare a calcio con loro. Che è come dire che la stima prescinde da quello, giudico solo la prestazione e cerco di capire qual è il problema. Questo noi chiediamo ai professori oltre a competenza nella disciplina e capacità didattica, che sono imprescindibili.

Capitolo compiti a casa

Quello che fanno a scuola è più importante che il compito a casa. Il loro profitto viene dal modo di lavorare in classe.

Domanda un po’ alla Nembrini: noi educatori siamo dei seminatori ma se ogni tanto qualche soddisfazione la date anche a noi siamo contenti (semicit).

Dove e cosa si raccoglie, educando? Io mi sono accorta del valore di quella professoressa a 20 anni.

Sì questo è verissimo. Tante cose io stesso come professore le ho scoperte solo dopo. Ho ex studenti del liceo che mi hanno cercato come testimone di nozze o padrino dei loro figli e così mi hanno testimoniato concretamente il valore di quello che avevo seminato e dall’altro mi hanno spiegato i motivi, cosa che io nell’immediato non percepivo.

Un insegnante deve avere la coscienza che quello che fa è nelle mani di un Altro. Nel senso che se un insegnante non è cattolico tende a misurare l’esito del suo lavoro sull’immediato che non è detto che accada. Per questo può sopraggiungere un certo cinismo perché si ha come l’impressione di lavorare per niente.

Cosa sostiene allora un insegnante in quest’impresa che ha dell’eroico?

Quello che salva è la coscienza che sei chiamato a fare bene il tuo pezzo, che non sei tu che salvi il mondo, insieme alla pacifica speranza che nel tempo quello cha fai ora servirà.

Ma la questione vera è l’amicizia tra gli insegnanti. Un altro punto debole della media statale è che ogni insegnante è solo e allora l’unica aspettativa si riversa sui ragazzi, il che aumenta la tensione. L’unica cosa che permette questa baldanza ingenua, che vedo nella nostra scuola, questo impegno totale ma senza ricatto nel lavoro educativo è l’amicizia tra adulti.

Vale anche per te, immagino

Ogni volta che inizia l’anno mi dico “ma chi me lo fa fare?” poi l’amicizia con Matteo, Stefano, Marcello e gli altri mi fa ripartire e quando sei dentro è bello. E ci sono comunque degli esiti: quando sento genitori che ci dicono “l’anno scorso non voleva mai andare a scuola e quest’anno si alza presto, si veste e vuole andare a scuola in anticipo”; e in classe o a ricreazione li vedi contenti, ecco mi sembra un buon risultato, per cui sentirsi soddisfatto e grato. Stamattina per esempio le lezioni sono state impegnative, ma vedere le loro faccette, l’entusiasmo, le loro domande, tutto questo mi commuove.

A proposito di domande dei ragazzi: ce n’è qualcuna in particolare che ricordi?

Per esempio, abbiamo affrontato Dante e parlando della sua vita, dell’incontro con Beatrice loro uscivano con domande buffe:

Ma come era innamorato di Beatrice e non l’ha sposata? Allora ha tradito sua moglie.

E ho spiegato loro che l’amore per Beatrice lo ha fatto arrivare a Cristo e attraverso Beatrice ha imparato ad amare di più sua moglie. Oppure parlando degli ignavi e della loro collocazione nell’Antinferno sono emerse domande come questa:

Perché bisogna dare la vita per un ideale?

E’ bello vedere che da un lato non sanno quasi nulla della vita, ma dall’altro iniziano a chiedersi il perché, glielo ripeto sempre:

“voi dovete chiedervi sempre il perché di tutto”

Ed è bellissimo vedere che nella piccolezza della loro età cercano, provano. Se il lavoro è su questo è bellissimo.

Ci sono altri momenti significativi che ricordi e che danno l’idea anche dell’aria che si respira alla Stella del Mattino?

A proposito della gita con cui abbiamo inaugurato l’anno scolastico: c’era l’esperienza del rafting sul fiume Adige ed è stata bella, ma ancora più di quello li ha entusiasmati lo stare insieme, giocare a ruba bandiera figurata: serviva organizzazione, dovevano realizzare le figure, cadevano ed erano buffi e così si sono conosciuti un po’ meglio, hanno iniziato a godere della loro compagnia reciproca. E’ così che deve essere! Per cui poi diventa molto più strano vedere una ragazzina di 11 anni incollata allo smartphone, atteggiandosi da adulta. Hanno un bisogno enorme di questa normalità, che oggi rischia di essere un’eccezione.

Qualche altro episodio emblematico che ricordi?

Mi ha fatto molto ridere durante la prima lezione di storia in prima media un episodio: sai io parlo un po’ col vocione, ho un modo di pormi un po’ forte… una bambina dopo dieci minuti di lezione alza la mano e mi dice: “Lei mi fa un po’ paura”

E io le ho risposto “bè è un ottimo inizio!”. Intanto ha avuto il coraggio di alzare la mano e di dirmelo e dopo in realtà le ho parlato ed è nato un bel rapporto, ora mi fa domande con più tranquillità e libertà. Anche questa ingenuità fa tenerezza.

Siamo già al secondo anno scolastico, qualche numero per dare un’idea delle dimensioni e del ritmo di crescita della scuola:

Allora il primo anno siamo partiti con una classe sola, mista, con metà ragazzi di prima e metà di seconda. Ne abbiamo portati 10 all’esame di idoneità e insomma ce l’abbiamo fatta.

(Ogni anno è obbligatorio passare un esame presso un istituto pubblico, paritario o statale, per verificare che gli obiettivi di competenze previsti dall’anno scolastico siano raggiunti, Ndr)

Quest’anno gli studenti sono 30 e abbiamo tutte e tre le classi: la prima con 12, la seconda dove sono in 10 e la terza che ne conta 8. E continuiamo a ricevere richieste, da persone interessate sia per aggiungersi in corso d’anno sia per l’anno prossimo.

Fra 5 anni come vedi la Stella del Mattino?

La vedo bene e devo dire che sono soprattutto “i padri fondatori” che mi stupiscono, per l’ energia e la dedizione che ci mettono. Oggettivamente al di là dell’insegnamento e del coordinamento con tutti i docenti, tutto il resto lo fanno loro ed è un lavoro enorme.

Il futuro della scuola dipenderà da quanto reggono loro. C’è poco da dire: la scuola deve essere di qualcuno. Finché esiste un io, anzi un noi che regge e ha a cuore l’opera, questa cresce e funziona. Gli insegnanti sono importanti, ma l’identità della scuola la fanno alcuni che la vivono come cosa loro e in nome di questo chiamano altri a collaborare alla loro opera e ognuno dà il pezzo che può.

La richiesta c’è: in un solo anno siamo triplicati, avendo dovuto dire dei no per non superare il limite dei 12. Ci sono anche persone che vengono da lontano, qualcuno si è trasferito apposta addirittura. L’offerta della scuola pubblica della zona non fa una concorrenza spietata e finora la nostra è un’esperienza positiva per cui anche il passaparola corre veloce. I numeri per farla ci sono e ci saranno, tutto sta alla forza di chi la regge.

E’ vero i papà fanno moltissimo, senza risparmiarsi, ognuno a seconda del carico familiare e del tempo che può mettere a disposizione; e anche tu fai tanto, di sicuro non per il riscontro economico. Cosa spiega tanta profusione di energie,

Io credo che sia questo: ogni adulto ad una certa età capisce che deve dare la vita per l’opera di un Altro. Pensa alla bellissima parabola degli operai dell’undicesima ora che spesso non si capisce: perché erano tristi? perché nessuno li aveva ancora chiamati a lavorare! Chi era già nella vigna del padrone non si rende conto che la vera grazia è essere chiamati a lavorare fin dal mattino. Un uomo ha bisogno di essere chiamato a lavorare per l’opera di un altro. Capisce che le sue energie deve spenderle per qualcosa di grande: una volta era la cattedrale, o un regno, la Chiesa. Ecco, questa scuola può essere tutto questo, se uno ne ha coscienza.

Devo dire che questo squarcio sulla dimensione ideale fa respirare a pieni polmoni e mostra orizzonti grandi anche in una cosa piccola, un pezzo di bene da presidiare. E se sorgono tensioni come si gestiscono le divergenze tra adulti secondo te?

Bè ma questa è l’esperienza normale della chiesa: ci sono le sporcizie e le brutture degli esseri umani. Guardando la Chiesa non è che non veda le storture; persino tra noi così pochi non c’è sintonia totale, ma a me non interessa nemmeno che ci sia armonia su tutto. Le evidenti differenze non sono un problema perché è molto chiara l’idealità di fondo per cui ognuno fa il suo pezzo; non dobbiamo pensarla tutti allo stesso modo; la questione è che ci sia convergenza e disponibilità a un cammino. Finché dura e loro reggono la Stella del Mattino ha un futuro ed è legato a questo. I ragazzi ci saranno, le famiglie che cercano di educare in un certo modo anche.

Forse chi ci ha letti fino qua ha una curiosità sul nome: perché Stella del Mattino?

E’ una discreta ma chiara dedica alla Madonna alla quale i fondatori hanno voluto affidare la loro opera. Ogni mattina c’è un momento di preghiera, guidato dai genitori, che contribuisce a nutrire questa coscienza. E poi veicola l’idea della stella che dirige il cammino: l’educazione e la crescita sono un cammino che ha uno scopo, un destino e (diremmo noi) una compagnia. Tra i titoli mariani è uno dei più suggestivi.

A proposito di “mariano”. Una mattina è toccato a me il momento della preghiera inziale e parlavamo proprio di Maria, che è Madre di Dio e anche Aiuto dei cristiani e molto altro…Ad un certo punto ho chiesto se conoscessero qualche altro titolo mariano. Salta su una ragazza esclamando “Ma chi è questo Mariano?”

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