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3 suggerimenti per smettere di giudicare gli altri

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Luisa Restrepo - pubblicato il 20/09/21
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Siete in contatto con voi stessi? Se entrate onestamente nella vostra interiorità, sarete più umili al momento di guardare gli altri

Una delle strategie difensive più abituali è l'attacco: se vuoi evitare che qualcuno ti accusi vedendo le tue debolezze devi anticiparlo, invertendo le accuse che la persona potrebbe lanciare.

Proprio per questo, dietro l'accusatore c'è una persona che teme di essere scoperta.

In altri termini, diventiamo giudici degli altri per evitare di guardare dentro di noi.

Diventiamo giudici degli altri per convincerci del fatto che non abbiamo niente a che vedere con quel peccato.

Siamo giudici che cercano continuamente di costruire un'apparenza di innocenza a scapito degli altri.

Per non aver paura di guardare dentro di noi ed evitare di giudicare gli altri, vi offro questi 3 suggerimenti:

Spesso ci troviamo di fronte a persone che si ergono a giudici, o spesso lo siamo noi stessi, cercando i segnali esterni dei presunti crimini altrui.

Interpretiamo quei segni in modo soggettivo, ovvero facendo ipotesi che partono da quello che pensiamo o sentiamo, e quindi carichiamo gli altri delle intenzioni che in realtà appartengono al nostro cuore.

Proiettiamo facilmente sugli altri quello che noi stessi abbiamo fatto o vorremmo fare.

Non abbiamo altra chiave per comprendere la realtà della nostra esperienza personale. Dobbiamo però metterci nei panni degli altri e renderci conto che ci sono realtà diverse dalla nostra.

È sempre bene ascoltare il consiglio di Gesù e imparare a distinguere ciò che dicono le labbra da quello che pensa realmente il cuore.

Come i farisei e gli scribi, preferiamo mettere al centro l'esteriorità semplicemente perché è più gacile da controllare, giudicare e condannare.

Al contrario, l'interiorità è fuori dal nostro controllo. Non sapremo mai cosa c'è davvero nel cuore dell'altro, e allora come possiamo giudicarlo?

Nessuno può mettere le mani nell'interiorità dell'altro. Nella migliore delle ipotesi, possiamo giudicare le sue azioni, ma non possiamo mai porre un'etichetta all'anima del fratello. Quell'interiorità è sacra, e solo Dio la conosce pienamente.

Se, a differenza dei farisei, cerchiamo di evitare facili conclusioni su quello che crediamo di vedere dell'altro, cominceremo a entrare nella logica del Vangelo.

Passeremo così dall'ipocrisia alla prudenza: se vogliamo il bene dell'altro, non abbiamo bisogno di nominarci giudici, dobbiamo solo iniziare a guardare prima dentro di noi. Solo così ci accosteremo umilmente all'interiorità altrui.

Con quanta strana durezza parliamo gli uni degli altri! E ciò che colpisce è che nessuno ci ha nominati giudici di nessuno, ma ci siamo autoattribuiti questa funzione e spesso abbiamo già dettato la nostra sentenza (di condanna) ancor prima di ascoltare.

Visto che lassù ci giudicheranno con la misura con cui abbiamo misurato... attenzione!

Quanto siamo magnanimi, invece, al momento di scusare le nostre mancanze! Quanto è rara l'ipotesi in cui non ci assolviamo nel tribunale del nostro cuore, lasciando l'esigenza agli altri.

Anche nei nostri errori più evidenti troviamo sempre montagne di attenuanti, di esenzioni, di scuse giustificatorie. Che bravi ragazzi sembriamo allo specchio delle nostre coscienze dovutamente truccate! Che capacità di autoinganno abbiamo!”.

Martín Descalzo

Se fossimo nei confronti di noi stessi non giudici esigenti (senza bisogno di essere negativi), ma persone che indicano senza paura ciò che va male dentro di noi, ci renderemmo conto che guardare con occhi d'amore gli altri è più facile di quanto crediamo.