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La Cassazione: il crocifisso a scuola si può esporre regolarmente

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Marquette University CC BY-NC-ND 2.0

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 09/09/21

La questione esaminata dalla Cassazione riguardava la compatibilità tra l'ordine di esposizione del crocifisso, impartito dal dirigente scolastico, e la libertà di coscienza in materia religiosa del docente che desiderava fare le sue lezioni senza il simbolo religioso

Si può esporre regolarmente il crocifisso a scuola: è simbolo della cristianità e, nel corso della storia, vittima di oppressioni e violenze. Pertanto non discrimina nessuno. 

Lo ha stabilito la Cassazione in una sentenza in cui afferma che ad esso «si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo», ribadendo che «non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione». 

La sentenza delle sezioni unite civili della Suprema Corte, depositata il 9 settembre, riguardava un ricorso contro l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche (Il Giornale, 9 settembre).

Crocifisso in classe

La compatibilità tra crocifisso e docente

In particolare, la questione esaminata dalla Cassazione riguardava la compatibilità tra: l’ordine di esposizione del crocifisso, impartito dal dirigente scolastico di un istituto professionale statale umbro, sulla base di una delibera assunta a maggioranza dall’assemblea di classe degli studenti; e la libertà di coscienza in materia religiosa del docente che desiderava fare le sue lezioni senza il simbolo religioso appeso alla parete.

La sentenza

La Corte ha affermato che la disposizione del regolamento degli anni Venti del secolo scorso – che tuttora disciplina la materia, mancando una legge del Parlamento – è suscettibile di essere interpretata in senso conforme alla Costituzione. 

«L’aula può accogliere la presenza del crocifisso quando la comunità scolastica interessata – spiega la Cassazione – valuti e decida in autonomia di esporlo, eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi».

Perchè non è stato punito il docente

Il docente dissenziente, si legge in una nota della Suprema Corte, «non ha un potere di veto o di interdizione assoluta rispetto all’affissione del crocifisso, ma deve essere ricercata, da parte della scuola, una soluzione che tenga conto del suo punto di vista e che rispetti la sua libertà negativa di religione». 

Nel caso concreto, «le Sezioni Unite hanno rilevato che la circolare del dirigente scolastico, consistente nel puro e semplice ordine di affissione del simbolo religioso, non è conforme al modello e al metodo di una comunità scolastica dialogante che ricerca una soluzione condivisa nel rispetto delle diverse sensibilità». 

Per questo è decaduta la sanzione disciplinare inflitta al professore (Ansa, 9 settembre).

“Tradizione culturale di un popolo”

Al crocifisso «si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo», afferma la Cassazione. Esporlo quindi «non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione», sostengono i giudici (Il Giorno, 9 settembre).

La Cei: il crocifisso in aula non crea divisioni

«I giudici della Suprema Corte confermano che il crocifisso nelle aule scolastiche non crea divisioni o contrapposizioni – commenta mons. Stefano Russo, Segretario generale della Cei, pur riservandosi di leggere la sentenza nella sua integralità -, ma è espressione di un sentire comune radicato nel nostro Paese e simbolo di una tradizione culturale millenaria».

Inoltre, continua mons. Russo, «la decisione della Suprema Corte applica pienamente il principio di libertà religiosa sancito dalla Costituzione, rigettando una visione laicista della società che vuole sterilizzare lo spazio pubblico da ogni riferimento religioso. In questa sentenza la Corte riconosce la rilevanza della libertà religiosa, il valore dell’appartenenza, l’importanza del rispetto reciproco».

«È innegabile che quell’uomo sofferente sulla croce non possa che essere simbolo di dialogo – conclude il Segretario generale della Cei -, perché nessuna esperienza è più universale della compassione verso il prossimo e della speranza di salvezza. Il cristianesimo di cui è permeata la nostra cultura, anche laica, ha contribuito a costruire e ad accrescere nel corso dei secoli una serie di valori condivisi che si esplicitano nell’accoglienza, nella cura, nell’inclusione, nell’aspirazione alla fraternità».

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