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La stretta amicizia tra due giganti spirituali

Stefan Wyszyński

VATICAN POOL | AFP

Małgorzata Bilska - pubblicato il 24/09/21

Wojtyła e Wyszyński si sono sostenuti e protetti lealmente

Nel 2020 la Chiesa della Polonia doveva celebrare il centenario della nascita di San Giovanni Paolo II e la beatificazione del Primate Stefan Wyszyński, ma a causa della pandemia le celebrazioni per l’anniversario sono state molto ridotte e la beatificazione rimandata, cosa che ha lasciato più tempo per riflettere al riguardo.

È difficile non notare che la figura del Primate polacco può essere usata facilmente per scopi lontani da quelli religiosi e spirituali. Come indica la dottoressa Ewa K. Czaczkowska nel suo nuovo libro Prymas Wyszyński. Wiara. Nadzieja. Miłość (Il Primate Wyszyński. Fede. Speranza. Amore), la grandezza di Wyszyński era dovuta non solo al fatto di essere un patriota preoccupato per il futuro della Nazione polacca, ma anche all’essere un servo di Dio disinteressato, un cristiano e un sacerdote che usava il suo potere e la sua autorità intendendoli come autentico servizio.

Senza Wyszyński non ci sarebbe stato un “Papa da un Paese lontano”, e forse neanche un Papa santo. Il potere e l’autorità hanno lo stesso rapporto con la santità della ricchezza nella parabola del cammello e della cruna dell’ago.

▶️ Ecco alcune foto che mostrano Stefan Wyszyński e Karol Wojtyła insieme: ◀️

Il potere delle argomentazioni piuttosto che le argomentazioni del potere

Ewa Czaczkowska è storica, autrice della biografia del Primate Wyszyński e di molti articoli su di lui. Il suo nuovo libro sembra essere fatto apposta per la beatificazione. È composto da 11 capitoli, un’intervista e un calendario di eventi, e si concentra sugli aspetti del Primate che a suo avviso lo hanno fatto spiccare maggiormente.

Wyszyński era modesto, umile e dedito alla preghiera. Perdonava le ingiustizie altrui, che ha subìto in buona quantità, e non solo da parte dei comunisti. Li rispettava, e pregava per persone particolari del regime.

I capitoli 5 e 6 della biografia sono intitolati “Non si è fatto intimidire” e “Non ci offendiamo; parliamo”. Il capitolo su quanto il Primate Wyszyński apprezzasse l’opinione delle donne, i loro ragionamenti, la loro educazione, percezione del mondo, fede, devozione e diligenza è ispiratore. Il cardinale non si lasciava certo influenzare da pregiudizi e dicerie!

Percorse un territorio inesplorato, impartendo l’insegnamento del Papa polacco sull’uguaglianza tra uomo e donna e sul contributo dei talenti femminili alla vita pubblica, grazie alla sua vicinanza al laicato.

Il capitolo della biografia di Wyszyński dedicato al lavoro mostra che se si vuole contrastare in modo efficace un’ideologia ci si deve sforzare di riconoscere il problema sociale alla base di questa. Si devono conoscere le argomentazioni usate dagli oppositori, comprendere il loro modo di pensare e riuscire a diagnosticare subito il problema.

Il cardinal Primate non temeva il dialogare con il regime comunista polacco, essendo ben preparato al riguardo. Aveva familiarità con la letteratura marxista e l’insegnamento sociale della Chiesa. Scrisse una tesi dottorale sull’argomento e ne iniziò una post-dottorale prima della II Guerra Mondiale.

Era un pastore per i lavoratori e i sindacati, e la questione dello sfruttamento da parte dei capitalisti non gli era estraneo. Poteva essere un modello per i critici dell’ideologia che sminuiscono i loro oppositori anziché confutarne le argomentazioni.

Un santo patrono dei vescovi?

L’autrice evita le insidie delle agiografie eccessivamente sdolcinate, e il lettore ha l’impressione che scopra un’altra volta il Primate Wyszyński. Questo si vede al meglio in un’intervista a fra’ Zdzisław Kijas OFMConv, relatore del processo di beatificazione del Primate polacco. Il relatore, come dice fra’ Kijas, “è colui che dirige il lavoro, come il supervisore di una tesi universitaria. Il suo dovere è dirigere l’operato di chi è coinvolto nella creazione della positio, ovvero il documento che deve provare le virtù eroiche del Servo di Dio”.

La Czaczkowska ha posto una domanda al francescano: “Spesso guardiamo la vita del Primate Wyszyński attraverso il prisma di ruoli che ha interpretato: primate, uomo di stato e interrex che ha sconfitto il comunismo. Come hanno influito queste funzioni e questi ruoli sulla valutazione del suo ruolo nell’iter di beatificazione?”

“Ciascuno di noi ricopre dei ruoli sociali”, ha risposto il religioso. “Il Primate aveva una personalità così forte da ricoprire i suoi importanti ruoli in modo unico. Il processo intendeva scoprire nella vita del Primate ciò che era nascosto sotto le vesti dell’uomo di Stato o del leader ecclesiale. Volevamo portare alla luce la sua umanità […], tutto ciò che in genere viene trascurato quando si parla di persone importanti”.

Come Papa Giovanni Paolo II, Wyszyński è stato in primo luogo e innanzitutto un essere umano, e solo dopo un leader ecclesiale. La prima enciclica del Papa polacco, la Redemptor Hominis, contiene una frase che è una vera indicazione patorale: “l’uomo è la via della Chiesa”. Quest’uomo che è peccaminoso, povero, caduto, immorale, alla ricerca, ribelle, deluso e spezzato. Pensiamo raramente che questo significhi anche che “il vescovo è la via della Chiesa”, forse perché una funzione vela per noi l’essere umano. Si possono costruire relazioni sane in una comunità basata solo sulle funzioni?

Secondo fra’ Kijas, il Primate può essere un “patrono dei vescovi”, “patrono di coloro che servono i bisognosi” e “patrono di coloro che pensano che non ci sia via d’uscita per le loro situazioni”.

Un duo di santi

Il capitolo più rivelatore del libro di Ewa Czaczkowska è intitolato “Un’amicizia (spirituale)”. Il titolo stesso è interessante, perché se si parla molto della maternità spirituale, si dice molto meno della paternità e dell’essere fratelli a livello spirituale, e ancor meno dell’amicizia spirituale, a meno che non si parli di amicizia di persone dichiarate sante dopo la loro morte. Qual è stato il rapporto insolito tra i due cardinali?

Li separavano 19 anni, un’intera generazione. Wojtyła era un artista, poeta e filosofo. Wyszyński era affascinato dall’insegnamento sociale della Chiesa, e aveva una sensibilità e un’espressività diverse. Entrambi “persero la madre a nove anni”, e si aggrapparono alla Beata Vergine Maria con tutto il cuore per il resto della loro vita. Come osserva la Czaczkowska, “entrambi amavano trascorrere il loro tempo libero in compagnia dei laici, ma anche qui emerge una differenza di personalità: il Primate era per loro un ‘padre’, mentre Wojtyła era uno ‘zio’”.

Si sostenevano e proteggevano a vicenda. Sapevano come prendersi cura del bene comune rinunciando alle proprie ambizioni. Dovevano cooperare; nel 1969, l’arcivescovo metropolita di Cracovia era vicepresidente della Conferenza Episcopale Polacca, ma erano nella stessa barca nello spirito di responsabilità per il futuro della Chiesa, non solo quella della Polonia. Erano leali l’uno con l’altro, mostrando solidarietà e fiducia.

La Czaczkowska offre esempi di situazioni in cui il cardinal Wojtyła si mise intenzionalmente nell’ombra di modo che la comunità internazionale non pensasse che era il rappresentante della Chiesa in Polonia al posto del Primate Wyszyński. Una situazione del genere si verificò quando il regime polacco impedì al Primate di partire per Roma per un sinodo dei vescovi. Il futuro Pontefice evitò qualsiasi parvenza di rivalità. Dopo la sua elezione, Wojtyła sottolineò spesso che il Primate aveva offerto la direzione per il suo pontificato.

Conosciamo tutti le parole “Spalancate le porte a Cristo”, ma pochi sanno che nel 1956 il Primate Wyszyński aveva detto nel santuario mariano di Jasna Góra: “Spalancate le porte della ragione umana […]. Spalancate le porte della volontà umana […]. Spalancate le porte del cuore umano […]”. È un dato di fatto che la pensassero allo stesso modo in molti aspetti, anche se uno era considerato un cardinale conciliatore e l’altro un tradizionalista e un primate del popolo. Il contributo di Wyszyński all’insegnamento di Papa Giovanni Paolo II richiede ulteriori ricerche.

Il Papa santo riveriva il primate beato, come si può constatare da un aneddoto sugli sciatori. Quando era a Roma, il cardinale Wojtyła rimase sorpreso dal fatto che i porporati italiani non sciassero pur avendo delle montagne splendide e disse: “In Polonia, il 40% dei cardinali scia”. Quando qualcuno osservò che c’erano solo due cardinali polacchi replicò: “Il cardinal Wyszyński conta come il 60%”.

Entrambi avrebbero preferito essere ultimi piuttosto che primi. I ruoli che hanno ricoperto li hanno resi primi, cosa che non ha avuto un impatto negativo sulla loro condotta. Non si sentivano primi davanti a Dio. Forse questo può insegnarci che anche un cammello può passare attraverso la cruna di un ago?

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