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Eutanasia, il giurista: legge ambigua e confusa, ai malati terminali serve altro

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Shutterstock / nito

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 21/09/21

Antonelli, docente in diritto sanitario e farmaceutico della Cattolica: "Di fronte a persone che versano in condizioni umane drammatiche la comunità e le istituzioni pubbliche sono soprattutto chiamate ad assicurare i servizi necessari per alleviare le sofferenze e il dolore"

Quattrocento emendamenti alla proposta di legge sul fine vita, presentati nelle Commissioni Giustizia e Affari Sociali alla Camera. Rallenta l’eutanasia, ma è ancora troppo poco per fermare definitivamente un provvedimento legislativo assai discutibile.  

La proposta procede di pari passo al referendum invocato dai Radicali a favore di una legge per depenalizzare l’eutanasia stessa. Ed è un passo in avanti rispetto al “suicidio assistito”, reso lecito dalla Corte costituzionale entro limiti strettissimi, demandati al Parlamento (Avvenire 17 settembre).

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Dj Fabo, caso di “suicidio assistito”, che ha diviso l’opinione pubblica italiana.

“Morte volontaria medicalmente assistita”

La proposta di legge reca le disposizioni in materia di “morte volontaria medicalmente assistista”, una perifrasi per indicare l’eutanasia. E’ composta da 8 articoli che indicano le finalità della legge, i presupposti e le condizioni, i requisiti, la forma della richiesta e le modalità. Inoltre, prevede l’esclusione di punibilità per il personale sanitario che “applica” la procedura e l’istituzione di Comitati per l’etica nella clinica.

La finalità della legge consiste nel consentire ad una persona, in determinati casi e a specifiche condizioni, di chiedere assistenza medica per porre fine alla propria vita. La normativa è diretta ai soggetti che siano affetti da una patologia irreversibile o da una prognosi infausta (art. 1). La proposta di legge definisce la “morte volontaria medicalmente assistita” come il decesso determinato da un atto autonomo con il quale, in esito al percorso disciplinato dalla legge, “si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e la supervisione del Servizio Sanitario Nazionale” (art. 2) (Altalex, 8 luglio).

Aleteia ha parlato di questa proposta di legge che apre ulteriormente le porte all’eutanasia, con il professore Vincenzo Antonelli, docente in diritto sanitario e farmaceutico presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

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Il professore Vincenzo Antonelli.

D: Tutti questi emendamenti, circa 400, che conseguenze possono avere sul lavoro delle commissioni? 

R: «Il numero rilevante degli emendamenti testimonia la particolare attenzione che i parlamentari stanno riponendo sul disegno di legge che affronta una problematica delicata sul piano etico e giuridico e complessa su quello medico e scientifico. L’ampio dibattito parlamentare non può che contribuire a migliorare e correggere un discutibile testo caratterizzato da ambiguità, imprecisioni ed omissioni, come nel caso del mancato riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza dei professionisti sanitari, sancito invece espressamente dal giudice costituzionale». 

«Il fatto che quasi tutte le forze politiche hanno presentato emendamenti non consente di cogliere una mera volontà dilatoria ed ostruzionistica. Sarà compito della commissione parlamentare individuare tempi congrui per l’esame delle proposte di modifica del testo. E per la trasmissione all’assemblea per l’approvazione definitiva secondo il calendario dei lavori parlamentari»

D: Il referendum proposto dai radicali a che tipo di situazione giuridica porterebbe?

R: «Si tratta di una proposta referendaria che, travalicando i paletti fissati dalla Corte Costituzionale per escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio, porta ad incerte e pericolose conseguenze sul piano giuridico. Chiunque a prescindere da una grave condizione medica e al di fuori di procedure certe di controllo da parte delle strutture sanitarie pubbliche potrebbe richiedere ad altri di porre fine alla propria vita».

«La richiesta referendaria va ben oltre la volontà dei promotori di assicurare la non punibilità per coloro che determinano la morte di persone tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale e affette da una patologia irreversibile, impropriamente chiamata “eutanasia legale“. E finirebbe per legittimare in maniera incontrollata situazioni ambigue e confuse».

D: Il diritto alla salute non verrebbe meglio servito garantendo davvero cure palliative e terapie del dolore? 

R: «Di fronte a persone che versano in condizioni umane drammatiche la comunità e le istituzioni pubbliche sono soprattutto chiamate ad assicurare i servizi necessari per alleviare le sofferenze e il dolore e tutti i supporti indispensabili per le esigenze del malato e della sua famiglia. Ciò che veramente bisogna contrastare è l’abbandono, l’isolamento e l’esclusione sociale del malato terminale». 

«Non è più rinviabile il potenziamento, anche con ulteriori risorse finanziarie, della rete delle cure palliative e dell’assistenza domiciliare che garantiscono vicinanza, relazioni umane e dignità anche nella malattia». 

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