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Perché non sono capace di perdonare?

Perdonare

Shutterstock/Surasak Ch

padre Carlos Padilla - pubblicato il 14/09/21

Non c'è nulla che sia sufficiente perché avvenga il perdono, né il pentimento del colpevole, né il suo castigo o la sua condanna

Mi è chiaro che il perdono è molto difficile. Tante volte perdono in nome di Gesù. È Lui che lo fa, non sono io. Io do solo voce alle Sue parole e compio con la mia mano il Suo gesto.

E do un perdono che non è mio, perché sono troppo piccolo e il perdono trascende le mie forze. Perdono mancanze e peccati con una facilità unica. È Dio che perdona, e io obbedisco soltanto.

Poi, però, quando qualcuno mi ferisce e mi danneggia, quando il rancore si insedia nella mia anima, l’impotenza si impadronisce di me. Non posso farlo, non sono capace di assolvere nessuno nel mio nome. Non riesco a perdonare dimenticando il rancore che mi danneggia tanto.

Qualcuno ha fatto un danno a me o a persone che apprezzo e ammiro. E mi ribolle il sangue dentro. E non sorge il desiderio di perdono, quanto piuttosto quello di vendetta.

Come posso arrivare a perdonare di cuore chi mi ha fatto del male? La ferita è aperta. L’odio che è sbocciato un giorno non viene mitigato dal tempo. Mi dicono che se perdono mi libero, e se non perdono resto incatenato a chi mi ha fatto del male.

È vero, non lo nego, ma la catena del rancore è troppo spessa. E quello che resta inciso nel cuore non è facilmente cancellabile. Non riesco a dimenticarlo.

Leggevo giorni fa:

“Perdonagli quello che ti ha fatto tanto male da farti reagire in quel modo, e fa’ quello che sai che devi fare perché ti perdoni. Non permettere che nulla te lo impedisca. Solo queste cose valgono la pena, il resto non vale niente”.

Perdonare ed essere perdonati. Sembra semplice, ma tutto questo è la chiave su cui si basa la vita dell’uomo. Una riva, quella del rancore e del ricordo pieno di dolore. L’altra riva, quella della pace che deriva dal perdonare e dall’essere perdonati.

Tra le due rive mi muovo inquieto sulla mia barca. Dall’una all’altra, quasi senza rendermene conto, le acque e il vento mi trascinano. Perdonare è così difficile… Ed è miracoloso che possano perdonarmi.

Quando la ferita non ha più rimedio, e quando non posso sviarmi dal cammino percorso, trattenere le parole pronunciate, spezzare i silenzi che fanno male, contenere i gesti violenti che irrompono da dentro.

Quando non c’è possibilità di fare marcia indietro è come se il perdono pretendesse di discolpare il danno provocato. E questo non è possibile. Ci sono sempre un colpevole e una vittima.

Cosa devo fare per meritare il perdono? Quale gesto riparatore è necessario perché si giustifichi il mio oblio o la pace dopo aver perdonato?

Non c’è nulla che sia sufficiente perché avvenga il perdono, né il pentimento del colpevole, né il suo castigo o la sua condanna. Nulla è sufficiente. Perché la dimensione del danno subìto supera qualsiasi gesto riparatore. È più profondo, più terribile.

Per questo mi è chiaro che il perdono non è mai giustificato. Non perdono perché il debito è pagato. È impagabile. Non mi basta che ci si emendi, né il castigo. Il perdono può essere solo gratuito.

Perdono perché Gesù fa sì che il perdono sbocci nel mio cuore. Solo Gesù può farlo. E se lo fa non è perché liberi il colpevole dalla sua colpa. Dovrà compiere il suo cammino di redenzione.

Se perdono è perché è a me che serve di voltare pagina, di lasciare indietro il rancore, di guarire la ferita ed essere libero.

Finché continuo ad addentrarmi nel mio risentimento non avanzerò mai, non crescerò, non sarò libero. Continuerò a portare il peso terribile del mio dolore. Solo per grazia di Dio potrò inabissarmi nel mondo profondo della misericordia.

Solo Dio può farlo, non sono io. Mi sento impotente e continuerò eternamente a condannare il colpevole, perché merita tutto il mio odio e il mio disprezzo. L’odio del mondo intero.

Ma non sono io il suo giudice, né colui che deve far compiere la sua condanna. Non spetta a me. A me spetta solo di allontanarmi da lui con passo fermo. Di smettere di invocarlo come colpevole dei miei mali presenti.

Custodisco il danno provocato come parte della mia storia, non lo dimenticherò mai. Ma il perdono mi permette di intraprendere un cammino nuovo di libertà, senza barriere né legami.

Chiedo al Signore di darmi la grazia del perdono. Perdonare per salvare la mia vita, per iniziare un cammino nuovo, una vita nuova. Il perdono che tocco nella riconciliazione con Dio mi salva e mostra il cammino della mia salvezza.

Commenta Papa Francesco: “È importante incontrare la Misericordia di Dio, specie nel Sacramento della Riconciliazione, facendo un’esperienza di verità e tenerezza”.

Toccare il perdono di Dio, vedendo che è immeritato, mi insegna il cammino del perdono nella mia vita. Non perdono perché qualcuno lo merita. Non perdono perché si penta e mi chieda scusa.

Perdono con una misericordia piena di tenerezza che viene da Dio. Se non è così risulta impossibile. Il perdono di Dio mi insegna a perdonare

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