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Hanno perso le due figlie negli attentati di Parigi: “Non abbiamo conosciuto Dio fino alla loro morte”

FRANCE

GUILLAUME SOUVANT / AFP

Violeta Tejera - pubblicato il 16/09/21

Èrick e Sylvine Pétard hanno perso le figlie di 24 e 27 anni negli attentati islamisti di Parigi del 13 novembre 2015. Riavvicinarsi a Dio ha permesso loro di andare avanti

L’11 novembre 2015, Anna si è recata a Parigi da Barcellona, dove risiedeva, per fare una sorpresa alla madre per il suo compleanno. Arrivata nella Ville Lumière, è uscita a cena con la sorella, ma sono state crivellate a colpi di kalashnikov dai terroristi.

I genitori, rendendosi contro che l’attacco aveva avuto luogo vicino alla casa della figlia Marion, hanno cercato di localizzarla, ma non rispondeva al telefono. Il giorno dopo, una telefonata del Ministero dell’Interno ha confermato i sospetti peggiori. Quando ha suonato il telefono, la madre se l’è presa con Dio, anche se confessa di averlo conosciuto in modo approfondito dopo la morte delle figlie.

Credenti, ma non praticanti

Èrick e Sylvine sono nati in famiglie cristiane ma non erano praticanti. Dopo la Prima Comunione, Érick ha smesso di pregare molto, ma confessa di aver avuto la certezza nel cuore che siamo qui per uno scopo.

Neanche Sylvine andava a Messa, ma pregava insieme al marito per amore e fedeltà nei suoi confronti. In macchina o mentre andavano al lavoro, solo per accompagnarlo.

Entrambi hanno educato le figlie nella fede cattolica.

Il colpo della morte

Dopo l’uccisione delle figlie, i genitori hanno iniziato a ricevere aiuto psicologico per cercare di sopportare la durissima realtà.

Un anno dopo l’attentato, Érick ha chiesto alla moglie di ricorrere di più a Dio anziché allo psichiatra. Sylvine ha cercato il Signore e si è riavvicinata a Lui.

Quando hanno ritrovato la fede?

Sylvine ha raccontato che un giorno, entrando nella stanza della figlia Anna, Dio l’ha guidata verso la Bibbia che aveva ricevuto per la Prima Comunione. Ha iniziato a leggerla sempre di più e a pregare. Senza voler parlare di una visione, Sylvine dice che Dio era lì, insieme alla sue figlie e alla Vergine Maria. Una sera, riferisce, la Madonna se le è portate via, e da allora Sylvine ha sentito di essere in pace. È riuscita a respirare e a sentire che quando arriverà in cielo le sue figlie saranno lì con Maria a darle il benvenuto.

Il marito è più cauto. Dice di non aver avuto una visione, ma che da allora la sua vita di preghiera si è intensificata, come anche la sua devozione alla Madonna.

Come hanno seguito il nuovo cammino di fede?

Hanno iniziato ad andare a Messa più spesso, e vari sacerdoti li hanno aiutati e accompagnati nel lorolo dolore. Dal 2016, dicono, hanno una vita di preghiera continua. Pregano insieme ogni mattina con la Bibbia, e poi separatamente altri 45 minuti ciascuno in una stanza. È una routine che hanno voluto stabilire e che dà loro speranza. Prima di dormire, Sylvine scrive alle figlie, prega e legge nuovamente la Bibbia.

Suo marito recita l’Angelus ogni giorno e prega la Santissima Trinità. Come dice, sono tre preghiere per ottenere forza, saggezza e misericordia. Entrambi partecipano anche come coppia a pellegrinaggi e soggiornano nelle abbazie.

Le figlie sono sempre presenti

Hanno una vita di silenzio e meditazione. Ricordano le figlie con ogni cosa e in ogni luogo, e affermano che anche se la sofferenza non è cambiata, la vivono meglio pensando che le figlie siano con la Vergine. Sanno che non ci saranno più ricordi e che non potranno mai diventare nonni, ma dicono che Anna e Marion saranno sempre con loro.

Ora, mentre a Parigi si celebra il processo contro i terroristi che hanno provocato 137 morti e 415 feriti nelle strade e nella sala Bataclan, Érick e Sylvine hanno deciso di pubblicare un libro.

Si intitola Attentats du Bataclan: l’espérance qui nous fait vivre (Gli attentati del Bataclan: la fede che ci mantiene vivi), ed è un racconto con cui cercano di avvicinare a Dio coloro che hanno subìto una disgrazia perché non restino nel vuoto di non sapere cosa fare. Loro, nel frattempo, cercano di andare avanti. La loro fede e il fatto di sapere che un giorno incontreranno di nuovo le figlie è l’unica speranza che nutrono.

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