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Manami Ito: mi dicevano che non avrei suonato il violino senza un braccio

Japanese musician Manami Ito

Yuki IWAMURA / AFP

Annalisa Teggi - pubblicato il 21/10/21

Infermiera, violinista e atleta paralimpica. Dopo un incidente a 20 anni ha ripreso in mano la sua vita: "Ho pensato che la cosa migliore fosse esporre le mie ferite e la mia vulnerabilità".

Il grande pubblico ha conosciuto il talento della giapponese Manami Ito dopo la sua performance musicale alla cerimonia di apertura dei Giochi Paralimpici di Tokyo. Ha suonato il violino con una protesi speciale al posto di un braccio. Peraltro era a Tokyo anche come atleta in gara, anzi in acqua.

Infermiera, violinista, nuotatrice senza un braccio

Un incidente in moto a 20 anni, questo evento stravolto la vita di Manami Ito che oggi ha 36 anni ed è, oltre a tutto il resto, mamma di due bimbe di 2 e 5 anni. Sono forse i loro occhi quelli a cui rende conto di un dolore e una radicale obiezione sulla vita che si è capovolta in avventura. Uso la parola in senso etimologico, qualcosa che ci viene incontro o contro. Ed è qui il punto. Può qualcosa che è contro di noi essere guardata come occasione che ci viene incontro? Nonostante una certa vulgata mediatica, non è un atto di pura forza di volontà (un cocciuto e quasi immotivato ottimismo) a trasformare magicamente le obiezioni in occasioni.

Un braccio amputato è una mancanza visibile, una disabilità evidente. Nella storia di Manami il punto di svolta accade un passo fuori dai suoi pensieri, molto poco propensi alla speranza:

“Pensavo che mi sarei ridotta a stare chiusa in casa per il resto della vita – ammette – non volevo che i miei amici, vicini o chiunque altro vedesse il mio corpo. Non volevo che sapessero cosa mi era successo”. Fu la vista dei suoi genitori ‘davvero affranti’ per la sua condizione che le fece cambiare atteggiamento. “Pensai: non posso aspettarmi che mi sorridano se io non sorrido per prima”.

Da CNA
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Lo specchio davvero utile non è quello che riflette il nostro volto, ma quello che ci permette di vederci riflessi nelle facce di chi ci ama o solo ci è accanto. Rendiamo conto della disperazione o della gioia in una trama viva di rapporti. La forza nasce da una cordata, non da un virtuosismo solitario.

Dopo la comprensibile parentesi di nascondimento e sfiducia, Manami esce di casa. Cioè riprende in mano la sua vita. Porta a termine la scuola infermieristica a cui era iscritta e decide anche di non abbandonare la sua passione per il violino. E visto che, a quanto pare, ha scorte di energie da vendere, comincia anche a nuotare da atleta.

Molto visibile, molto utile

Un altro passaggio importante in questa storia riguarda la sua protesi. Nell’accettare di affrontare la quotidianità con un arto artificiale Manami Ito ha fatto un salto di consapevolezza. C’era sempre in lei la tentazione subdola di nascondere una ferita così visibile. E come fa un’infermiera a compiere le sue mansioni senza un braccio?

Al tempo dell’incidente Ito frequentava la scuola di infermieristica e fu poi determinata nel portarla a termine. Ma la prima protesi che indossò era molto simile al braccio di un manichino, non era un arto molto funzionale.

“All’inizio ero davvero felice, perché lo indossavo, uscivo e nessuno lo notava. – racconta, ma ben presto si rese conto che – non mi era utile a niente“. Ha combattuto a lungo per poter avere una protesi che le permettesse di muoversi e svolgere le mansioni che le erano assegnate. Nel 2007 è diventata la prima infermiera qualificata del Giappone con protesi. E’ andata a vivere a Kobe, lontano dalla famiglia, è si è conquistata la sua indipendenza.

Ibid.

Quella protesi, oltre ad aiutarla in ospedale, è diventata anche lo strumento che le permesso di riprendere a suonare il violino. Era una passione a cui avrebbe dovuto rinunciare, secondo i più. Ora la guarderanno suonare e anche nelle sue esibizioni musicali l’arto meccanico è ben visibile. Sul palco si potrebbero usare diversi trucchi, ma Manami non ne sente più il bisogno. Nessuna censura della ferita, è soprattutto da lì che esce una melodia autentica.

La forza è non nascondere la vulnerabilità

Al ritratto di questa donna così intraprendente manca il tassello del nuoto. Facciamo una breve pausa di autocoscienza: carissimi tutti, perché qui nessuno è davvero normodotato, andiamo benissimo anche pigri e pessimi in ogni disciplina (anche statica). C’è sempre dietro l’angolo l’abbaglio del dover dimostrare di più, se ti manca qualcosa.

Può essere assolutamente plausibile che ci sia un di più di “tigna”, sforzo, entusiasmo nel mettere sul tavolo il proprio valore, quando la vita sottrae senza chiedere il permesso. L’uomo reagisce alla sottrazione con una moltiplicazione proprio perché porta nel cuore una promessa infinita che non è accettabile che sia tradita.

Nel caso di Manami Ito, oltre a questa carica di vitalità debordante, è rilevante un altro elemento. E qui torno al nuoto. La scelta di dedicarsi a questo sport non è stata motivata solo dal voler dimostrare capacità anche in ambito atletico.

Anche se all’inizio aveva provato a nascondere le sue ferite, Ito afferma di aver scelto il nuoto proprio perché era impossibile nasconderle. “Non ho mai voluto che qualcuno mi vedesse menomata, le ferite erano la parte più vulnerabile del mio corpo – racconta – ma ho cominciato a pensare di esporle perché la forza passava di lì”.

Ibid.

Che forza passa di lì? Non quella che ruggisce e scalpita, ma proprio quella che si tuffa e sente il brivido dell’acqua fredda. La stessa che procura un forte dolore ai polpastrelli del violinista. Quando facciamo sul serio qualcosa, siamo esposti.

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