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La preghiera è la vittoria di saperci amati

ESSERE AMATI

Di Natalia Lebedinskaia|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 07/10/21

Pregare non è una richiesta disperata verso l'ignoto o al massimo verso un Dio potente ma impassibile. E' rivolgersi a Chi ci ama, è di parte e smentisce continuamente la tentazione di sentirci inutili e senza valore.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall’interno gli risponde: Non m’importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.
Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?
O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?
Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».
(Luca 11,5-13)

La preghiera è grido a Qualcuno

La preghiera non è un nostro disperato tentativo di chiedere aiuto quando non ne possiamo più o quando non riusciamo ad affrontare o a vivere qualcosa della nostra vita. La preghiera non esprime solo un bisogno. Non è l’urlo nel vuoto di chi è disperato. Potrà anche essere un urlo, un grido, ma è sempre un urlo e un grido verso Qualcuno.

E questo Qualcuno non è “il motore immobile” dell’universo come diceva Aristotele. Il nostro Dio non è un “Dio fermo”, impassibile che in maniera bronzea incassa le nostre grida e le nostre preghiere rimanendo indifferente.

Insistenza molesta

Se pensassimo anche solo questo di Dio dovremmo per lo meno fare il ragionamento che cerca di fare Gesù nel vangelo di oggi:

“vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono”.

Ciò significa che anche l’idea sbagliata che a Dio non importa niente di noi non deve farci desistere dal pregare, perché anche solo per toglierci di torno, alla fine ci ascolterebbe.

Il nostro è un Dio di parte

Ma la verità è un’altra. Dio non è impassibile perché ama. È un Dio di parte, non fermo. Per questo quando preghiamo dobbiamo farlo con questa fiducia: “chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”.

Così la preghiera stessa diventa un valoroso atto di disobbedienza a quella depressione, disistima e insicurezza che ci portiamo dentro e che ci ripete continuamente “non importa a nessuno di te, non c’è nessuno che ti aspetta, non meriti niente”.

Pregare è “disobbedire”

Pregare è disobbedire a questa voce che sappiamo essere la voce dell’Accusatore che usando del male che abbiamo vissuto cerca di fermare il nostro cammino convincendoci che siamo soli e senza speranza.

In questo modo possiamo forse capire che la preghiera non è semplicemente ottenere qualcosa ma è innanzitutto cercare di affermare qualcosa che è più grande delle nostre stesse richieste.

La preghiera è la vittoria di saperci amati contro la stortura interiore che ci dice esattamente il contrario.

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