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Come è nato il rosario, la preghiera per i fedeli che non sapevano il latino

ROSARY

Ruggiero Scardigno | Shutterstock

Toscana Oggi - pubblicato il 11/10/21

Quando è nata la preghiera del Rosario? Perché è così lunga? Una storia che ha a che fare con i monaci e la battaglia di Lepanto

Quando è nata la preghiera del rosario? Perché è così lunga? Come è stato deciso il numero di ave Maria da dire?

Risponde padre Lamberto Crociani, docente di Liturgia
La tradizione latina del primo millennio non conosce il Rosario. La preghiera per eccellenza era appunto il Salterio, i centocinquanta salmi attribuiti dalla trazione biblica al re Davide. Le testimonianze più antiche ci ricordano che anche il popolo, specialmente la domenica, partecipava alla preghiera salmica. Sappiamo anche che col passare dei decenni il popolo perse la conoscenza del latino, quindi la sua partecipazione alla preghiera liturgica divenne sempre di minor rilevanza. Pertanto la preghiera salmica restò, per quello che fu possibile, tra il clero diocesano e nei monasteri, dove era solennemente cantata ogni giorno fino ad arrivare a esagerazioni notevoli tra i monaci cluniacensi che trascorrevano la giornata a cantare salmi non solo delle ordinarie ore liturgiche, ma anche aggiungendo a queste altre ore minori che permettessero il raccordo con le ore maggiori (mattutino con l’appendice di lodi, prima, terza, sesta, vespro e compieta). Questo a scapito del lavoro, l’altro aspetto fondamentale della Regola di Benedetto: a questa posizione si oppose san Bernardo con la sua congregazione (i Cistercensi). Questo esula dal nostro soggetto, che però resta comunque legato alla preghiera monastica, quando giunsero nei monasteri persone desiderose di vivere la vita di conversione monastica senza avere alcun rudimento del latino: tale condizione rendeva impossibile la partecipazione attiva nel canto dei salmi.

Attorno alla metà del secolo IX, quindi alla fine del primo millennio, forse nei monasteri dell’Irlanda, si cominciò a utilizzare per coloro che non conoscevano il latino una nuova forma di preghiera che in qualche modo avesse una relazione col salterio. Per questi uomini desiderosi di preghiera e conversione fu proposto l’uso di sostituire la recita dei centocinquanta salmi con altrettanti «Padre nostro», da pregare mediante l’uso di una cordicella dove erano stati fatti centocinquanta piccoli nodi.

Inizia così l’uso del cosiddetto Salterio dei poveri, ritenuti tali quelli che non potevano pregare i salmi. Questo sistema di preghiera si diffuse in tutti i monasteri europei per gli stessi motivi. Attorno al secolo XII si diffuse anche l’uso della Salutazione angelica nella sua prima parte: si nota pertanto come nelle istituzioni monastiche è annotato che il salterio dei poveri aggiungesse ai centocinquanta salmi altrettante Ave. Si comincia così l’uso che segnò l’inizio della preghiera del Rosario, che diventerà un vero salterio mariano fatto appunto di centocinquanta Ave Maria. Per la recita si continuò a usare la stessa cordicella annodata, che conservò per molto tempo il nome di Pater noster anche quando serviva recitare solo le Ave Maria.

Nel secolo XIV, poi, il certosino Enrico di Kalkar portò la preghiera del Rosario più o meno al sistema che anche oggi conosciamo: egli suddivise il salterio mariano in 15 decine inserendo, tra una decina e l’altra, il Padre Nostro.

Nello stesso periodo si cominciò a diffondere la notizia, sembra sostenuta specialmente da Alano de la Roche che san Domenico fosse l’iniziatore del Rosario diffuso per ottenere la conversione di eretici, non credenti e peccatori. È noto a tutti il quadro classico della Vergine che offre la corona a san Domenico e a santa Caterina da Siena.

Sicuramente l’apogeo del Rosario si ebbe il 7 ottobre 1571 con la battaglia di Lepanto contro la marineria turca. Si narra che sulle navi dai comandanti fino al vogatori si combattesse e si morisse pregando il Rosario. Quando ventitre giorni dopo la notizia della vittoria delle forze cristiane contro i Turchi giunse a Roma, il papa domenicano Pio V, che aveva benedetto per i combattenti lo stendardo col Crocifisso e i santi Pietro e Paolo e quello della Madonna con la scritta succurre miseris (soccorri i poveri), attribuì la vittoria alla recita del Rosario e istituì la festa di Santa Maria della Vittoria a partire dal 7 ottobre 1572. Gregorio XII mutò il titolo della celebrazione in Madonna del Rosario. L’evento di Lepanto e la conseguente istituzione della festa del 7 ottobre sono la principiale motivazione per cui il mese fu consacrato alla preghiera del Santo Rosario fino a oggi. Il ricordo della battaglia di Lepanto è evidente ancora nella supplica ottocentesca di Pompei, che oltre al mese di maggio, si prega anche la prima domenica di ottobre: «O augusta Regina delle vittorie, ministra fedelissima della Divina Provvidenza…»

La preghiera del Rosario è sicuramente la più diffusa nella storia del popolo cristiano, preghiera facile per tutti. Ma allo stesso tempo preghiera completa, perché contempla tutto il mistero del Cristo Signore, cui è unita la Madre dall’Annunciazione fino alla Gloria. Per secoli i papi da Urbano IV (1261-1264) fino a Giovanni Paolo II sono tornati con i loro interventi a sostenere la recita del Rosario: non dimentichiamo l’insistenza di papa Paolo VI.

La tradizione ha visto lungo la storia tre aspetti fondamentali del Cristo e della Vergine compendiati nei tre gruppi dei misteri gaudiosi (dall’annuncio ai Nazaret al ritrovamento del Bambino nel Tempio), di quelli dolorosi (dall’agonia nel Getsemani alla morte in Croce) e di quelli gloriosi (dalla Resurrezione all’assunzione e glorificazione della Madre di Dio). Giovanni Paolo II ha aggiunto a questi misteri della tradizione secolare una nuova serie: i misteri della Luce. Questi si pregano il giovedì, a sostituzione dei misteri gaudiosi, e toccano le tappe fondanti della vita storica del Signore: il Battesimo al Giordano, le nozze di Cana, l’annuncio del regno con l’invito alla conversione, la Trasfigurazione e l’istituzione dell’Eucaristia. Notiamo nella scansione di questi misteri la complementarietà e il completamento della serie tradizionali.

Così articolato il Rosario si presenta come una sintesi di tutto il Vangelo che facilmente si può richiamare alla memoria per una vita secondo la Parola di Dio. Nel Rosario non possiamo separare l’aspetto puramente devozionale da quello teologico dottrinale, questi infatti sono così uniti da costituire un unico corpo. Se consideriamo i misteri e tutta l’ articolazione delle sue parti, scopriamo la centralità unica della Parola di Dio, che è il suo unico fondamento.

Qui l’articolo originale pubblicato da Toscana Oggi

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