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Amra partorisce da sola in carcere, ma quella vita è un bene di tutti

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Shutterstock|Di Zhuravlev Andrey

Giovanna Binci - pubblicato il 13/09/21

Una ragazza di ventitré anni ha partorito a Rebibbia in cella. Ad aiutarla solo la sua compagna di stanza. C'è un bene comune che la giustizia aiuta a tutelare, ma anche la vita deve farne parte.

Può capitare che i parcheggi rosa siano occupati da qualcuno non “molto incinta” o con bimbi piccoli al seguito. Può succedere che alla cassa con l’immagine della donna in dolce attesa ci sia “la qualunque”. Che nessuno ti dia la precedenza a meno che tu non faccia valere il tuo pancione (li avrei presi a “panzate” certe volte, ma la verità è che ho sempre fatto la fila e basta). Può esserci gente che sbuffa o biascica qualcosa di poco carino a voce nemmeno troppo bassa quando al settimo mese di gravidanza ti fanno saltare la fila al laboratorio analisi. 

Attenzione alla maternità

Non dovrebbe capitare e voglio spezzare una lancia anche in favore di quelle persone che mi hanno aiutata a portare la spesa o che, senza bisogno di cartelli e insegne luminose, mi hanno dato la precedenza quando ero incinta. Esistono anche loro, per fortuna. Meno estinti dei dodo, dai.

Non mi stupisce allora che a un giudice sia, diciamo, “sfuggito” lo stato interessante di Amra. Una ragazza di ventitré anni italiana di origine bosniaca, fermata con altre due donne (di cui un’altra in dolce attesa) per il furto di un portafoglio a Roma

In Italia per le donne incinte o con figli sotto ai sei anni non è prevista la detenzione in carcere per legge “salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza” non ben identificate in questo caso. (Fonte ilpost.it)

Comunque, nonostante la dimora di Amra pare non sia stata ritenuta dal giudice idonea agli arresti domiciliari, che pure potevano essere una soluzione alternativa, l’articolo 285 bis del Codice di Procedura Penale specifica che

«il giudice può disporre la custodia presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri».

Insomma, senza togliere gravità al furto e senza fare sconti di pena, nel mezzo c’erano molte soluzioni possibili che non giungessero all’epilogo che, invece, questa gravidanza ha avuto. 

Nascere a Rebibbia

La bimba di Amra è nata a Rebibbia, nella notte tra il 30 e il 31 agosto, in cella, nell’attesa della risposta dei giudici. La garante delle persone detenute Gabriella Stramaccioni aveva richiesto per la ragazza il trasferimento in una comunità’. Ma si sa, tutto può aspettare in questo mondo, eccetto un bambino che deve nascere! Così, vuoi per le ferie estive che hanno ritardato i tempi delle pratiche, vuoi perché la donna non ha avuto segnali di imminente travaglio quella sera, Amra, era da sola in stanza. Per fortuna è accorsa la sua compagna rom che ha dato l’allarme. Troppo tardi: prima dell’arrivo degli infermieri la piccola era già nata. Mamma e bambina sono ora a casa esono stati disposti anche per l’altra detenuta in stato interessante gli arresti domiciliari. 

Il lieto fine dunque è arrivato, nonostante la mancanza di una adeguata assistenza sanitaria e lo scongiurato rischio di complicazioni. La vita ci mette ancora una volta davanti ai suoi tempi, che non sono i nostri, ma che ci ricordano di ridefinire il valore di quelle che chiamiamo “priorità” e invece, spesso, sono vacanze al mare. Di metterci in secondo piano per il bene di qualcuno che è altro da noi, ma che ha già bisogno che ce ne prendiamo cura. E no, non è compito solo delle madri.

Vita, bene di tutti

Comunque sia andata per Amra, quando si tratta di nuove vite, c’è sempre così tanto di cui gioire ed essere grati da oscurare tutto il resto. Sia le polemiche che un’eventuale mala giustizia eppure questa vicenda dimostra come non si sia ancora fatto tutto il possibile quando si parla di tutela della maternità. Nemmeno nell’avanzato 2021.

La giustizia aiuta a tutelare la res publica, ciò che è di tutti. Come il diritto alla sicurezza per strada, alla proprietà che Amra ha infranto rubando e per cui è giusto che paghi. Anche la vita però è un bene comune. Merita tutela.

Fin quando non cominceremo a guardarla come a un qualcosa di tutti, fin quando vedremo la gravidanza come il viaggio solo di chi ne è fisicamente interessato, le donne saranno sempre sole a partorire. Nel senso fisico, ma anche psicologico. 

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