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Vuoi conoscerti davvero? Prova a conoscere Gesù

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RollingCamera | Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 17/09/21

Dagli un nome che pronunciandolo parli di te. Cercando di sapere chi è Gesù finisci per trovare te stesso...

Gesù nasconde la chiave per conoscere se stessi, per conoscere l’essere umano. La conosceva e ha aiutato i Suoi seguaci a scoprirla. Un modo per cercare di conoscerlo è dargli un nome, quello che aiuta maggiormente a identificarlo.

Oggi penso alla domanda del Vangelo: chi è Gesù per me? Vorrei scoprirlo chiaramente. Gesù è il mio Maestro, mio fratello, la mia guida.

Oggi vorrei pensare a tutto ciò che rappresenta nel mio cammino di vita. Chi è?

Voglio dare un nome a Gesù. Ha a che vedere con il mio nome, risuona nella mia anima.

È il pellegrino che cammina al mio fianco. Quello che percorre la mia terra. Quello che mi aspetta sempre quando torno a casa. Quello che mi cerca quando mi allontano pieno di vergogna.

È Gesù il volto davanti al quale mi inchino. La presenza che riempie i miei vuoti. Cammina con me nella mia solitudine e sostiene le mie paure.

Costruisce con me luoghi in cui possano arrivare coloro che non hanno speranza. È lo sguardo che mi trattiene perché non smetta di guardare il suo amore profondo.

È la voce che mi chiama per nome perché non dimentichi chi sono, a chi appartengo. Pronunciando il Suo nome ascolto il mio.

Cercando di sapere chi è Gesù, finisco per trovare me stesso.

So che naviga sulla mia barca perché non mi perda. E guida la mia rotta perché non mi allontani dal Suo amore che salva.

È Gesù il senso di tutto quello che faccio, e Colui che mi fa vedere che solo per Lui, per amor Suo, sono disposto a rinunciare a tutto.

Con Lui posso percorrere le mie vie, perché la Sua forza diventa la ragione della mia speranza. 

Come Gesù si è mostrato ai Suoi amici

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Molte volte si sarà reso conto che la gente non Lo capiva. Lo confondevano con uno dei profeti. Non avevano altri criteri per giudicare le Sue opere.

Erano miracoli che richiamavano l’attenzione. Aveva parole piene di vita, e i Suoi gesti erano chiari e profondi. Ma non sapevano che era Dio. In Lui vedevano semplicemente un profeta.

Gesù non aveva motivi per rattristarsi. Era normale che Lo considerassero così. Compiva miracoli e suscitava aspettative.

Avrebbe potuto togliere i figli di Dio da sotto le pietre. Aveva un potere apparentemente illimitato. Nulla poteva fermarlo. Come non credere nel Suo potere?

Quando il cuore ha toccato i limiti, vive solo aspettando miracoli che superino ciò che è ragionevole. Un miracolo che spezzi le frustrazioni e apra a una vita infinita. È quello che sogna l’anima.

E Gesù era quel profeta che veniva a denunciare e a cambiare tutto. È quello che si aspettava la gente.

Quelli che Lo vedevano da lontano. Quelli che ascoltavano le Sue parole dalla riva o ai piedi della montagna. Erano quelli che cercavano un guaritore, un uomo con parole nuove, piene di vita.

È Colui che lancia la domanda

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Gesù, però, vuole sapere qualcosa di più. Si mostra vulnerable davanti ai Suoi e chiede: “E voi, chi dite che io sia?”

Questa domanda mi commuove. Ha bisogno di sapere cosa pensano quelli che sono più vicini a Lui, che Lo amano con tutto il cuore.

Quelli che hanno condiviso la Sua tavola, i Suoi sogni. Quelli che hanno percorso con Lui le strade polverose. Che hanno subìto con Lui il disprezzo di alcuni e l’ammirazione di molti.

Sono quelli che hanno condiviso la Sua quotidianità e mantengono un’intimità sacra con il Maestro. Cosa pensano?

Gesù ha bisogno di sapere se i loro primi passi vanno nella giusta direzione. Avranno compreso qualcosa della missione? Sonda l’anima dei Suoi.

Forse intuisce ciò che pensano, ma vuole che lo dicano a voce alta. Cosa vedono in Lui?

Tu sei…

E allora Pietro risponde: “Tu sei il Cristo”.

Questa risposta colpisce Gesù. Ha scoperto l’aspetto più intimo della Sua missione, e allora spiega cosa significa: 

“Bisogna che il Figlio dell’uomo soffra molte cose e sia respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, sia ucciso, e risusciti il terzo giorno”.

La Sua missione non sarà compresa. Vuole chiarire loro quello che ora possono solo intravedere con poca chiarezza. Egli è il Messia, e il mondo non accetta il Salvatore. Per questo rifiuteranno il Suo messaggio.

Chiudersi nei confronti di quello che non vogliamo

Ma Pietro non vuole ascoltare. Ha molte aspettative nei confronti di Gesù. “Pietro, trattolo da parte, cominciò a rimproverarlo”..

Non può parlare con quel linguaggio senza speranza. La Sua morte non può essere la fine di tutto. Egli è venuto per salvare il mondo. È lì per cambiare le cose.

Pietro è un buon rappresentante. Sa meglio di Gesù cosa conviene dire in quei casi. Comprende l’animo umano e quanto sia fragile. Il messaggio di Gesù non può essere quello.

Ci sono sempre persone che mi dicono cosa mi conviene dire. Quello che è meglio per la mia immagine. Perché si manifesti il potere della Parola.

Sì, ci sono sempre sguardi molto umani che provano a trarre il meglio da tutto.

Una pratica pastorale adeguata. Un metodo che funziona. Meglio coprire la croce, non parlare della morte. Solo della vita, oscurando la sofferenza.

Cercare di nascondere il dolore perché nessuno soffra. Meglio non parlare di sconfitte che offuscano le nostre ansie di vittoria. Pietro la pensa come me, con criteri umani.

Per questo Gesù lo affronta dicendo: “Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini”.

Pietro pensa come gli uomini. Anch’io. Mi costruisco un’immagine di Gesù che mi salva. Un’immagine positiva in cui il bene vince sempre.

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